HUNTERGuardarla andare via, non ha fatto altro che alimentare la mia voglia di conoscerla e stuzzicarla. Così come le mie fantasie su come e dove appartarci. Ma non sempre quello che desideri può essere quello che alla fine ottieni.
Quella ragazza ha quel modo di fare, quello sguardo tagliente, in grado di spiazzarmi. Ha un caratterino niente male, ma è pericolosa.
Mi diverte troppo il modo in cui ribatte o trova una risposta a tutto, anche quando ha chiaramente torto. Non si dà per vinta e non accetta di avere perso sin dall'inizio.
Mi sarebbe proprio piaciuto, in più occasioni, tapparle la bocca. Portarla dentro una delle stanze e farla smettere di parlare solo per farla ansimare e toglierle da quel bel viso quel muso lungo, cosa che non le si addice. I suoi lineamenti sono delicati, non ha bisogno di trucco per essere presentabile ed è sveglia, molto.
Non si è comportata come ogni altra ragazza. Non si è lasciata ammaliare da un bicchiere offerto o da una una conversazione che aveva un doppio fine. Lei si è mantenuta per tutto il tempo a distanza da me. Mi ha guardato con diffidenza sin dal primo istante e poi con sospetto fino a farmi sentire davvero quello che tutti pensano di me: un egocentrico del cazzo. Un bastardo senza scrupoli.
Come darle torto?
Ho avuto un comportamento perfido nei suoi confronti sotto quello stand. Non ho dato il peggio di me ma, l'ho stuzzicata troppo perché volevo vederla piegata al mio volere. Non avevo ancora conosciuto una ragazza tanto forte e ostinata e non intendo arrendermi.
Purtroppo sono fatto così. Mi piacciono le sfide, le cose complicate e non intendo smettere, perché è divertente ritrovarsi con lei. Con quell'aria da saputella, quel modo con aria fiera di sollevare la testa e quel naso dritto che arriccia di tanto in tanto, sono sicuro che nasconde qualcosa.
Inizio a pensare alla caccia. Si è aperto ufficialmente un gioco pericoloso. Lei è un bel cigno da acchiappare ma non è come tutte le altre volte, c'è realmente qualcosa che mi attira e mi invoglia ad entrare nel suo mondo.
Sono tante, infatti, le domande che continuano a circolarmi dentro la testa sul suo conto.
Ovviamente so già quello che fa nella vita. Ma non so perché lo fa. Non so perché ha lasciato tutti gli agi della sua famiglia per vivere da sola con uno stipendio misero in un appartamento che si affaccia sulla spiaggia, su una sorta di isolotto, lontano dalla città, dal caos. Non so perché le piacciono così tanto le piante. Non so qual è il suo sport preferito o se ci sono dei cereali che non riesce a mangiare, se le piace uscire e andare in discoteca o al cinema. Sono domande apparentemente stupide ma che mi fanno riflettere.
Quella dannata ragazza mi ha letteralmente fritto il cervello aprendo la bocca e non le gambe. È la prima volta che qualcuno stuzzica così tanto la mia attenzione. Ho già detto che è pericolosa per i miei sensi?
«Signore», Nelson arriva nella mia stanza come un tornado facendomi prendere un colpo. Ero talmente assorto da non rendermi neanche conto della sua presenza in camera.
«Si alzi, oggi è una bella giornata!», esclama a gran voce, con sarcasmo, in parte notandomi ancora altrove e impegnato a scoccargli un'occhiata cattiva.
In pochi istanti apre tutte le tende della stanza, costringendomi a nascondere il viso dalla luce che arriva colpendomi in maniera aggressiva, mi sento proprio come un vampiro, pronto a bruciare.
«Che c'è?», sbotto irritato. «Cazzo, chiudi tutto!», mi lamento.
Ho bevuto parecchio dopo averla vista andare via con sua madre che, mi osservava come un falco, come se le avessi sottratto qualcosa di prezioso, seppur per un tempo breve. Credo di averla vista anche parlare con i miei genitori. Certe cose, dettagli, non possono sfuggirmi e so già a chi rivolgermi per sapere di cosa discutevano.
Strano ma vero, nonostante la sbronza, questa volta mi sono addormentato da solo, nel mio letto. Non ho rimorchiato o fatto gli occhi dolci a nessuno. È un evento straordinario, visto che sono solito portare qualcuno con me in camera per una scopata, ad ogni festa o in questo caso, un funerale.
