10. Accordi d'ukulele

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10:17.

Alberto è in ritardo.

Mi ha detto che sarebbe stato qui per le dieci, senza dilungarsi troppo nel darmi uno straccio di spiegazione. Come se chiamarmi alle otto del mattino -quando io ancora dormivo ed ero stordita dal mal di testa di ieri sera- fosse una cosa normale.

Dopo tutto lo sforzo fatto per svegliarmi, tornare in me, allungare il braccio per prendere il cellulare dal comodino, rispondere e farmi uscire dalle labbra qualcosa che si avvicinava ad un "pronto", lui era stato molto sbrigativo.

"Buongiorno, alle dieci passo da te" e aveva richiuso.

Buongiorno un cazzo.

Sono seduta sul divano ad aspettarlo come una perfetta idiota e a torturarmi, infliggendomi interrogativi a cui non so rispondere - ad esempio riguardo il motivo per cui, di punto in bianco, Alberto stamattina abbia deciso di tornare qui, addirittura prendendosi la briga di avvertire.

Fino a poco fa, in realtà, stavo strimpellando l'ukulele, e ho anche trovato un giro di accordi che mi piace particolarmente. Ho provato ad infilarci due frasi sopra e devo dire che non ci stanno neanche troppo male, ma è stato solo un guizzo, uno spunto.

Devo ancora capire in che direzione andare.

E non solo a proposito di un'ipotetica canzone.

Il citofono mi distoglie dai pensieri, facendomi sobbalzare dal divano.

«Chi è?» alzo la cornetta.

«Il tenore più figo che ci sia.»

Scuoto la testa e premo il bottone per aprirgli il portone principale, dunque apro la porta dell'appartamento e lo aspetto a braccia conserte.

«Sei in ritardo» lo accolgo non appena lo vedo apparire dalla scalinata.

«Ma ti ho portato la colazione, quindi sono perdonato, no?» mi replica, raggiungendomi e porgendomi un sacchetto di carta.

«No» rispondo prima di strapparglielo dalle mani.

La brioche è ancora calda.

Lui ride e scuote la testa, guardandomi sbirciare nel sacchetto.

«Dai, scherzavo. Guarda che puoi entrare» lo incoraggio poi, facendo un cenno col capo.

«Non posso, sono di corsa.»

Aggrotto le sopracciglia, in attesa di spiegazioni più chiare.

«Devo tornare a Messina, ho l'aereo tra poco. E sono in ritardo perché ho aspettato che al bar sfornassero i cornetti caldi, o come cavolo li chiami tu» soggiunge quindi.

«È successo qualcosa di grave?»

Penso subito a qualcosa di brutto e mi allarmo, ma per fortuna l'espressione di Alberto mi tranquillizza subito.

«No, no, è tutto a posto, tranquilla. Diciamo che però mia sorella ha bisogno di me e io non so dirle di no» mi sorride.

«Ok» mormoro semplicemente, annuendo.

Quindi che significa?

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