HUNTERCi sono emozioni che ti scavano dentro. Alcune sono corrosive. Altre sono come i tagli fatti con la carta. E ti stupisci quando arriva, perché per tutta la vita non hai fatto altro che crederti immune dai sentimenti. E hai continuato a tenerti a distanza dall'amore. Ma non è qualcosa che puoi controllare o sedare. Non è qualcosa che puoi fare finta di non provare. Non puoi accantonarlo. Non puoi ignorarlo, perché tanto prima o poi troverà sempre il modo di uscire allo scoperto e allora per te sarà la fine.
L'amore mi ha travolto. Mi ha sfinito. Mi ha anche fatto sentire vivo e sul filo del rasoio. Sono in equilibrio instabile in questa vita che sa tanto di fregatura, di promesse infrante, di sogni tenuti dentro cassetti troppo pieni. Perché per ogni cosa bella che ti capita nella vita, dietro l'angolo si nasconde quasi sempre qualcosa di brutto, qualcosa in grado di minacciare la serenità ritrovata. Per questa ragione ho sempre fatto molta attenzione a dedicarmi a poche cose essenziali ma non sono stato in grado, sin dal primo istante, di frenare il sentimento che provo per lei.
Mi sono reso conto di amarla prima di averci fatto l'amore. I suoi occhi mi hanno portato in paradiso, i suoi baci all'inferno dentro questa stanza silenziosa, dopo essermi tuffato, senza riflettere, in quella tentazione che sa tanto di felicità.
Per settimane mi sono trattenuto credendo di fare la cosa più giusta. Eppure mi sbagliavo. Mi stavo solo trattenendo perdendomi uno spicchio di pace, di felicità.
Mi sento euforico. Mai in tutta la mia vita credo di essermi sentito tanto vivo, così pieno di energia e di voglia, di continuare a provare ancora qualcosa di simile alla tranquillità.
Nonostante le paure, i danni subiti, Iris si è lasciata andare, si è lasciata spogliare e amare superando la sua naturale timidezza, che spesso nasconde dietro quel carattere duro e chiuso. L'ho vista vulnerabile e allo stesso tempo pronta a prendersi tutto di me e ad offrirmi tutto di lei. Ci siamo divorati, bruciati e consumati come due amanti. Ci siamo presi l'uno lo spazio dell'altro invadendoci e, ne abbiamo costruito un unico posto in cui vivere insieme. Ci siamo fatti strada tra i nostri corpi aggrovigliati fino a raggiungere il punto più profondo del cuore: l'anima.
Vorrei tanto svegliarla, prenderla a morsi, rivedere quel sorriso e risentire, la sua risata calda e cristallina, la sua voce che, dopo giorni di silenzio è stato come sentire il canto di una sirena.
La osservo mentre le luci fredde e tenui dell'alba là fuori illuminano la stanza attraversando la vetrata, le cui tende sono tirate e non chiuse come dovrebbero.
Lei, la mia bellissima dea, se ne sta a pancia in giù, un braccio sotto il cuscino l'altra mano sopra, la coperta aggrovigliata intorno al suo corpo. Il viso sereno, le lunghe ciglia incurvate e quell'espressione da bambina che a me fa tanto impazzire.
Mentre io, io me ne sto sdraiato su un fianco a guardarla, ad assuefarmi come un drogato. Non riesco a dormire, anche se vorrei recuperare qualche ora di sonno, ma preferisco di gran lunga godermi la giornata insieme a lei, qui in questo spazio, dall'alba al tramonto.
La osservo e vorrei farle capire che non è semplice per uno come me metterci tutto il cuore senza conservane un pezzo. Non è facile guardarla e avere il terrore di come finirà questo sogno. Ma voglio averla accanto anche se fa male. Perché non so descrivere a parole come mi sento da quando è entrata nella mia vita. So solo che è un dolore che accetto, perché è così l'amore. Ti piomba addosso, ti accoltella il cuore e lascia quasi sempre una brutta ferita.
Spero che ciò non accada. Lo spero. Spero di essere forte abbastanza per entrambi.