Il fatto è che sono stato impegnato nelle ultime ore. Ho messo al lavoro i miei amici per scoprire qualcosa in più su Iris Harrison, sulla sua vita privata. Qualcuno lo chiamerebbe stalking ma non è da me. Io vado ad attingere direttamente alla fonte. L'indagine la faccio fare ad altri più esperti, per evitare di addentrarmi troppo a fondo. I miei amici infatti, mi filtrano solo le cose che mi interessano. Quello che scoprirò in più su di lei, sarà proprio quest'ultima a rivelarmelo.
Ad esempio so dove lavora, quante volte al giorno fa una pausa in un locale, con chi si incontra. Ma, nessuno sembra trovare l'ombra di un ragazzo. Sembra quasi che lei stia in qualche modo nascondendo qualcosa, forse una relazione con qualcuno che i suoi genitori, la sua famiglia, non accetta.
«Ha dimenticato l'appuntamento dall'avvocato per la lettura del testamento, signore?»
Nelson, ancora una volta mi coglie impreparato, mi guarda con cautela facendomi sentire un relitto.
«Ho altri progetti per oggi. Quindi passo. Dopo avere fatto una colazione abbondante ed essermi allenato, penso proprio che uscirò. Devo scaricarmi. Passare la notte da solo mi ha ridonato energia, troppa per i miei gusti.»
Nelson tira la coperta dal letto lasciandomi scoperto. «E mi dica, come mai è solo nel letto oggi? Nessuna delle invitate le ha fatto gli occhi dolci? Avevano tutte dell'autoabbronzante spalmato come marmellata addosso?»
Passo una mano sul viso sollevandomi dal letto. Lo guardo male. Mi sta prendendo in giro, sta persino sorridendo. So che ha già capito ma adora stuzzicarmi, ottenere a modo suo le risposte.
«Il problema è stato proprio questo», brontolo trascinandomi verso la palestra, qui inizio a correre sul tapis roulant, faccio pesi e poi addominali. Per ultimo mi dirigo verso il bagno per togliermi di dosso il sudore e i pensieri.
Nelson si assicura che io non ozi mentre mi alleno e lavori al contempo, tenendo il telefono o il tablet vicino, rispondendo alle prime chiamate, quasi tutte per farmi le condoglianze.
«Si comportano tutte allo stesso modo», mi lamento dopo un po', senza apparente motivo.
Nelson tira le lenzuola dal letto completamente. Spalanca poi la porta della mia stanza lasciando entrare Myrtle, sua moglie che, in breve inizia a mettere tutto quanto ordine, senza mai fermarsi a guardare o a parlare.
Entro in bagno. Ogni stanza presente in questo piano, è collegata alla mia.
Nelson mi porta gli indumenti puliti.
«Ci hai provato ma non andrò dall'avvocato. Come ho detto, ho altri programmi per oggi. Recuperami una maglietta di cotone bianca e un paio di jeans.»
Nelson nasconde un sorriso, come se sapesse già quello che ho in mente di fare.
«Signore, sa che se non può oggi, l'appuntamento verrà spostato fino a quando non sarà pronto?»
«Spostatelo pure tutte le volte che sarà necessario, fate quello che volete ma oggi, ho altro da fare», dico spingendolo fuori dal bagno con un ampio sorriso. «Non voglio ascoltare le ultime volontà di un vecchio che mi odiava. Preferisco nettamente altro!»
Nelson inarca un sopracciglio con un sorrisetto beffardo in faccia. «Qualcosa... come seguire una ragazza per farla arrabbiare?»
Lo guardo stupito. Come ha fatto...
«A volte mi fai paura», ammetto.
Sorride ancora con soddisfazione gonfiando il petto. «Conosco i miei polli, signore. E se posso permettermi, è una pessima idea.»
Lavo il viso sistemandomi i capelli con un gesto frenetico della mano prima di spogliarmi e infilarmi dentro la doccia con il vetro satinato. Guardo Nelson e prima di chiudere la porta del box doccia dico: «Pessima o meno è sempre un'idea. E se non ci provi, non puoi saperlo.»
Mette le mani avanti ed esce dal bagno scuotendo la testa. Sa che quando prendo una decisione non cambio pensiero.
