15. Sigarette notturne

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Il nostro duetto non ha vinto la serata.

Ma non è quello che conta.

È stata una delle esperienze più belle della mia vita.

Sono felice di aver accettato, nonostante allʼinizio fossi totalmente convinta di voler rifiutare. Ma, si sa, solo gli stupidi non cambiano mai idea.

Non ho ancora avuto il coraggio di riaccendere il cellulare, non sono ancora pronta a leggere tutti i messaggi, anche perché praticamente nessuno sapeva che stasera sarei salita su quel palco.

Con Alberto, poi.

Già immagino la faccia di mia madre.

In ogni caso, mi trovo nella stanza d’albergo di Alberto ancora una volta. Ha insistito affinché lo seguissi e sembrava piuttosto serio a riguardo, e francamente dopo ciò che abbiamo condiviso stasera non me la sono sentita di dirgli di no.

Sicuramente vuole affrontare quella famosa conversazione che abbiamo lasciato in sospeso per troppo tempo.

«Credo sia la prima volta che un nostro duetto esce sconfitto» puntualizzo, sedendomi sul suo letto.

«Non ne è uscito sconfitto proprio per niente, bedda. Abbiamo spaccato come sempre» mi sorride lui, affiancandomi.

Ricambio il sorriso, ha assolutamente ragione.

«Senti, mi dispiace per quello che è successo dietro le quinte. Non so cosa mi sia preso» aggiungo poi, scuotendo la testa.

«Non devi scusarti di niente. Hai avuto un piccolo attacco di panico, eri emozionata. Può capitare a tutti.»

«Beh, tu mi hai aiutata a superarlo, quindi grazie.»

«Non devi neanche ringraziarmi di niente. Anzi, grazie a te per avermi regalato tutto questo, stasera. Non lo dimenticherò mai.»

Ha gli occhi leggermente lucidi e noto che si sta mordicchiando nervosamente l’interno della guancia. Aggrotto un sopracciglio e inclino la testa da un lato.

«Che hai?» gli domando quindi.

Lui deglutisce e scuote la testa, abbassando gli occhi.

«È solo che ho paura di quello che sarà adesso. Il duetto ormai è andato e tu… non so cosa vuoi» mugugna, tornando ad incrociare il mio sguardo.

Lo guardo, in silenzio.

Ripenso alla mia chiacchierata con Mameli di questo pomeriggio.

“È solo la vostra parte artistica che è rimasta lì?”

No, dopo stasera è ovvio che no. Ho percepito tutte quelle emozioni che percepivo un anno fa con Alberto. E non le ho percepite perché ci ho cantato insieme, la musica è stato solo il mezzo che mi ha fatto rendere conto di quello che provo ancora per lui — me lo ha sbattuto in faccia, senza filtri.

Io lo so cosa voglio?

Credo di sì.

«Voglio quello che volevo un anno fa, Albe. Ma sappiamo tutti e due come è andata a finire poi» rispondo freddamente.

Lui chiude gli occhi e se li strofina con una mano. Sta sicuramente pensando a cosa dire, alle parole giuste che però non gli si palesano davanti.

Perché le parole giuste non esistono mai.

«Ti dispiace se fumo una sigaretta? Mi metto sul balcone» gli risparmio la fatica, neanche aspettando una sua risposta — sono già giù dal letto, ricurva poco più in là a rovistare nella mia borsa.

Come la Pioggia sul VetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora