Giallo.
Sono al sicuro.
Nascosta nel buio, la mia presenza annullata dal silenzio.
Va tutto bene, per ora.
Se la situazione non cambia, tutto continuerà a procedere per il meglio; devo solo stare attenta. Se mi muovo annullo il silenzio, ed io non voglio questo, giusto?Mi fa male la testa, la sento pulsare insistentemente, vorrei che smettesse. La schiaccio contro il cuscino nella speranza di non sentirla più, di soffocare il dolore il prima possibile. Invece continua, è solo una trappola, tutto un gioco del mio cervello per farmi sussurrare, parlare, imprecare, urlare.
Provo a concentrarmi sulla quiete che mi circonda, mi sento abbracciare dall'oscurità, come se volesse consolarmi e proteggermi, come in realtà ha sempre fatto. Ora io e lei siamo un'unica cosa, parti complementari nate dalla stessa fonte, la paura.
Viviamo negli angoli sconosciuti, osserviamo in silenzio lo svolgersi di vicende che non ci toccano minimamente, tanto tutto, prima o poi, torna da noi.
Io e lei siamo sempre presenti, non visibili, però esistiamo.
Rivelarmi sarebbe un po' come tradirla, abbandonarla per un mondo di luce che a breve finirà, ed io tornerei sola, incatenata dalle mie paure.
Stupidi, stupidi pensieri.
Non esiste che io la abbandoni, è troppo pericoloso.
È solo una trappola.Bastano due colpi per rompere il mio silenzio di cristallo.
Inizio a tremare, posseduta ancora una volta dal mio peggior nemico.
Ho bisogno di nascondermi, nessuno deve notarmi, ma non riesco a fare nulla senza avere continui spasmi.
La porta si apre inondando la stanza con una luce accecante, costringendo me ad arretrare insieme all'oscurità. Il mio istinto mi propone due soluzioni, fingere di dormire o rifugiarmi sotto le coperte.
Scarto la prima opzione, non riuscirei a smettere di tremare. Se scompaio sotto le lenzuola, la luce non mi raggiungerà, nessuno sarà in grado di vedermi.Avverto dei passi decisi farsi strada nel mio nascondiglio, calpestando la quiete che avevo creato, non sono al sicuro.
-Buongiorno Abigail, perché non hai aperto le serrande? Sono le dieci e mezza ormai-
Immagina di essere sottacqua, tieni la bocca chiusa, se la apri rischi solo di annegare. Inizio a visualizzare l'acqua nella mia testa, sale sempre di più, la sento nella gola, non riesco a respirare e, forse, è un bene.
Sento la luce invadere il mio spazio sicuro, conquistare tutto quello che prima mi apparteneva. Sono in pericolo, non dovrei essere così esposta.
-Basta, vai via- sussurro, anche la mia voce trema in sincrono con il mio corpo.
Ho trasgredito alla regola, non dovevo parlare.
L'acqua mi inonda i polmoni, affogherò tra le mie parole.
È quello che mi merito.
-Scusami, non volevo spaventarti, desideravo solo presentarmi- il suo tono di voce è limpido come la luce che evito, lui fa parte di essa, non può capirmi.
Penso all'acqua sporca, nera e appiccicosa che mi aiuta a nascondermi, che mi invita a soffocare.
Non resisterò per molto.
La voce continua a camminare, crea rumori fastidiosi che prima non esistevano, sta stravolgendo il mio mondo.
Non dovrebbe, non dovrebbe.
Sposta una sedia, sento le sue gambe metalliche raschiare sul terreno, è così fastidioso.
-Mi sono appena seduto dietro la scrivania. Quando ti sentirai pronta, mi piacerebbe se ti sedessi di fronte a me-
Stringo la coperta nel pugno, cosa vuole da me? Perché non la smette di distruggere tutto quello che ho?
È qui per farmi del male, come tutti gli altri.
Guardo il mio polso, adornato con il nastro giallo, serve a darmi coraggio; la luce non dura mai a lungo, presto finirà. Tornerò al sicuro.-Sono il professor Reijn, so che per voi americani è difficile pronunciare il mio cognome, quindi puoi chiamarmi Aaron - le sue dita picchettano sul tavolo seguendo un ritmo regolare, sta cercando di farmi abituare alla sua presenza.
È un intruso, non gli devo dare ascolto, se sto in silenzio si annoierà ed andrà via.
-Mi hanno affidato a te, sono qui solo per aiutarti- ti prego, smettila di parlare, ci farai scoprire.
- Abigail, sai perché sei qui?-
-Non devi fare domande o succederà qualcosa di brutto-
Il mio corpo riprende a tremare, credo che inizierò a piangere. Ma sei sottacqua, non hai bisogno di piangere, è inutile.
Sono una stupida, mi sta obbligando a sbagliare, vuole mettermi nei guai. Ma è solo colpa sua, io non ho fatto nulla.
Sento la familiare sensazione salirmi per la gola, ogni volta che ho paura ho bisogno di urlare, forse perché ho perfino dimenticato come si fa.
-Che cosa potrebbe succedere?- Il suo tono di voce calmo mi infastidisce, è davvero così ingenuo.
È colpa sua, non mia.
Ho fatto tutto quello che mi avevano detto, non può rovinare tutto con il suo chiasso. Deve smetterla.
Se non prendo in mano la situazione, finirò per perdere tutto.
Ed io ho fatto la brava, non me lo merito.
-Chiudi la serranda, non puoi tenerla così!- sbotto senza riuscire a controllarmi, lo sta facendo apposta, cerca di confondermi. Sposto le mani sulle orecchie, se non lo sento non potrà ingannarmi.
Se fossi sottacqua, la sua voce non si sentirebbe, quindi perché io posso udirla? Non lo sto immaginando abbastanza, sono un disastro.
Lentamente sento il buio tornare a far parte di me, sta cedendo.
Se non è abituato a stare in silenzio dovrebbe andarsene, spero solo che non mi dia più fastidio. Lui non è come me, non è obbligato a stare qui, a lui non succederà nulla di male.
-Scusa Abigail, ho sbagliato, evidentemente è troppo presto-
Sospiro appena sento la porta chiudersi.
È tutto finito.
Mi ha ascoltato.
Sguscio fuori dalle coperte e torno a sedermi, abbracciando le cosce con le braccia.
Adesso sono al sicuro.
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Ribbons
General FictionRosa. Giallo. Viola. Rosso. La vita di Abigail è retta da dei nastri molto sottili, da legami fragili. E se ognuno cerca di imporre la propria personalità, nessuno si chiede chi stia tirando i fili dall'alto.