Dopo la doccia, vestito ma ancora carico, recupero gli occhiali da sole, la chiave dell'auto, il telefono e scendo al piano di sotto dopo avere ordinato che tutti i miei bagagli vengano sistemati in auto, compresa la pianta.
Quando entro in sala da pranzo, dove trovo quasi tutta la famiglia riunita e in religioso silenzio, vorrei mettermi a cantare. Oggi è un giorno felice, non rivedrò più quel vecchio balordo seduto sulla sedia troppo piccola per il suo culo enorme e non ascolterò i suoi continui rimproveri. È morto con il desiderio di vedermi mettere un anello al dito ad una ragazza.
Ghigno. «Buongiorno!», saluto allegro.
Mio padre, Albert Ford, capelli leggermente brizzolati, occhi azzurri, sguardo crudele, abbassa il giornale poi guarda il tablet e ancora me, prima di sollevare la tazza bianca per bere un sorso di caffè. «Ti sei degnato di onorarci della tua presenza almeno per la colazione», esclama a denti stretti. «Dopo l'uscita clamorosa al cimitero, sono certo che ne parleranno per mesi, se non anni.»
Non sembra poi così arrabbiato, forse soddisfatto e un tantino geloso per non essere stato lui a farlo. So che avrebbe tanto voluto. Ma non ha avuto le palle.
Bacio la guancia a mia nonna che si scioglie di fronte al mio affetto con un sorriso triste. So che le mancherà quel bastardo, ma starà meglio senza di lui. La vedo già meno spenta e all'ombra di quell'uomo volgare e stupido. Saluto anche nonna Gertrud e nonno August sedendomi accanto a mio fratello Archie. Non vedo i bambini e sua moglie nei paraggi.
«Ero presente anche ieri solo che eri troppo impegnato ad organizzare le tue giornate per accorgertene. Un po' come un tempo, vero Archie?»
Mio fratello per poco non sputa il caffè dentro la tazza. Non osa neanche contraddire nostro padre e a me piace metterlo in difficoltà.
Lui, al contrario di me, pende dalle sue labbra e vive per accontentarlo. Essendo più grande e già sposato, avendo dei figli, crede di essere in diritto di comportarsi da adulto a tutti gli effetti.
In realtà io e lui siamo fratellastri ma mia madre si è sempre comportata con affetto nei suoi e nei confronti di mia sorella, Amie, rimasta a Parigi.
«Papà ha ragione», inizia fissando la fetta di crostata. «Ti sei comportato come un pazzo. Diranno che eri ubriaco.»
Allontano il piatto e anche la tazza alzandomi. «E tu come mi hai visto, eh?», modulo il tono. «Non sono mai stato tanto lucido, ma che importa? Io me ne vado, mi avete già rotto le palle. Buona giornata, ci si vede al prossimo funerale.»
«Dove stai andando?», domanda mio nonno, August Ford, fissandomi con il suo unico occhio buono dopo che l'altro l'ha perso in seguito ad una battuta di caccia a causa di una pietra.
«Ho un impegno, e anche se non sembra ho una vita anch'io.»
«Abbiamo appuntamento con l'avvocato», dice mio padre. «Non puoi assentarti e presentarti vestito in quel modo.»
«Non sono più a scuola e posso marinare questa casa quando e come voglio. Adesso me ne vado, ne ho abbastanza di voi. Divertitevi a litigare per un pezzo di terra», replico. «Io posso farne anche a meno», aggiungo camminando verso l'entrata.
«Stronzi!», mormoro piano uscendo dalla sala da pranzo.
«Hunter Ford, fermati immediatamente!»
Mia madre, Harriet Bayle, addolorata per la morte di un padre assente come il mio, mi raggiunge con il suo tailleur largo e volutamente grande, due taglie in più per essere esatti e tacchi ai piedi che fanno un gran rumore sul marmo. La sua voce è simile a quella di un usignolo ma diventa stridula quando si agita, così tanto da perforarmi i timpani.
Mi fermo e mi volto. «Che c'è, mamma?»
«Non puoi essere presente, davvero vuoi mancargli così di rispetto?»
Sospiro stanco di combattere una battaglia già persa in partenza, ma sono comunque convinto di quello che voglio. «No, ho da fare ed è importante. Te l'ho detto!»
