La legge di Murphy

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A/n: un paio di annunci alla fine del capitolooooo ~(>->)~

(Just saying)

Enjoy! 

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Ero morta.

Mia madre mi aveva vista, ne ero certa, con la mia solita sfortuna non poteva essere altrimenti.

Io, Emme, ero la persona più sfortunata che avesse mai messo piede su questo maledetto pianeta malato, era come se il destino mi avesse scelta appositamente per essere la rappresentazione concreta e vivente della legge di Murphy: tutto ciò che potrebbe andare male andrà male. Forse era la vita che si divertiva a prendermi a calci, forse quel "Dio" di cui parlano tanto esisteva davvero ed era un sadico bastardo, o forse semplicemente mi odiava, e io di sicuro non avrei alcun pretesto per biasimarlo; almeno avevamo qualcosa in comune. Oppure, forse, e dico forse, la sfortuna non esisteva e la mia me la ero creata, forgiata con le mie stesse mani, rovinando la mia stessa vita giorno per giorno, perché alcune cose nella vita sono inevitabili, ma ancora più cose lo sono. Già,  mi sembrava avesse senso. Non sempre c'è un perché,  ma quando c'è siamo noi stessi. Forse il mio perché ero io. E, sarò onesta, il mio perché non mi piaceva per niente.

Ma forse, ancora più probabilmente ero semplicemente molto stupida e tendevo a drammatizzare tutto, poiché mi infilai la sigaretta su per la manica, stringendola tra le dita sotto il tessuto della mia felpa, cercando di non darmi fuoco ai vestiti, il che, se fosse successo, sarei certa che ai paramedici sull'ambulanza avrei dato la colpa ad una combustione spontanea, o magari avrei detto si essere figlia di Satana e di aver preso fuoco per il contatto con un crocifisso o qualcosa del genere, tutto pur di non confessare di essermi portata alle labbra una sola, semplice, stupidissima stecca di cancro concentrato. Sinceramente, credo che ne avessimo tutti abbastanza del cancro nella mia famiglia.

Forzai il sorriso più tirato e finto del mondo, cercando di sopprimere il misto di panico, disagio e nervosismo che albergava palese nei miei occhi. "Ciao..." esitai "...mamma." dissi alla donna ormai vicina alla cinquantina che camminava verso me e Ana. Mi usciva difficile chiamarla così,  recentemente. Dovevo ammetterlo, mia madre era una stronza, ma sapevo che c'era di molto, molto peggio nel mondo e che alla fine era una semplice madre nella media, ma sentivo ogni giorno di più che lei non fosse mia madre, che non lo fosse neanche mai stata, forse. Certo, mi aveva data alla luce, mi aveva dato un tetto e del cibo e un istruzione, ma non riuscivo a sentire alcun legame con lei. Quando ero più piccola era peggio, forse, e allora le volevo bene, ma nonostante questo, è risaputo che se tiri una corda troppo a lungo prima o poi si spezza, ecco, la mia corda era completamente sparita, perché sia io che mia madre avevamo tirato quella corda per tutta la vita e l'avevamo spezzata dieci cento mille volte e ancora di più, e ora, non sono sicura chi delle due, ma qualcuno l'aveva semplicemente presa e gettata nell'acido, forse per stanchezza, forse per rabbia o dolore, forse perché era convinta di poter ricominciare con una nuova, questo non lo so, ma la corda era andata; secondo me per sempre.

Lei ci squadrò per un secondo, poi ricambiò il saluto e si fermò proprio di fronte a noi. 'Oddio oddio oddio oddio ti prego dimmi che non ci ha viste ti prego'

"Cosa fate, ragazze?" Se ne era accorta oppure no? Oddio, e ora che cazzo dico? Faccio finta di niente?

"Stavo tornando a casa" disse Ana, salvandomi il culo da un piuttosto sospettoso silenzio imbarazzante.

"Va bene. Tu la accompagni? " chiese rivolgendosi a me. 'Cristo, ma se n'è accorta oppure no?!'  A quel punto ero piuttosto confusa. Ero certa se ne fosse accorta, ma si stava comportando come niente fosse, forse non voleva fare una scenata davanti ad Ana? No, le scenate in pubblico erano decisamente il suo stile... Forse si stava trattenendo per potermi punire quando sarei tornata a casa? 'Oddio, no.'

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