Si agita mugugnando qualcosa. Si muove come se stesse lottando, si contorce e urla, poi si solleva a metà busto con il fiato corto. Passa la mano sulla fronte, massaggia piano la nuca e si calma quando si accorge dove si trova. Non appena si volta e nota che sono sveglio, abbassandosi cerca conforto tra le mie braccia.
Senza neanche riflettere l'accolgo volentieri e lei mi si stringe senza dire niente. Ma sento che sta cercando di tranquillizzarsi. Deve avere sognato qualcosa di brutto perché trema.
Le accarezzo il braccio tenendo una mano ben aperta sulla sua nuca e lei smette di agitarsi.
Premo le labbra sulla sua fronte calda. Per la prima volta non è come il ghiaccio. «Era solo un brutto sogno. Chiudi gli occhi, torna a dormire. Veglio io sui tuoi sogni.»
«I sogni non sono brutti. Era un incubo. Un orribile incubo.»
Fermo la carezza. «Vuoi parlarne?»
Solleva un po' la testa per guardarmi poi tira la coperta su di noi fino a seppellirci. Crea una sorta di nascondiglio e la cosa non mi dispiace. Non ho mai fatto niente di simile con qualcuno e il fatto di avere questa possibilità mi entusiasma seppur questo sia un momento sbagliato per certe cose.
Iris si mette comoda con la testa nell'incavo del mio collo e la mia mano stringe in automatico la sua coscia quando la solleva sulla mia vita, dopo essersi agganciata al mio busto con un braccio, proprio come un bradipo.
«Perché sei sveglio?»
«Non riesco a dormire. Parlamene.»
«Ho sognato la mia amica e c'eri anche tu. Era così reale...»
Trattiene il fiato. Forse lo faccio anch'io. Mi rendo conto di essermi appena irrigidito e sto aspettando il momento giusto in cui dirle che probabilmente scoprirà presto quello che le è accaduto quella notte. So che non è questo il caso ma sto cercando di capire come fare, come iniziare un discorso che so già ci condurrà verso qualcosa di disastroso.
Non ho intenzione di perderla per delle congetture. Non ho intenzione di perderla e basta. Per questa ragione farò tutto con cautela.
«Che cosa succedeva?»
«Ellen era viva, si comportava come... be', come Ellen e tu... tu stavi con lei. Eravate insieme ad una festa. Vi abbracciavate. Vi baciavate. Tu... non mi guardavi più. Ti rincorrevo e ti allontanavi da me fino a svanire. Poi è arrivato Nolan, mi ha colto alla sprovvista, mi ha colpito e...», prende aria. «Ho vissuto di nuovo quei momenti.»
La stringo a me come se facendolo potessi alleviarle ogni dolore. «Iris, io amo te, non la tua amica e quel bastardo non ti farà più alcun male. Rimarrà dietro le sbarre per un po'. Prima al telefono era Issac, mi stava giusto informando della situazione. Mi ha anche chiesto di te. I ragazzi non fanno altro che inviarmi dei messaggi per sapere come stai.»
«Perché non me lo hai detto?»
«Perché non voglio rovinare la nostra vacanza. Non voglio che ti incupisci pensando a lui proprio ora che abbiamo trovato un modo per andare d'accordo. Voglio che stai con me. E sarà pure un pensiero egoista il mio, ma ho bisogno di te. Ho bisogno che stai meglio.»
I suoi occhi... Dio, i suoi incredibili occhi sono biglie di vetro che si intensificano ad ogni battito di ciglia. Le sue labbra, si increspano e si sporgono leggermente in avanti quando fa una smorfia e capisco che è arrabbiata.
«Dovresti parlarmi lo stesso, di tutto. Non possiamo avere segreti tra di noi. Non adesso che è tutto in bilico e ogni cosa potrebbe farci precipitare. Ho bisogno di fidarmi di qualcuno o smetterò di farlo e le cose cambieranno.»
«Si, hai ragione. Issac mi ha assicurato che Nolan rimarrà dietro le sbarre al momento e che non è prevista alcuna uscita dal carcere su cauzione perché stanno facendo in modo che ciò non accada. Vedrai, andrà bene.»
Morde il labbro in quel modo che a me fa tanto rammollire. Vorrei abbassare il viso e morderlo al posto suo.
Deglutisce tornando alla carica. «E poi? Tornerà libero e... finirà il lavoro come ha minacciato di fare?»
Il pensiero mi fa irrigidire. Ogni fibra del mio corpo reagisce alla sua risposta che da un lato mi fa anche incazzare. Le immagini di quegli istanti mi piombano addosso e soffoco un ringhio. Mi sarebbe piaciuto continuare a pestare quel bastardo fino a ridurlo un vegetale. Ma questo mi avrebbe fatto incarcerare e forse anche perdere Iris.
«Non gli permetterò mai più che si avvicini a te. Farò tutto ciò che è in mio potere.»
«Quindi... che cosa farai? Aumenterai la scorta? Mi terrai segregata in casa?»
«Sarebbe una buona idea», sorrido.
Lei mi spinge picchiando più volte i palmi freddi sul mio petto. «Non fare il cretino. Non è questo il momento di scherzare.»
La guardo più che serio, facendola agitare. «Non sto scherzando. Ti terrò in casa, impegnata sotto le coperte...»
Ride, spingendomi di nuovo. «Ti piacerebbe. Ma non possiamo. Io non posso. Voglio lavorare e voglio poter uscire senza avere paura. Voglio essere indipendente come lo sono sempre stata. Quello che mi sto concedendo adesso è un lusso. Questi giorni mi serviranno per riprendermi.»
«Potrai fare tutto quello che vuoi. Dovrai solo farmi sapere ogni tuo spostamento.»
Esita poi mi guarda con rimprovero. «Davvero? Quindi potrò ricostruire la mia casa senza sentire nel cuore una fitta di dolore? Riuscirò ad andare in spiaggia senza ripensare all'aggressione? Smetterò di avere gli incubi? Io... io non voglio sentirmi braccata. Per anni ho vissuto in quel modo. Non voglio nemmeno avere paura. Voglio sentirmi a mio agio, a casa. Voglio poter stare con te senza avere il timore che lui possa farci ancora del male, che lui possa farne a te per arrivare a me.»
Ancora una volta sono costretto a tenere a bada l'incendio devastante che sento nel petto, la gelosia fulminate che provo nei suoi confronti quando penso che qualcuno potrebbe portarmela via in un attimo, per una svista.
«Non ci farà del male, Iris. Non te lo prometto ma ci proverò. Proverò a fare attenzione. Proverò a tenerci al sicuro. Faremo tutto quello che vogliamo e lui non si avvicinerà mai più a noi. Soprattutto a te. Lavorerai, ti divertirai, non noterai la sicurezza. Attueremo ogni misura che vada bene affinché tu non ti senta asfissiata. Neanche a me piace tutto questo ma la sicurezza, la tua, viene prima di tutto. È anche una delle ragioni per cui siamo in questo paradiso.»
Sospira picchiando la fronte contro il mio petto. «Mi sento stanca dentro. Sarà difficile tornare a Miami e fare finta di non avere lividi evidenti e ferite nel cuore. Sarà dura tornare alla realtà mentre qui sto vivendo dei bei momenti insieme a te che sei davvero un angelo per me. E smettila, ti prego, smettila di sentirti in colpa.»
Le sollevo il viso massaggiandole la nuca. «Quando torneremo a Miami, faremo in modo di superare insieme tutto quanto. Ok? Possiamo anche divertirci. Ho già in mente qualcosa. Dobbiamo solo organizzarci», cerco di convincerla usando il mio sguardo da cucciolo.
«Adesso abbiamo altri programmi, vero?»
Porta in avanti il labbro in modo dolce e abbasso il viso sfiorandoglielo. «Che ne dici di goderci il nostro primo viaggio insieme?», mugugno.
«Intendi rimanere sotto le coperte?»
«Se non ti va possiamo anche uscire adesso. Ti porto al Louvre oppure...»
Mi abbraccia in modo delicato. «Non te lo dirò mai abbastanza, grazie per tutto quello che stai facendo.»