«E stai andando via adesso, mentre facciamo colazione? Sai che è l'unico momento che abbiamo per stare tutti insieme.»
La sua attenzione si sposta su Nelson che sta scendendo la mia valigia.
«Un momento, stai andando via dalla villa?», sembra sempre più allarmata.
So che le piace avermi intorno ma ormai sono cresciuto e non sempre riusciamo a vederci perché lei è impegnata in qualcosa, attività che svolge con molto entusiasmo.
«Si, non starò un giorno in più in questa gabbia di matti. Sto perdendo la mia sanità mentale. Non ho neanche portato a letto una di quelle ragazze, non mi stuzzicavano l'appetito e questo è già un traguardo o un motivo di allarme. Nessuno però parlerà male di me in quel senso oggi, per vostra fortuna.»
Mia madre arrossisce in modo violento. Il suo corpo, quando si imbarazza o si arrabbia, si ricopre di chiazze rosse.
«Hunter!»
Le sorrido. «Ti chiamo quando sono a casa», le dico avvicinandomi. «Ti voglio bene.»
È più bassa di me anche con i tacchi e così piccola che guardandola viene voglia di proteggerla. Ma sa come difendersi. Sa essere forte e testarda.
«Sai che tuo padre si arrabbierà?»
Alzo le spalle con finta indifferenza. «Gli passerà», replico. «Non è la prima volta.»
Fa una smorfia posando le mani sulla maglietta lisciandola sui miei pettorali. «Quella ragazza... con cui parlavi in giardino. La conosci?», chiede con attenzione.
«No, le stavo solo indicando la strada per non perdersi. Vagava in giardino smarrita e sola», mento. «Ottima scelta del colore del vestito però. Bianco, uno schiaffo al dolore!», rido.
Mamma annuisce. «Sai almeno il suo nome?», mi mette alla prova.
Sollevo l'angolo del labbro. Come posso non saperlo? Nelle ultime ore non ho fatto altro che leggere quello che i miei investigatori avevano su di lei. Tutto tranne la presenza di un uomo nella sua vita.
«Credo sia Iris... Harrison?»
«E non ti dice niente questo cognome?»
Fingo di riflettere sulla domanda con finta innocenza. «Thomas Harrison, il proprietario di uno dei musei più famosi di Miami e di una casa discografica oppure il famoso uomo di affari nel campo dell'energia solare? Se non sbaglio fanno affari con la nostra famiglia da anni, se non da generazioni.»
Mamma annuisce. «Esatto, lei. E sai anche che è importante che tu sia presente alla lettura del testamento?»
Sento un vuoto allo stomaco. «Non dirmi che quel bastardo del nonno ha messo qualche clausola su qualcosa che mi appartiene», dico ipotizzando il peggio.
Mia madre schiarisce la voce. «Non siamo sicuri sul contenuto del testamento, ma è possibile che nei prossimi mesi dovrai aiutare tuo padre con gli Harrison. Ieri l'ho sentito parlare con Thomas e Carol e a quanto pare hanno un grosso affare in corso, quindi non rovinare tutto e se conosci quella ragazza, non usarla. Potresti mandare a monte tutto quanto visto che è l'unica figlia e nipote femmina che hanno gli Harrison e ho notato che ci tengono particolarmente.»
Sorrido ampiamente. Mia madre aggrotta la fronte. Non mi ha mai visto tanto contento e raggiante. «Bene, quando avrete un piano, contattatemi.»
Apre e richiude la bocca seguendomi verso il portone, piena di domande. «Stai... accettando?», balbetta. «Non hai delle richieste da fare... qualcosa da chiedere in cambio?»
«Frena l'entusiasmo, mamma. Ho detto quando avrete un piano, non ho risposto di sì. Deciderò solo se potrò ricavarne anch'io qualcosa. Gli Harrison sono forti nel loro campo, noi ancora di più. Ma una trattativa è una trattativa e deve avere dei vantaggi, soprattutto per i Ford. Su cosa ha puntato gli occhi papà questa volta?»
Mamma sembra spaesata dal mio improvviso interesse verso gli affari di famiglia. «Indagherò. Sta attento e per favore, smetti di portarti a letto chiunque, nessuno ti vorrà più se si spargerà la voce che sei un uomo del genere.»
