«Non posso fermarmi amore, lo sai» disse Giuseppe, legandosi le scarpe seduto sul letto. «Non ci possiamo permettere pazzie. Non adesso. Poi sai che il capo non mi ama e alla prima sgarrata mi taglia fuori.» La guardò, raggomitolata al lenzuolo e appoggiata alla testiera del letto, con le braccia incrociate, come ogni volta che si imbronciava senza poter contestare. Elena sospirò e gli si avvicinò a gattoni, facendosi spazio tra quelle coperte, reduci di una dolce notte di cui custodivano ancora il calore. Lo baciò accarezzandogli il viso e, mantenendo a contatto le fronti, sussurrò: «Buon lavoro amore mio. Torna presto. Sai che non mi piace stare da sola.»
«Ma tu non sei sola», rispose sorridendo, accarezzandole il ventre. Distolse lo sguardo. Le diede un altro bacio e uscì velocemente dall'appartamento. Elena per qualche secondo rimase immobile a guardare la porta inanimata, come la ballerina di un carillon che prende vita solo quando qualcuno se ne interessa. Riacquisito il controllo del suo corpo, si tastò la pancia da sotto la canottiera. Si sforzava di pensare che il suo sottile e apparentemente inalterato addome ospitava il suo bambino. La persona che avrebbe amato di più in assoluto. Il drastico cambiamento della sua vita, che piano piano cresceva, acquisiva una forma, un'identità. La creatura di Elena e Giuseppe, a cui avevano dato vita con la sola forza dell'amore.
Si vestì e uscì di casa. Pur avendo un supermercato a due passi dall'appartamento, decise di recarsi in quello più distante. Sentiva il bisogno del contatto-distacco con la gente. Erano le 7:30 del mattino e le strade pullulavano di persone di fretta, imbronciate, passive, grigie. Persone prive di espressione, uguali tra loro e nel tempo. Un agglomerato di colori spenti che assorbiva la luce e ne rifletteva un giallo pallido e neutro. Persone in modalità automatica che compivano giorno per giorno le stesse azioni quasi inconsapevolmente. Vedevano continuamente lo stesso cielo, verso il quale avevano perso interesse.
Nessuno si accorgeva di Elena. Era una goccia immersa in un mare, ma che celava una storia, sofferenze, ricordi, che la rendevano unica, non confondibile con nessun'altra. Nessuno sapeva che quella goccia celava una particella di vita.
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Una storia che non esiste
AléatoireQuanto siamo pronti a pagare il prezzo di esistere?