"In cosa ha messo il veleno, l'assassino?"
La domanda di Harriet fece sospirare il professore. Qui veniva la parte più oscura.
"Sono state inutilmente analizzati pozzi e fonti cui quegli uomini attingevano, le loro acque sono risultate potabili e prive di qualsiasi residuo tossico", le espose. "Il veleno è stato assunto, e questo è stato poi confermato dagli esami autoptici, con l'alimentazione, e in particolare con delle sostanze vegetali".
"Frutta, verdura?", chiese Harriet che cominciava a intravedere un possibili legame con la competenza professionale dell'uomo.
"Più cose diverse, perché sono morti tutti pur non avendo mangiato gli stessi identici alimenti", assentì Murray.
"L'assassino voleva andare sul sicuro...", mormorò la bruna con inquietudine, e il professore annuì, sempre più convinto che la piacevole avvenenza della donna custodisse una mente decisamente brillante.
"Sì, ne sono certo anch'io".
"E l'assassino ha usato uno stesso veleno nelle varie nazioni?"
Murray vedeva la donna inquadrare senza sforzo il fulcro della questione.
"Con minime differenze", confermò.
"E non sono riusciti a capire come abbia contaminato i cibi?"
L'anziano scosse la testa: "Io sono un biologo e un botanico, sono stato interpellato e mi sono stati mandati dei campioni su cui effettuare analisi da confrontarsi con quelle degli altri colleghi, i cui primi risultati apparivano inverosimili".
"Cosa appariva inverosimile?"
Harriet, catturata dalla vicenda, chiedeva con reale interesse.
"Foglie, germogli, radici, frutta... ogni cosa destinata all'alimentazione umana risultava inquinata", prese a spiegarle: "ogni cosa di origine vegetale. Non una contaminazione delle superfici, come se il veleno fosse stato sparso sui cibi già raccolti, ma all'interno degli stessi. Anzi, contro ogni logica le bucce erano innocue, nel caso dei frutti, ma la polpa letale".
Harriet aggrottò la fronte. La sua espressione concentrata testimoniava il suo interesse autentico, non stava più conducendo, ormai, un esame su un soggetto da periziare.
"Quindi la sostanza deve essere stata fornita alle piante, per forza. Magari con l'irrigazione?", suppose.
"Sembrerebbe logico", convenne Murray, "anche perché taluni prodotti, presenti sulle tavole ma provenienti dal mercato e non di produzione locale, erano privi di veleno".
"Ma?"
Ora era la donna a usare la sospensione. Se la questione era ancora irrisolta, l'ipotesi per qualche motivo doveva essere stata scartata.
"Ma le piante, da cui i frutti avvelenati erano stati raccolti, avrebbero dovuto conservarne traccia", spiegò il panciuto vegliardo.
"Il veleno avrebbe dovuto potersi individuare anche in altre strutture, come i fusti e le radici non commestibili, o i fiori... e l'avvelenamento avrebbe dovuto coinvolgere anche molti animali.
Invece, il veleno era concentrato esclusivamente nelle parti utilizzate per l'alimentazione umana, e totalmente assente nelle altre.
I ricercatori hanno inoltre raccolto alcuni frutti maturi, caduti ai piedi degli stessi alberi da cui erano stati raccolti quelli finiti sulle tavole; essi risultavano avvelenati esattamente come quelli che avevano ucciso. Ma i frutti acerbi raccolti per essere analizzati solo tre giorni dopo erano privi, completamente privi della sostanza nociva. E le morti animali sono state pochissime".
Harriet cercò di raccogliere le idee, e cominciò a vedere l'incredibile che aveva spiazzato gli investigatori.
"Un mistero!", esclamò riconoscendo la difficoltà di conciliare le varie informazioni che il professore le aveva fornito.
"Sì, un vero rompicapo a cui nessuno ha potuto dare soluzione", commentò amaramente l'uomo.
Harriet osservò l'uomo con espressione concentrata.
"Tranne lei, mi diceva"
"Tranne me che ho formulato una ipotesi. Ipotesi che è stata ritenuta pazzesca e respinta tra grasse risate".
Il vecchio si alzò un po' a fatica e si affacciò sul corridoio, cercando con gli occhi la governante.