Le bacio una spalla risalendo piano verso l'orecchio. «Che cosa vuoi mettere in programma?»
Ansima agitandosi su di me e questo fa svegliare il mio corpo. «Iris...», soffio accaldato passando una mano sul viso per mantenermi lucido.
Quando sono con lei divento come un ragazzino.
«Rimaniamo sotto le lenzuola fino a pomeriggio e poi usciamo...», inizia giocando con le mie labbra.
Quando tento di baciarla lei scappa. Sorrido mentre fremo dalla voglia di bloccarla e prendermi quello che voglio.
Deglutisco a fatica. «Tra una scopata e l'altra almeno aggiungi un po' di cibo, Iris», la stuzzico. «Ti serviranno le energie per mantenere il ritmo.»
Arrossisce ma è bellissima. Mi avvicino a lei, le mie mani le sfiorano i seni scendendo lungo i fianchi. Ha un corpo che sembra scolpito nel marmo. È così delicato, così liscio...
Mi eccito e attendo una sua risposta mentre stringo i suoi fianchi avvicinandola.
Schiude le labbra. «Quanto sei volgare!», sorride. «Quindi abbiamo in programma... dalle sei alle otto "scopare", dalle otto alle nove colazione poi...», smette di parlare. Le mie mani scivolano sulle sue natiche che stringo forte. Inarca la schiena. «Hmm», chiude gli occhi.
Ghigno. È così delicata e sensibile. Se ripenso alle volte in cui si è lasciata andare sotto di me tra urla e gemiti, mi eccito maggiormente.
«Aggiungi anche dalle nove, che ti mangio mentre ti possiedo», mordo la sua pelle, sotto l'orecchio.
Ride e, anziché spingermi, circonda le gambe intorno al mio corpo. Con l'indice tocca il mio naso, il bordo delle mie labbra, la barba. L'altra mano si posa sulla mia nuca. Ha un tocco delicato, i polpastrelli morbidi che profumano tanto di crema delicata alle rose.
La lascio fare. Lascio che mi tocchi, che mi sfiori, che mi faccia sentire coinvolto.
Mi stendo e lei si ritrova su di me. Le massaggio la schiena mettendomi comodo sotto il suo peso.
Nasconde con un braccio il seno per evitare che il mio sguardo le accarezzi la pelle lasciandole solo brividi e continua a toccarmi il viso. Parte dalle sopracciglia e prosegue sulle palpebre, sul naso, sulle guance e poi sulle labbra.
«Perché lo fai?»
Si adagia su di me. «Così se si spengeranno le luci io ti riconoscerò.»
Sorrido. «Davvero? Solo per questo? Pensavo ti piacesse toccarmi.»
Morde il labbro inferiore e annuisce. «Tu lo faresti? Mi riconosceresti?»
Le mie mani scendono lungo la sua spina dorsale e lei non mi ferma. «Si. Hai un odore particolare. Spesso cambia in base al tuo umore ma lo riconoscerei tra tanti. È tenue, è in grado di trapassarmi la pelle, entrami nelle vene e spingersi fin dentro le ossa. Hai un corpo, delle forme, cicatrici che riconoscerei e toccherei di continuo per memorizzarne ogni piccola forma, ogni singola sbavatura.»
Ferma il dito all'angolo del mio labbro, lo tira in su e sorride.
Rimango ammaliato. Le mie dita scendono ancora superando le sue natiche, ma lei non mi ferma. Vuole esattamente quello che voglio io: tutto. Il suo corpo, la sua mente, il suo cuore, la sua anima.
«Vuoi memorizzare anche i miei gemiti?», domanda con un filo di voce, gonfiando il petto.
Le mie dita le sfiorano in mezzo alle gambe da dietro. «Anche quelli sono importanti, non credi?», le chiedo, guardandola sfrontato e con malizia da sotto le ciglia.
«Ah si?»
Premo le dita dentro di lei. Trattiene un gemito stringendo le labbra e mordendole. Sorrido in modo sghembo. «Si, proprio così.»
Avvicina le labbra alle mie. Muove i fianchi ansimando. «E poi?»
