Capitolo 4

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Rosa.

Correggo il tratto con le dita, sfregando il pollice sul pavimento freddo.
L'ho controllato una decina di volte, ma adesso dovrebbe essere perfetto.

Un ragazzino è rinchiuso nel cerchio di gesso che io ho creato, sembra nervoso: i suoi muscoli sono tesi e regge saldamente gli strumenti per la pulizia. È insaccato in un'uniforme troppo grande per lui, posso notarlo dalle cuciture sulle spalle e da come gli ricade sulle gambe, quasi impedendogli di camminare; deve essere stata di qualcun altro prima di lui.
-Adesso posa lentamente gli oggetti fuori dal cerchio- lui mi guarda incerto, per qualche secondo rimane immobile, ma il mio sguardo non gli dà molta scelta. Soffoco un sospiro di sollievo appena si piega sulle ginocchia per eseguire il comando.

Appoggia con cura la scopa e la paletta fuori dal suo limite bianco; solo dopo che toglie le mani e si risolleva, io mi avvicino per raccoglierli.
-Non urlerai ancora, vero?- sollevo un sopracciglio, perplessa.
-E perché dovrei?-
-È quello che hai fatto circa mezz'ora fa quando sono entrato- si stringe le spalle.
-Ah, quello-
-Sì, proprio quello- mi ribecca inclinando la testa, non c'è più molta traccia del ragazzo intimorito di prima, adesso sembra solo guardingo.
-Non l'ho fatto apposta, mi hai colto di sorpresa- mi torturo le dita mentre ho l'impressione di rimpicciolirmi sempre di più. So bene di cosa parla.
-Hai urlato come se ti stessi assalendo con un'accetta, avresti potuto mettermi nei guai- borbotta seccato, le sue parole mi infastidiscono, le sento pizzicarmi la pelle; strano come il suo corpo sia laggiù ma le frasi riescano ad arrivare benissimo qui, purtroppo non posso mettere in un cerchio anche loro.

-Senti, fin quando non oltrepasserai la linea non succederà nulla- sbotto bruscamente, forse dovrei procurarmi del nastro adesivo e chiedergli di zittirsi, ma viste le premesse non penso che lo farebbe.
-Okay, va bene- alza le mani in segno di resa; rimaniamo in silenzio per qualche minuto, in attesa di calmarci entrambi.
-Chi pulirà allora? Se vedono che non ho fatto il mio lavoro mi cacceranno- mentre parla stropiccia la divisa, come se gli desse prurito.
-Io, ovviamente- era quello che avevo intenzione di fare dall'inizio, se non avesse iniziato a mitragliarmi con discorsi inutili.
-Tu?- spalanca gli occhi, incredulo.
-Che c'è? Credi che io sia sporca? Che io non voglia una stanza pulita?- lo incalzo con le mie domande, detesto essere presa in giro, non dovrei dargli tutto questo potere.
-No, è che di solito voi non fate così-
-Mi fai sembrare una pazza- esclamo sovrastando le sue parole, il cerchio di gesso non basta, voglio che vada via; non sta più attaccando il mio spazio, ma me direttamente.
Mi fissa per qualche istante, mordendosi il labbro, sembra che stia cercando le parole per ribattere, eppure la sua espressione corrucciata non mi lascia pensar male, è come se si stesse trattenendo.
- Ti sei persa qualcosa o non ti rendi conto di dove ti trovi?- si gratta la nuca mentre mi osserva come se fossi un cucciolo smarrito, tra le sue ultime due reazioni preferisco decisamente quella in cui è irritante.

Apro la bocca per aggiungere altro, ma mi accorgo che ha iniziato a parlare da solo, vagando per il piccolo spazio che gli è consentito.
-Io gliel'ho detto che prima di entrare in ogni stanza avrebbero dovuto descrivermi brevemente chi ci sta dentro-
Si volta e si dirige nella direzione opposta.
-Perché potrei entrare nella camera di uno che si crede un pesce, e poi potrebbe chiedermi com'è possibile avere un mocio sott'acqua, e io come lo giustifico? Devo rompere la sua realtà? Ma non ci sono dei dottori per questo!?-
Mi siedo sul letto aspettando che il suo soliloquio volga al termine, dovrà finire prima o poi.
Appena rimane senza fiato a causa dell'inarrestabile cascata di parole, mi schiarisco la gola per ricevere la sua attenzione.
-Io so di essere malata- seguo il suo sguardo perlustrare brevemente la stanza, perfino quando cala molto lentamente la testa imito i suoi movimenti, non sembra convinto.
-Ookay-
-Soffro di OCD- aggiungo mentre afferro gli strumenti di pulizia ed inizio a raggruppare la polvere.
-Ostinata Cocciutaggine Distruttiva?- alzo gli occhi al cielo, rivolgendogli le spalle, è stancante interagire con le persone.
-No dai, sul serio, che cos'è?-
-Lavori qui, non dovresti saperlo?- gli lancio un'occhiataccia, mi chiedo se si stia prendendo gioco di me ancora una volta.
-Mi hai visto bene? Faccio le pulizie, l'unica cosa che so è dove si trova lo sgabuzzino- ribecca indicando l'uniforme scolorita, mi chiedo perché l'abbiano assunto.
-Disturbo Ossessivo Compulsivo, può avere sfaccettature diverse. Io non voglio essere toccata, in alcun mod-
-Nemmeno un abbraccio o una pacca sulla spalla?- avverto un brivido attraversarmi il corpo, cerco di fermare il tremore delle mani aggrappandomi il più possibile al manico.
-Assolutamente no- mi concedo un attimo per calmarmi e poi riprendere i discorso.
-È la sfumatura che si basa sulla contaminazione del mio spazio e dei miei sensi- con la coda dell'occhio controllo la sua reazione, ma non riesco a dedurre nulla, per la prima volta mi sembra serio.
- Quindi... ti farebbe schifo toccarmi?- inclina il capo, curioso.
-Non riguarda solo te, ma tutte le persone- preciso mentre raccolgo i mucchietti di polvere che ho creato, tre piccoli cumuli equilibrati tra loro.
-Me in particolare perché mi trovi antipatico- aggiunge subito con un sorriso, vorrei guardarlo e dirgli che non è vero, ma l'unica cosa che riesco a pensare è che non lo sfiorerei per nulla al mondo, sento la pelle d'oca affiorare pian piano.
-Ti capisco, nemmeno io mi toccherei certe volte, specialmente quando finisco il turno per pulire i bagni, credimi, faccio davvero schifo, ho tipo la sporcizia fino ai gomiti e- alzo la mano intimandogli silenziosamente di fermarsi, non credo di poter sopportare altro. Il mio corpo viene percorso da un altro brivido, ma questa volta è diverso, mi provoca una risata.

Per quanto breve e non troppo chiassosa, dopo essermi liberata avverto una sensazione piacevole estendersi per i muscoli, rilassandoli; devo stare attenta a non far cadere la scopa a causa del cedimento involontario della mia presa.

- Senti, scusa, sono nuovo qui e non so bene come comportami con voi...- lascia la frase sospesa, forse sta cercando le parole giuste o forse non vuole proprio trovarle.
-Pazienti?- suggerisco lasciando gli strumenti per la pulizia davanti al suo limite, la paletta è piena di polvere.
-Ecco, sì. Comunque, mi spiace davvero, spero di non aver rovinato nessun processo di cura o roba del genere- gesticola un po', deve essere qualcosa che fa quando si sente in imbarazzo.
-No, non ti preoccupare, non ti chiederò che cosa ci fai con uno strofinaccio in fondo al mare- alzo un sopracciglio e lui sorride scoprendo leggermente i denti, è strano pensare di essere la causa di questa reazione, non ho mai voluto contaminare gli altri, così come non volevo succedesse il contrario.
-Allora immagino che ci rivedremo- si nasconde le mani nelle tasche larghe della divisa, non ha ancora raccolto le cose da terra.
-Di sicuro io non vado da nessuna parte-
-Beh, nemmeno io, mi impegnerò per rimanere nel mio spazio- e non sembra scherzare, né parlare tanto per farlo, ho l'impressione che sia molto simile ad una promessa.

-Grazie- è l'unica cosa che riesco a dire, che voglio dire.
-Calum- porta il braccio dritto davanti a sé, come se volesse stringermi la mano; arretro di scatto istintivamente.
-Immagino che tu non faccia queste cose- commenta senza abbassare il braccio. Scuoto il capo con vigore.
-Abigail- rispondo ripetendo la sua azione.
C'è un discreto spazio tra di noi, non voglio rischiare di sfiorare le sue lunghe dita. Ci guardiamo solo per un istante, poi scuotiamo le mani come se stessimo veramente stringendo l'altro nel classico rituale di presentazione.
Sembra un buon inizio.

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