CAPITOLO 1

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Passarono gli anni.

Passarono gli anni in "solitudine", senza tribù, senza amici, senza nessuno.

Reidar da anni procurava cibo e calore per lui e sua figlia che cresceva sempre di più.

Gwendolyn, quella che era arrivata come una piccola bambina innocente, adesso aveva 8 anni ed era curiosa, curiosa di conoscere il mondo, furba, diretta, ribelle.

Portava una lunga chioma di capelli neri come il carbone che le arrivavano fino alle scapole.
I suoi occhi color cobalto erano rimasti sempre gli stessi ma accompagnati da delle nere e folte sopracciglia.
Una cosa la distingueva da tutti, apparte gli occhi, il suo pallore.
Era pallida, bianca come il marmo, al contrario di suo padre e della gente della tribù che avevano la pelle rossastra per la continua esposizione al sole.

Aveva delle labbra carnose e rosee, un fisico snello e molto agile, non a caso scappava spesso di casa e da suo padre che non riusciva a tenerle testa.

Reidar era in casa seduto sul tavolo a riflettere.
Accarezzava in continuazione la sua barbetta ricadente sul mento per concentrarsi meglio.
Proprio in quel momento stava prendendo una decisione importante.
Il da farsi ora che Gwen stava crescendo.

-Gwendolyn... - Reidar cercó di richiamare l'attenzione della figlia.
-dimmi tutto papà.. - disse lei uscendo dalla stanza dove dormiva la notte.
-oggi è un giorno particolare.. - inizió lui indossando e stringendo con delle cinghie le sue spalliere in pelle di cinghiale. -uhm.. E perché?- chiese lei ancora assonnata e stropicciandosi gli occhi.
-Perché oggi...ti insegnerò a cacciare..-
Ammise lui indossando i suoi scarponi sempre in pelle.
La bambina spalancò gli occhi incredula.
-d.. Davvero?!- chiese più che sorpresa e continuando a stropicciarsi gli occhi sbalorditi per assicurarsi che non fosse un sogno.
-c'è qualche problema?- chiese suo padre inarcando un sopracciglio folto.
-n..no assolutamente no! Solo che.. Te l'ho sempre chiesto e hai sempre detto di no..- spiegó la piccola bambina portandosi le braccia dietro la schiena quasi come se si fosse intimidita.
il genitore, udendo tali parole, si avvicinó alla figlia e si chinó con le ginocchia fino alla sua altezza.
-perché non eri pronta.. - inizió lui con voce calda,
la piccola fece una smorfia ed incroció le braccia quasi nascondendo il suo viso pallido.
-io sono sempre pronta.. Cosa ti credi?- rispose con orgoglio alto in un timbro permaloso come non mai.
Reidar alzó le mani in segno di resa.
-non voglio dire questo, solo che ora... Siamo pronti entrambi!- cercó di giustificarsi per non alzare una polemica con sua figlia assai permalosa.
Lei dopo aver udito le parole sorrise e saltelló per la piccola casa in legno, felice di poter iniziare il suo addestramento.

Il genitore osservó i movimenti innocenti e bambineschi di Gwendolyn.

Le ricordava così tanto le scenate della sua Iselin, sia nei movimenti, che nei modi di fare, la determinazione, l'euforia, l'eleganza involontaria, la furbizia, la forza... Tutto.

L'uomo sentì gli occhi verdi leggermente umidi, ma si passó subito un braccio sul viso, lui era forte, doveva esserlo, per il suo bene ma soprattutto per quello della sua Gwendolyn, nessuno le avrebbe fatto del male.

-beh che fai? Non vieni?-
Reidar venne subito risvegliato dalla figlia, che lo stava richiamando tirandolo dalla sua maglia marrone chiaro.
-si.. Tu intanto và fuori.. - rispose lui accarezzandole il capo reso morbido dalla chioma nera e folta, la bambina annuì entusiasta e si gettó fuori dalla residenza in legno, l'uomo la osservó in ogni minimo movimento.
-è il momento.. Iselin.. -
Disse alzando il capo in alto, come se potesse vedere la sua donna, successivamente prese il suo arco che si trovava accanto alla porta e lo indossó.

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