TRE

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"Io e tuo padre abbiamo pensato che forse sarebbe il caso che tu vedessi uno specialista anche qui."
  Inizia mia madre una volta ingoiato l'ultimo pezzo di pizza.
La guardo con occhi privi di consenso, ma senza dire una sola parola.
"Credo che ti farebbe bene, le tue fobie non migliorano e forse hai bisogno di parlare con qualcuno, soprattutto adesso che-"
Continua mio padre cercando di non guardarmi.
"Cosa? Soprattutto adesso che ci siamo trasferiti e sono senza amici?" il mio tono di voce si è notevolmente alzato.
"Noi crediamo-" Inizia mia madre
"No! Voi mi avete portata qui senza preoccuparvi di come stia realmente! Non ve ne importa niente!" urlo alzandomi dalla sedia.
"Non rivolgerti così Josephine! Torna in camera tua!" Conclude mio padre con tono autorevole.
Mi alzo e salgo le scale fino in camera mia sbattendo forte la porta, lasciandomi il mondo alle spalle.
Mi sdraio sul letto ed inizio a piangere cercando di affogare il pianto nel cuscino per non farmi sentire dai miei.
Inizio a pensare alla grande voglia che ho di uscire dalla finestra, di andarmene e di lasciarmi tutto alle spalle perché quella stanza inizia a starmi stretta. Fai progressi Jo, vedi?
Mi alzo di soprassalto andando verso la finestra, la apro e guardo fuori.
L'aria che mi spettina leggermente i capelli biondi non mi fa respirare, ma decido ugualmente di tentare ad uscire dalla finestra che mi avrebbe permesso di starmene seduta sul tetto per un po' a piangere senza esser vista o sentita dai miei.
Mi siedo sul tetto guardando tutte quelle luci in movimento e il meraviglioso ponte di Brooklyn in lontananza.
Respiro a fatica e inizio a sentire un senso di ansia solo al pensiero dell'innumerevole quantità di persone presenti su quel ponte e a questo punto mi metto la testa tra le mani cercando di soffocare quei pensieri.
-

'Stai bene?'
Sento una voce provenire dalla mia sinistra, una voce dolce che interrompe il mio flusso di pensieri riportandomi con i piedi per terra.
Mi volto e vedo un ragazzo piuttosto alto, con i capelli castani tirati leggermente indietro con il gel e gli occhi di un verde chiarissimo. Le labbra carnose e rosee si erano increspate in un sorriso che creò due fossette ai lati delle labbra. Stava indossando un maglione rosso con dei disegni astratti neri e dei pantaloni scuri. Ha il viso pulito, privo di barba.
E' seduto , ma mi sembra molto magro, con le braccia piuttosto muscolose.
"Ehi, tutto bene?" Ripete il ragazzo senza aver avuto il minimo di reazione o risposta a quello che ha chiesto circa due minuti prima.
Annuisco, senza riuscire a dire niente.
"Meglio, mi hai spaventato." fa un mezzo sorriso e continua.  "Sei la nuova vicina?"
"S-si, noi ci siamo trasferiti oggi" Rispondo con un tono cupo. Cosa diamine vuole questo adesso?
"Non mi sembra un buon inizio." Ridacchia il ragazzo.
Lo guardo senza dire niente e torno a guardare il panorama ignorandolo completamente.
Non sopporto le persone, il loro modo di fare mi urta il sistema nervoso e non mi va di parlare con questo qui.
"Io sono Hero, se ti interessa." Continua il ragazzo dallo strano accento.
"Interessante" Dico con finta enfasi continuando a guardare il panorama.
Il ragazzo sogghigna e si gira per guardare il panorama.
Mi volto leggermente per osservarlo senza che se ne accorga: è seduto con le braccia poggiate indietro.
  Le sue braccia mostrano delle vene ben visibili. Ha due collane al collo, scuoto la testa e porto nuovamente lo sguardo sul panorama.
"Hai finito di guardarmi?" Dice il ragazzo con un tono di arroganza sorridendomi e voltandosi nella mia direzione.
"Io non ti sto guardando"  Sospiro e distolgo lo sguardo velocemente.
Mi alzo e lui continua sogghignare.
"Devi proprio continuare a ridacchiare? E' estremamente fastidioso" Dico con tono arrogante.
"Lo è anche non sapere il nome della persona che ti fissa." Dice posando lo sguardo su di me sorridendo convinto.
"Io me ne vado."
Sto per entrare in camera mia passando di nuovo dalla finestra quando all'improvviso penso a quanto avesse ragione dunque mi fermo prima di entrare e mi volto verso di lui che si era già girato per rientrare in casa sua.
"Josephine."
Lui si volta e in un attimo i suoi occhi verdi sono posati su di me.
"Il mio nome è Josephine."
Lui sorride e si volta di nuovo dandomi le spalle per entrare in casa sua.
"Hai davvero un bellissimo nome. Comunque benvenuta nel Queens." Alza la voce per farsi sentire da casa sua a fuori.
Con un'espressione stranita entro in casa e mi sdraio sul letto, chiudo gli occhi e mi sforzo di pensare a qualcosa di decentemente decente accaduto nelle ultime ventiquattro ore.
La mia mente si focalizza su un ragazzo poco più che ventenne, il mio vicino di casa.
Un tipo estremamente fastidioso, egocentrico con un bel sorriso. . .
Apro gli occhi per cercare di focalizzarmi su altro quando noto uno strano bigliettino attaccato alla mia finestra.
Mi alzo e vado a leggere il biglietto.
Da buon vicino, se tu avessi bisogno di qualcosa non esitare a chiedere.
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Chiudo la finestra e metto il biglietto nel libro di sociologia.
Che arrogante. Pensa veramente che io abbia bisogno di qualcuno? Ma chi si crede di essere?

let me love you | herophine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora