Anche il cielo sembrava triste quel giorno, come se non fosse bastato già lo stato d'animo di tutta la mia famiglia, fino ai parenti di quattordicesimo grado, e anche di qualcun altro.
Non mi era ancora ben chiaro come in soli due mesi ero riuscito a venir meno ai miei buoni propositi e gettare nel caos ogni cosa.
Non riuscivo proprio a capacitarmi dell'enorme errore che avevo commesso e, cosa ancor peggiore, perseveravo ostinatamente.
Tuttavia ero consapevole di una cosa: non mi sarei fatto trascinare da tutto quello, avevo preso la mia decisione e lo avevo fatto in maniera estremamente consapevole e responsabile; non mi ero neanche fatto scoraggiare dalla prima reazione di mia madre, del tutto isterica e fuori luogo, quando le avevo detto che avevo superato tutte le prove per entrare a far parte dell'Aeronautica militare.
Era il mio grande sogno e, finalmente, dopo tanti sacrifici e delusioni ero riuscito ad ottenere quello che più desideravo.
Il problema, quello lo sapevo bene, non sarebbe stato dirlo ai miei o a mia sorella, o stare lontano dalla mia famiglia; no, il problema sarebbe stato dirlo a lei e, soprattutto, starle lontano.
Quella però sarebbe diventata la buona occasione per voltare pagina, sia per lei che per me, perché tra noi non ci sarebbe mai stato e mai potuto essere nulla se non quello che già c'era: un'amicizia fraterna, nient'altro.
Anche se i fatti descrivevano tutt'altro da un paio di mesi.
Il rumore delle nocche che sbattevano sulla porta sviarono la mia attenzione dal chiudere l'ultima delle valigie; guardai oltre l'uscio e vidi solamente un bel paio di gambe super abbronzate e un paio di superga bianche; e il mio sorriso fu libero di vivere, ancora una volta.<Posso?> chiese la sua voce timida e incerta.
<Certo Ale, vieni pure> le dissi mentre alzavo la valigia da terra.
<Tutto pronto per la partenza?>
<Con questa> dissi battendo la mano sul borsone <ho finito; devo solo caricare tutti in macchina e poi si parte per Viterbo> dissi contento.
<E ci rivedremo..?> chiese lei con le lacrime agli occhi.
<Non lo so Ale, non so quando tornerò, non voglio fare avanti e indietro altrimenti non mi abituerò mai..> le dissi preparandola così a quello che sarebbe stato.
<E finisce tutto così?>
<Tutto cosa Ale?>
Lei deglutì <Lo sai cosa Mirko, non far finta di niente..>
Mi avvicinai lentamente e le asciugai una lacrima che le era scesa lungo il viso <Ale, mi mancherai un casino anche tu ma devi ricordarti che ti voglio e ti vorrò sempre un gran bene; sarai sempre qui..> dissi prendendo la sua mano per poi poggiarla sul mio cuore.
<Già.. mi vorrai per sempre bene..> rispose, delusa dalle mie parole.
<Per sempre..> sottolineai ancora una volta.
<Be' allora riguardati e non fare nulla di stupido che metta in pericolo la tua vita; ti voglio bene anche io Mirko> finì, abbracciandomi e posandomi un bacio sulla guancia, lungo un'infinità di minuti dolorosi.
La guardai muovere giusto pochi passi verso la porta della mia camera, attraverso la quale sarebbe scomparsa di lì a poco ma l'istinto ebbe il sopravvento e la chiamai a me; ancora una volta presi qualcosa da Alessia che non mi era concesso, le portai via un altro pezzo, che non mi era concesso.
Poi andammo avanti, lasciandoci tutto alle spalle o almeno credo.
Non la vidi più; quella fu l'ultima volta in cui la toccai e potei sentire il suo odore; non la vidi neanche il giorno del mio giuramento, nonostante i suoi fossero presenti.
Era andata avanti.
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Always my girl
RomansaAlessia ha sempre avuto un unico obiettivo nella sua vita: andarsene da Maratea, un paese che le sta troppo stretto e nel quale si sente soffocare. Mirko ha da sempre desiderato entrare nell'Aeronautica militare. Alessia e Mirko hanno poche cose in...