"L'orario del pranzo si avvicina Miss Dixon, se gradisce tenermi compagnia avverto misses Baliey che abbiamo un'ospite".
"Gentilissimo, professore, ma non posso accettare, davvero. Però abbiamo ancora un'ora", disse controllando il fine orologio da polso che portava come un gioiello, "e io spero che lei continui il discorso esponendomi la sua teoria. A questo punto muoio dalla curiosità".
Il professore sospirò.
"Una curiosità che non posso appagare, Miss. Mi ha chiesto NON di esporle una teoria scientifica che non ha elementi per valutare, ricorda? Ma solo di spiegarle le circostanze in cui è nata la mia ipotesi, per giudicare se sia venuta o meno da un'improvvisa ossessione.
Credo d'averle dimostrato che non sono repentinamente impazzito, miss Dixon: sono stato invece coinvolto, in ragione della mia esperienza e di una reputazione mai, prima d'allora, messa in discussione, in una indagine scientifica su eventi sconvolgenti di cui si cercava e ancora si cerca spiegazione".
"E dunque non vuol dirmi altro?", la giovane lo fissava davvero stupita, mentre l'anziano tornava a sedersi, avendo quella rifiutato l'invito a pranzo.
"Parliamoci sinceramente, miss Dixon", le rispose: "io sto spendendo il mio patrimonio in un'opera che ritengo opportuna. I miei consanguinei, eredi più prossimi, sono angosciati dall'evidente rischio che non lasci loro neppure uno spicciolo, e l'unico mezzo che hanno per tentare di impedirmi di usare il mio denaro come preferisco è farmi dichiarare infermo di mente.
Io non parlerò in modo da convincerla di questo. Quindi faccia la sua relazione, e quando la storia sarà conclusa e l'istanza respinta, allora torni e io, fuori da ogni logica di opportunità, le svelerò quella che è per me la soluzione del mistero".
"In poche parole", si accigliò la donna, "mi sta confermando che non mi dice ciò che pensa, perché potrei dedurne che è infermo di mente?"
"Io credo che in coscienza lei abbia capito che non lo sono", la guardò penetrante l'anziano, serissimo, "ma se affermassi certe cose le consentirei di dichiarare il contrario senza troppi rimorsi. Potrei sbagliare, ma temo che questa perizia le abbia procurato e ancora le procurerà parecchie pressioni, a cui sarebbe umano desiderare di potersi sottrarre. Non la invidio, Miss Dixon".
"Le assicuro che nessuno ha mai ottenuto nulla di falso da me, professor Murray, né con le buone né con le cattive; piuttosto, consideri quel che ha fatto", gli rispose con aria decisa e cupa.
Ma poi, senza potersi frenare, sorrise.
"Lei mi ha esposto uno scenario da intrigo internazionale, mi ha lasciato intravedere un finale da fantascienza e ora rifiuta di concludere il discorso. Sta speculando e facendo leva sulla mia curiosità, sa?"
L'uomo si dispiacque, di quel sorriso.
"Io non sto affatto giocando, Miss Dixon. Le assicuro che se non fosse così seria la mia convinzione su quanto è accaduto e sul suo significato... se non fosse così orribile il futuro che pavento, io riderei dei tentativi dei miei amati congiunti. Invece sono costretto a temere che vincano e che mi impediscano di portare avanti il mio progetto".
Harriet osservò il volto segnato di rughe contrarsi in una smorfia amara, mentre l'uomo concludeva il suo pensiero.
"Lei è giovane, miss Dixon, e intelligente... sarebbe tra coloro che sarei tentato di informare per darle una possibilità. Lo farei, pronto a essere ripagato da una umiliante compassione.
Ormai ho fatto l'abitudine a certi sguardi.
Ma purtroppo la sua opinione è importante per ben altro, che non il mio amor proprio. Quindi le ripeto: torni a trovarmi quando non sarà più parte in causa, e quando non avrà più un ruolo attivo. Le svelerò gli ultimi dettagli e anche lei potrà decidere a cosa credere".
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Eminence
Science FictionL'indagine circa cinque misteriosi eventi conduce un anziano specialista a una sconvolgente conclusione. La scienza ufficiale lo rinnega scandalizzata e la sua famiglia ne cerca l'interdizione, per preservare il patrimonio che l'uomo sta dilapidando...