Capitolo 5

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Giallo.

-Lasciatemi stare!- la mia voce stridula squarcia il buio come una lama tagliente. Con la quale sto fendendo il mio silenzioso amico ancora.
E ancora.
E ancora.
Ma non riesco proprio a smettere.
Due uomini mi stanno trascinando verso la luce accecante, oltre la soglia della porta.
È la mia punizione. Ho sbagliato, non avrei dovuto parlare: adesso non posso più nascondermi qui.
Ho tradito il mio mondo, non mi faranno rimanere.
Eppure continuo a scalciare e a dimenarmi per sfuggire dalle loro prese; io non voglio andarmene.
Non me lo merito, sono sempre stata brava, ho solo fatto un errore.
Un. Piccolissimo. Errore.
Per la prima volta sento la frustrazione attraversare le mie ossa e farsi largo per venire fuori. Non voglio andare verso la luce, non è il mio posto.
Ho paura.

Una volta esposta al chiaro bagliore mi divincolo di più. Devo proteggermi. Forse se mi rannicchio con la testa tra le ginocchia tutto sparirà. Forse non è reale.
No no no.
Io sono sottacqua, in profondità. Qui non la luce viene subito soffocata; ma se proprio non è possibile,
allora voglio annegare.

-Che sta succedendo?- sbatto le palpebre più volte per riuscire a riconoscere la figura in avvicinamento. Il bagliore si abbatte violentemente contro le mie pupille, quasi tagliando l'iride arrossata con una lama. I miei assalitori si bloccano, ma non mi lasciano andare, per un attimo è come se tutti noi fossimo sotto il giudizio viscerale dell'energia luminosa, in attesa del verdetto.
È il traditore che si avvicina, la nostra pena.
Proprio lui.
Accompagnato dalla solita aura imperturbabile, come se fosse esente da ogni castigo, sempre pronto a uscire indenne da ogni situazione.
È solo colpa sua.
-Dottore, non voleva uscire dalla stanza e- l'uomo si zittisce quando il traditore solleva la mano.
-Non vi permetto di trattare in questo modo i miei pazienti: allontanatevi subito a lei- mi poggiano con cura a terra, lì dove sono esposta alla velenosa luce della lampada a led sul tetto.
-Non era nostra intenzione maltrattare la ragazza- cerca di borbottare uno dei due, ma non ho mai visto lo sguardo del traditore più serio.
-Nessuno deve mai più mostrare un atteggiamento del genere; sono stato chiaro?- sobbalzo quando alza il tono della voce.

Tiro un sospiro di sollievo quando i due individui si allontanano, c'è abbastanza silenzio in corridoio da poter udire i loro passi echeggiare e rimbalzare da una parete all'altra. Almeno questo.
-Abigail, tutto bene?- il traditore si piega sulle ginocchia per guardarmi in faccia, vuole vedere la mia sofferenza.
-No che non va bene! È colpa tua, solo colpa tua- non riesco a frenare l'impulso di serrare i palmi in un pugno e colpirlo ovunque.
Non sono più niente. Mi ha tolto tutto quello che avevo.
Ma non sembra importargli. Nonostante i miei colpi, rimane impassibile. A nessuno importa di me.
-Abigail, non ho fatto nulla. Non sei più rinchiusa in quella cantina, sei libera, adesso- scuoto il capo, è un bugiardo.
Mi sento nuda. Fa freddo. La luce artificiale mi mette i brividi, ricade sulla mia pelle come un mantello.
-Fidati di me, nessuno ti obbliga a rimanere zitta lì dentro. Permettimi di mostrarti questo posto.- mi porge la mano. Non sembra mentire, ma è sempre lo stesso bugiardo. Il chiarore mi mangerà viva se rimango qui, seduta a terra; non mi restano alternative al fidarmi di lui.
Lascio che mi guidi per il corridoio del tutto anonimo.
-Dove mi trovo?- sussurro, anche se non dovrei affatto parlare, ma mi sono già spinta troppo oltre per riuscire a tornare indietro. Sono costretta ad affrontare le conseguenze delle mie azioni. Da sola.
-Questa è una clinica psichiatrica e, come ti ho già detto durante il nostro primo incontro: io sono il dottor Aaron Reijn, ti aiuterò in questo percorso-
-Sono... malata?- mi stringo le spalle per fermare i brividi, la luce non smette di fissarmi. È ovunque. La mia guida sembra pensarci su, non risponde subito.
-Hai sicuramente subito un trauma, ti trovi qui per superarlo e cercare di riprendere la tua vita-
Una porta si spalanca ed io sobbalzo presa alla sprovvista dal fracasso.
Deve per forza essere tutto così rumoroso qui?
Una donna robusta ci osserva per un attimo, poi continua per la sua strada come se niente fosse; aveva un camice proprio come il traditore.
Cioè il dottore.
Il dottore traditore.
Non dovrei essere qui.
-Nessuno vuole farti del male- sussurra accennando a quello che dovrebbe essere un sorriso rassicurante. E se volesse solo ingannarmi? Ci è già riuscito una volta.
Arresta il suo cammino davanti ad una porta, fissa pensieroso la superficie lignea.
-Devo confessarti, Abigail, che avevo paura che introdurti ad un gruppo avrebbe alimentato il tuo isolamento e terrorizzato ancor di più. Adesso invece, credo che ti farà bene interagire con gli altri- si volta a guardarmi.
Vuole darmi in pasto ai pesci.
È questo il suo piano.
Sapevo di non potermi fidare.

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