«Poi voglio memorizzare il modo in cui godi a causa mia. Il modo in cui mi senti dentro di te e ti perdi.»
Sorride e le sfugge un urlo basso e stridulo. «Dovresti usare ben più di due dita allora», mi sfida e, allo stesso tempo mi suggerisce quello che vuole.
«Mi vuoi?»
«Tu no?»
Le mordo il labbro. «Mi vuoi?», ringhio stuzzicandola con le dita. Odio quando elude le mie domande.
Si contorce su di me facendomi eccitare di più. «Si», respira a fatica.
«E come mi vuoi?», capovolgo la situazione e tenendole fermo il viso con una mano mi attacco al suo collo che succhio con una certa forza. Le mie mani scendono di nuovo verso le sue cosce. Superano l'ombelico e lei si agita. «Hunter!»
Nego. Voglio sentirglielo dire almeno una volta. Voglio che sia disinibita con me. Voglio che non sia timida e, anche se questo suo lato mi fa impazzire, preferisco quando è tosta, disarmante.
Stringe la mano sul mio braccio ma non demordo. «Dillo!»
Tormento il suo intimo, un punto in grado di farle stringere le cosce e gemere. «Hunter...»
«Come mi vuoi, Iris?», continuo con l'attacco usando un tono basso e rude.
Cerca le mie labbra e mi avvicino ad esse. «Dimmelo!»
«Ok!», si agita.
Vado più a fondo. Muovo le dita con vigore. «Ok cosa?»
«Te lo dico!»
Tempesto di piccoli baci il suo collo e scendo verso il seno. Sodo, generoso in maniera misurata, perfetto per le mie mani, per la mia bocca. «Dirmi cosa?»
Mugola. Boccheggia. «Fermati e te lo dirò.»
Non cede. Cazzo! Così facendo mi farà eccitare ancora di più. «Stai cercando di dissuadermi?»
Aumento la pressione tra le sue gambe e lei tenta di fermarmi. «No, voglio solo avere te dentro di me.»
Le sue parole mi travolgono come una valanga. Una marea dalla quale non riesco a fuggire. Tiro via la mano facendola lamentare e, senza neanche rendermene conto divarico le sue gambe e mi posiziono così vicino che le nostre intimità si sfiorano.
«Ci vogliono le maniere forti con te, eh?»
Sorride. «Ti piaccio e mi ami proprio per questo!»
Affondo le dita tra i suoi capelli. Il suo respiro si trasforma in una sorta di rantolo quando mi avvicina per baciarmi.
Da questi suoi gesti capisco che ha bisogno di attenzioni. Vorrei darle tutto e lo farò. La vizierò, deve solo chiedere e le sarà dato.
Dalla finestra arrivano i primi raggi del sole. «Sono quasi le sette», sussurro. «È già passata un'ora... poi si va a fare colazione.»
«Prima della colazione cosa c'è?», chiede guardandomi da sotto le ciglia.
Il sangue si posa tutto e dritto sul mio membro. Lo afferro con la mano lamentandomi e lei ridacchia prima di passare le unghie, senza mai graffiarmi, sulla mia pelle. Naviga lungo lo sterno fino alla vita. Sostituisce la mia mano con una delicatezza quasi snervante.
«Peggiori tutto così!»
«Non mi hai ancora detto che cosa c'è prima della colazione», dice stringendo la presa.
Merda! Questa proprio non ci voleva. La situazione si è ribaltata.
Mugolo mordendole il collo. «Ci sei tu... ci sono io.»
Stringe le dita sulla punta della mia erezione. È una tortura. Dove teneva nascosto questo lato?
«E...?»
Sono fritto.
In un impeto, afferro e porto la sua mano sulla testa intrecciando le nostre dita saldamente. Non parlo. Non le dico niente. Con un colpo di reni sono dentro di lei. «E... tu sei mia!»
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L'Asso di cuori
Romance«Tutti vogliono entrare almeno una volta nella vita in quel club, Iris. Sai quante persone hanno questa possibilità? E sai che cosa significa questo invito? Conoscerò finalmente il volto del famoso "Asso di Cuori". E non ho neanche dovuto faticare p...