Capitolo 3

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Giallo

Sto facendo la brava.
Sto andando bene.
Sono sicura che ne saranno contenti.
Tutto quello che faccio deve pur servire a qualcosa, no?
Ho imparato a non consumare fiato, non sprecare parole; non tutti ci riescono. Sono silenziosa proprio come un gatto, nessuno riuscirebbe a scorgermi nel buio.
Ma nessuno entrerà qui, non c'è pericolo. Sono protetta, salva tra le braccia dell'oscurità.

Quando la porta sussulta per le percosse decise sto quasi per lasciarmi scappare un urlo.
Stavo quasi rovinando tutto.
Mi sbagliavo, continueranno ad entrare.
Non è vero quello che hanno detto. Credevo che nessuno sarebbe più entrato, che sarei stata al sicuro qui. Mi bastava fare la brava e non fiatare. Dovevo solo fondere la mia anima con il buio che mi circonda, venderla completamente.
Io l'ho fatto, ho fatto del mio meglio. Non voglio che mi succeda qualcosa di brutto.
IO NON ME LO MERITO.

Shhhhhh, non dovrei urlare, non so nemmeno come si fa.
È vero, dovrei essere punita per aver urlato, non l'ha sentito nessuno ma non importa.
Il silenzio mi ascolta. Ed io ho urlato. E non posso.

La porta si apre con uno scricchiolio che distrugge tutto quello ho fatto, è finita.
Sono finita.
Merito di non esistere.
Credevo di aver fatto tutto correttamente, ma mi sbagliavo.
Sto perdendo la testa, forse è per questo che fa così male. La luce rovente è ostacolata dalla figura di un uomo.
È di nuovo lui. Il traditore.

Vuole solo farmi sbagliare ancora.
È colpa sua, non mia. Riesce a trovarmi pure nell'ombra, non mi lascerà mai in pace. Non so che cosa fare.

-Torno subito Abigail, scusa- richiude la porta in fretta, senza badare al frastuono che si porta dietro. Incosciente, non ha la minima prudenza.
Dovrei correre all'angolo, appiattirmi contro la parete il più possibile e sperare che non faccia qualcosa di stupido.
Tanto le sue azioni ricadranno tutte su di me.
Perché nonostante io cerchi di non fare rumore, sono sempre punita. A nessuno importa se sono stata veramente io, subisco inevitabilmente. Ma io ci sto provando, sto morendo dentro per riuscire a rispettare quello che mi è stato detto.

I muscoli sono bloccati, legati dalla paura, non riesco a spostarmi dal letto.
Il traditore entra di nuovo nel mio spazio sicuro, questa volta però, accosta la porta con delicatezza.
Non ha ancora acceso la luce. Qualcuno deve averlo sgridato, per questo non lo fa più.
Forse sanno che non è colpa mia, che io mi sto impegnando.
Non voglio che si pensi il contrario.
Il buio non può aiutarmi sempre.

Si siede a terra, non molto distante dalla soglia. Si prepara a scappare per riferire quanto io sia stata rumorosa, vuole solo mettermi nei guai.
Non voglio che stia qui, è un pericolo per me.
Non sono al sicuro.
Sento le gocce di sudore scorrermi lungo la schiena.
Non dovrebbe essere qui.

Osservo i suoi movimenti tranquilli e fluidi con disprezzo, non gli importa di quello che mi sta facendo passare. Sussulto quando estrae dalle tasche qualcosa.
Vuole solo spaventarmi per farmi urlare.
Stringo il lenzuolo costringendo i singhiozzi a non fuoriuscire, adesso sono stravolta da violenti spasmi.
Li sento arrivare come onde e schiantarsi sul mio corpo come sugli scogli. Io sono in acqua, non posso parlare né piangere, è solo inutile. Devo smetterla.

L'uomo schiaccia qualcosa, il suo rumore ha tagliato il mio silenzio. Un lampo di luce si accende di scatto, un ansito scappa dalle mie labbra. Presso la mano sulla bocca nel tentativo di calmarmi, sta riuscendo nel suo intento. Sono terrorizzata.

-Questa volta sono venuto preparato- indica la lampadina con un sorriso, per poi agganciarla ad un'agenda.
Il mio cuore è impazzito, lo sento esplodere nel petto, potrebbe salirmi in gola in questo preciso istante. E forse sarebbe un bene, bloccherebbe le urla che desiderano uscire.

-Non volevo spaventarti. Come stai oggi?- Perché continua a parlare? Lui può?
Significa che anche io devo o...?
Mi vuole solo imbrogliare, ha pure portato la luce con sé.

-Ti prego, vai via. Non ho fatto nulla, giuro- le parole sfuggono dal mio controllo, sono l'unico modo per farmi comprendere dall'uomo di fronte.
Lui non capisce altri linguaggi, lui non ha queste abilità. Altrimenti sarebbe già andato via.
Non sa parlare con l'oscurità, interpretarne le volontà.
Lui dialoga solo con la luce.

-Lo so, Abigail. Nessuno ti ha accusato- annota qualcosa sul suo quaderno, la lampadina gli illumina il volto concentrato. Sta scrivendo che io ho parlato, potrebbe riferire tutto. Vedo tutti i miei sforzi dissolversi.

-Io non volevo...- inizio a sentire freddo, nonostante il sudore mi stia bagnando la camicetta. Sono stata una stupida a farmi raggirare, adesso saranno arrabbiati.
Chiamo il buio, ma non mi risponde.

-Ho fatto silenzio, proprio come mi avevano detto- mi si appanna la vista, non voglio singhiozzare, peggiorerei la situazione. Afferro il cuscino e soffoco qualsiasi verso possa uscire dalla mia bocca.
Spingo così forte che mi manca l'aria, come se fossi sottacqua.
Magari non voglio soffocare solo i suoni, forse sto cercando di uccidere qualcos'altro.

Il cotone soffice mi viene strappato dalle mani con un unico strattone, le mie dita fragili sono costrette a mollare la presa. Il mio respiro rotto cerca di riprendere il ritmo, i polmoni bruciano per lo sforzo.
È troppo tardi, ormai ho fatto troppo rumore. Le mie azioni mi si sono rivolte contro, è quello che mi merito. L'uomo tiene ancora il cuscino tra mani, anche il suo respiro è perfettamente udibile, troppo rumoroso.

-Mi lasci stare...- ho fallito, sono così patetica.
Sto singhiozzando come una bambina, non ho imparato proprio nulla. È troppo tardi per recuperare, ho già rotto tutto.

-Sono qui per aiutarti- è inutile, nulla conta più. Che importa se sta dicendo la verità o sta mentendo? Ho perso tutto.

-Puoi uscire da questa stanza, hai il permesso- il mio cuore ricomincia la sua frenetica corsa, non riesco più a controllarlo.
Nessuno mi ha detto che avevo il permesso.
Non è vero.
Me l'avrebbero detto loro.
Non vorrebbero questo.

Avverto una fitta, li sento pian piano scivolare via.

-I miei amici se ne stanno andando- ho la bocca impastata, la gola secca. Devo trattenerli con me, non sono nulla senza l'oscurità.
Mi stanno abbandonando tutti.
Sono delusi, e anche loro lo saranno, quando mi vedranno così...

-Ti ho iscritto agli incontri pomeridiani, inizi venerdì- quella fastidiosa sensazione di umido sulle guance mi mette i brividi.
Come farò adesso?
Cosa sono io?

-Ci sono un sacco di ragazzi della tua età, sono sicuro che ti farà bene.- il suo tono incoraggiante mi spinge ad allontanarmi sempre di più. È un incosciente, non riesce nemmeno a rendersi conto di quello che mi ha fatto.

Mi ha portato via tutto quello che avevo.

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