Non so se sentirmi offeso dal pensiero di mia madre ma lascio correre. «Tu pensa a tenerti stretto tuo marito che a chi mi porto a letto ci penso io.»
Avvampa. Sa che papà ha avuto qualche storia con le sue segretarie ma, non ha mai fatto niente per punirlo perché è sempre stato lui a farsi perdonare. Forse dovrebbe trattarlo male per un po', mettergli i bastoni tra le ruote. Invece lo lascia fare a me, lascia che la protegga io. La cosa non mi dispiace. Ho sempre trovato divertente prendere per il culo mio padre, batterlo nello stesso gioco facendolo sentire impotente.
«Signore, la sua auto e i suoi bagagli sono pronti», ci interrompe Nelson.
«Grazie», replico.
Mi avvicino a mia madre. «Prenditi cura di te e fagli vedere chi comanda.»
Le mi abbraccia. «Sta attento e per favore, comportati bene. E se proprio devi tornare da quella ragazza, non prenderla in giro.»
Mi allontano da lei confuso, uscendo fuori dalla villa. Metto piede sull'ultimo gradino e finalmente mi sento libero, meno oppresso.
Nelson mi apre la portiera. «Non posso guidare?»
Nega. «Entri e non faccia i capricci o chiederò il permesso a suo padre di punirla per quello che ha fatto al cimitero», mi stuzzica.
«Quando mi minacci sai che ci credo veramente», replico.
In auto la tensione si dissolve non appena usciamo varcando la soglia del cancello che si chiude alle nostre spalle.
Apro il finestrino accendendomi una sigaretta, godendomi il viaggio e il panorama che da verdeggiante si trasforma in un ambiente pieno di colori che virano dal beige all'azzurro, cristallino. Passo il pacchetto di sigarette a Nelson che ne accetta una, fumando insieme a me.
«Dove vuole essere lasciato, signore?»
Guardo lo schermo del telefono. «A sud di Wynwood Arts District c'è una libreria», inizio assorto dalle innumerevoli pagine che mi hanno inoltrato su di lei.
Nelson mi guarda dallo specchietto retrovisore. «Vuole fare colazione prima?»
«Prenderò solo un caffè in quel locale... che si trova proprio in quella strada dove ci trovavamo ieri. Ho notato che è pulito e il personale qualificato.»
«Che cosa spera di trovare in una libreria? Un volume che le cambi la testa dura?»
«Non cosa ma chi», replico indossando gli occhiali da sole, ignorando la frecciatina. Spengo la cicca e cacciando in bocca una gomma continuo a sorridere.
Nelson si ferma dopo circa quindici minuti. «Passo a prenderla quando vuole lei. Nel frattempo mi occuperò della sua villa.»
«Grazie, ci vediamo dopo», dico uscendo dall'auto. «E fa attenzione alla pianta.»
Mi incammino deciso verso il locale. Una tavola calda accogliente.
Appena entro varcando la soglia, lo scampanellio annuncia il mio arrivo.
La cameriera dietro il bancone in divisa rosa, si volta e vedendomi, forse anche riconoscendomi, mi sorride.
«Buongiorno, prenda pure posto, sono subito da lei», dice.
I miei occhi vagano tra i vari posti a sedere liberi, avvistando un posto all'angolo, tranquillo, niente porte vicine, in cui mi siedo comodo giocando con il contenitore dei tovaglioli.
La donna, alta, formosa dai capelli biondi raccolti in una coda, si avvicina con un ampio sorriso. Ha i canini sporgenti e un dente sull'arcata dentaria inferiore in avanti. «Caffè?», mostra la brocca.
«Si, grazie. E se è possibile anche un muffin», dico mentre mi riempie quasi fino all'orlo la tazza.
«Cioccolato, crema pasticciera, mirtilli o limone?»
«Cioccolato», dico distratto dal mio telefono.
Iris ha un blog. Non una comune pagina con le sue foto ma con quelle dei suoi lavori. Ogni giorno annota sotto una frase.
Leggo l'ultima che ha postato sotto la foto di un alberello, un bonsai:
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L'Asso di cuori
Romance«Tutti vogliono entrare almeno una volta nella vita in quel club, Iris. Sai quante persone hanno questa possibilità? E sai che cosa significa questo invito? Conoscerò finalmente il volto del famoso "Asso di Cuori". E non ho neanche dovuto faticare p...