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Tredici
E' durato non più di venti secondi eppure, mi sembra sia passata una vita.
Vedo i suoi occhi dolci, ricolorarsi di un verde intenso, vivo. Riesco a vederne le sfumature.
'Buonanotte' mi sorride Hero con la mano ancora sul mio viso.
'Notte Hero,' sorrido anche io. Un sorriso autentico.
-
Il sole torna a splendere finalmente su New York City.
Ho sempre pensato che le giornate vengono affrontate sempre in un modo migliore se c'è il sole.
Mi alzo presto, mi faccio una doccia e più energica che mai scendo di sotto a fare colazione lasciando senza parole i miei genitori e vedendo dipinto sul volto di mio padre un sorrisetto di chi la sapeva lunga.
Bevo la mia spremuta d'arancia, prendo la borsa ed apro la porta pronta per un nuovo giorno, o forse, per una nuova vita.
Prendo il biglietto dell'autobus e decido di salirci prendendo un respiro profondo.
Guardo fuori dal finestrino e penso ad un paio di occhi verdi e alle sue labbra soffici.
Mi abbandono alla musica che sto ascoltando.
-
Sono riuscita a sopravvivere. Nel senso letterale della frase.
Non sono svenuta e sono riuscita a stare seduta in un mezzo pubblico circondato da persone nell'ora di punta. Non potrei essere più fiera di me.
Inizio a correre nel bel mezzo di Central Park guardandomi intorno: Bambini con i propri genitori che imparano ad andare in biciletta, turisti intenti nel fare fotografie da mostrare ad amici e parenti, persone che, come me, fanno jogging.
In questo parco mi rendo conto di quanto sono fortunata ad abitare a New York.
Prendo una pausa e guardo le notifiche sullo schermo del mio cellulare. Una in particolare attira la mia attenzione.
Hero: Ci vediamo stasera? Mi farebbe piacere parlarti di quello che è successo ieri
Ecco che la sensazione di panico inizia a farsi strada dentro di me, un'altra volta.
Cosa avrebbe voluto dirmi? Inizio a temere di essermi fidata troppo e la paura si impossessa di me come pochi giorni fa al bar.
Come mai ogni volta andava a finire così? Ecco la sensazione tremenda di odio nei confronti di tutto e tutti che si fa spazio dentro di me sempre più velocemente.
Mi immobilizzo.
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Nero, buio totale un'altra volta. Una serie di voci ovattate, luci di colore blu e rosso che lampeggiano.
Non capisco cosa sta succedendo.
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Sono su una barella e questo è il mio ultimo ricordo.
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Apro gli occhi e riconosco la stanza in cui mi trovo come la stanza di un ospedale.
'Tesoro come stai?' chiede mio padre sorridendomi ed accarezzandomi i capelli.
'S-sto bene, cosa mi è successo?' chiedo stranita
'Sei caduta a Central Park ed hai battuto la testa , ti hanno portata qui perchè temevano il trauma cranico."risponde mia madre con un sorriso di circostanza. Riesco a vedere quanto sia veramente stanca.
Mi porto una mano alla tempia ed in quel momento ricordo di esser caduta e di essermi fatta male.
Emetto un piccolo gemito strozzato di dolore. Mio padre interviene cercando di mantenermi tranquilla.
"Ehi, ti abbiamo portato alcune delle tue cose almeno passerai meglio questi giorni in ospedale"
'Giorni? Io voglio tornare a casa' rispondo impaurita con le lacrime che minacciano di uscirmi dagli occhi.
'Tesoro non puoi adesso, ma ci tornerai presto.' Sorride mia madre posando la sua mano sopra la mia.
'Papà.. dovete parlare con il dottor Moore. Lui vi spiegherà tutto' Dico ad un tratto fissando un punto nel vuoto. Devono saperlo, è arrivato il momento giusto.
'Cosa, che dici Jo? Avevi detto che non era niente di preoccupante'
'E infatti non lo è, ma dovete parlare con lui'
'Va bene, tesoro lo chiameremo più tardi. Adesso riposa'
I miei genitori si allontano dalla stanza ed escono.
Prendo lo scatolone che hanno poggiato sul comodino accanto al letto e inizio a dare un'occhiata.
Vedo il mio Ipod, Ipad e cellulare, il mio libro preferito e un libro da colorare per ridurre lo stress. Deve essere stata sicuramente un'idea di mio padre, sempre in grado di trarre vantaggio anche dai momenti più bui. Se solo avessi preso qualcosa di lui, anche l'1% del suo modo di essere e probabilmente questa sfiducia nella realtà non sarebbe mai esistita.
O forse, si.
Prendo il telefono per vedere le notifiche e trovo alcuni messaggi di Hero.

Hero: Jo dove sei finita?
Hero: Richiamami
Chiamo Hero, il telefono sta squillando.

'Jo? Dove diamine sei finita?'
Ha un tono di voce molto preoccupato.
"Sono in ospedale.. sono caduta a Central Park'
'Come- cosa? Come è successo?'
'Hero, devo attaccare, le infermiere stanno per arrivare e non posso fare chiamate'
'Josephine! aspet-'
Chiudo la chiamata preoccupata. In questo momento vorrei sentirmi dire che va tutto bene. Facevo bene a tenere lontano tutto e tutti.

Più ci tieni, più hai da perdere.
Non c'è frase più vera. E solo adesso so a cosa si riferiscono.

let me love you | herophine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora