14. Portami con te

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Non sono claustrofobica, ma è come se lo fossi diventata all’improvviso. Questo camerino mi sembra minuscolo, mi sento quasi soffocare.

«Non appena finisce la pubblicità tocca a noi.»

Alberto si accascia sulla poltroncina al mio fianco dopo avermi avvertito. Io, però, comincio a sentire un po’ d’ansia da prestazione.

«Che succede se perdo il tempo? E se stecco? E se non sento bene nell’auricolare?» mi impanico.

«Non ti preoccupare, non succederà.»

«Non puoi saperlo.»

«Invece sì, perché alle prove sei stata perfetta.»

Lo guardo con perplessità, facendo una smorfia con le labbra.

«Non ero perfetta, non lo sono mai. E comunque quelle erano prove, stasera sarà diverso» aggiungo, scuotendo la testa.

Lui mi sorride e scuote a sua volta la testa.

«Per me eri perfetta. E lo sarai anche stasera. Ricordati che hai cantato lʼAve Maria, quindi puoi fare tutto» mi rassicura, poggiandomi una mano sul braccio.

Mi accarezza piano la pelle nuda, lasciata scoperta dal vestito verde che indosso per l’occasione. Faccio un respiro profondo e cerco di tranquillizzarmi.

Ma no, non funziona.

«Tocca a voi» dice frettolosamente un membro dello staff, facendoci segno di seguirlo.

Alberto mi prende per mano e si alza, elegante e bellissimo nel suo completo nero. Esercita una leggera trazione con il braccio per trascinarmi su con sé, ma io sono come pietrificata e me ne resto seduta, con lo sguardo perso nel vuoto.

«Dai, andiamo» mi incoraggia, facendo un cenno col capo verso la porta del camerino, lasciata aperta dal tizio di prima.

«Io… non…»

Non riesco a respirare.

Ma che mi è saltato in mente?

Cantare in diretta, in un teatro così grande, davanti a tutta quella gente, senza contare tutti i milioni di spettatori dietro le televisioni di casa propria.

Mi vedranno tutti, mi sentiranno tutti, mi giudicheranno tutti.

E questo non è Amici, dove eravamo solo allievi di una scuola con un sogno nel cassetto; questo è Sanremo, qui non ci sono scuse, qui non è ammesso sbagliare.

E a me è ammesso ancora meno, visto che quello in gara è Alberto.

Gli rovinerò l’esperienza, se sbaglierò. Macchierò questo suo sogno che si sta realizzando.

Non ce la faccio.

Non posso.

«Ehi, che succede?» Alberto si piega sulle ginocchia, davanti a me.

Vorrei dirgli che non posso, ma non ci riesco. La mia salivazione è a zero, ho l’affanno, mi sembra di annegare, mi viene da vomitare.

«Che hai, perché tremi?» mi chiede, afferrandomi ora entrambe le mani e cercando i miei occhi.

Sento vividamente il cuore battere contro il petto, è come se qualcuno mi stesse prendendo a sassate dallʼinterno, frantumandomi le costole.

Non riesco a dire niente, il mio sguardo non riesce a mettere a fuoco, mi si annebbia la vista.

«Vi stanno annunciando, muovetevi!» sento vagamente una voce richiamarci.

Alberto si volta verso la porta, risponde qualcosa che non riesco a capire bene, poi si volta di nuovo verso di me.

Come la Pioggia sul VetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora