Capitolo 2. "Famiglia"

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16 luglio, 19:35

Riguardare le vecchie foto
della "scatola dei ricordi" le faceva male.
Le aveva sempre fatto male.
Era una scatola di cartone rosso,
rovinata su tutti gli angoli e i bordi,
con un sacco di cuoricini disegnati con il pennarello indelebile nero e qualche adesivo delle principesse attaccato sul coperchio.
Era l'unica cosa materiale che le ricordava di avere avuto una famiglia.
Una famiglia in cui i genitori vivono sotto lo stesso tetto dei figli e si preoccupano per la loro salute, per i loro voti a scuola,
per i loro rapporti con gli amici.
Un famiglia unita.
Una famiglia che non esisteva più da molto tempo ormai e che era durata
troppi pochi anni.
A volte invidiava suo fratello perché ai suoi occhi era sempre sembrato molto più indifferente alla cosa.
Come se all'apparenza la questione non lo avesse toccato realmente.
Per tutta la sua vita Eleonora aveva sentito
un vuoto.
Un pezzo mancante che aveva affaticato irrimediabilmente tutti gli altri ingranaggi.

Si rese conto che quei pensieri le stavano creando un macigno enorme sullo stomaco e non voleva permetterlo.
Era una bella giornata estiva e non l'avrebbe certo trascorsa a rimuginare sulla totale indifferenza dei suoi genitori per la sua vita.

Per questo pensò che il messaggio che le arrivò in quell'istante l'avesse letta nel pensiero.

Da Edo:
"È una giornata già troppo triste per portarti in un luogo triste?"

Rimase un po' confusa da quella domanda.
Il suo ragazzo non mandava mai messaggi enigmatici.

A Edo:
"In che senso?"

Da Edo:
"Ti voglio portare in un posto.
In realtà da una persona.."

Eleonora capì quello che intendeva dire e le si creò improvvisamente un piccolo nodo allo stomaco.
Non avevano mai parlato molto dell'argomento e Eleonora non aveva mai cercato di chiedere niente, nonostante ormai Edo non avesse problemi ad aprirsi con lei.
Non perché non volesse, ma era la prima a sapere che se una persona ha un tasto dolente, una cicatrice aperta che se toccata fa un male cane, spingerla a parlarne rischia solo di peggiorare ulteriormente la situazione.
Quindi aveva deciso che avrebbe aspettato il momento in cui lui stesso si sarebbe sentito pronto a spiegarle e raccontarle e molto probabilmente quel momento era appena arrivato.

Richiuse la scatola che teneva ancora tra le mani e la ripose sullo scaffale di camera sua.
Voleva fare una cosa prima che il suo ragazzo la passasse a prendere.
Attraversò il soggiorno e dopo aver preso le forbici da giardinaggio uscì sul terrazzo.

Amava quel posto.
Filo la prendeva sempre in giro dicendole che spesso gli sembrava una "nonnetta" quando la vedeva passare ore ad annaffiare le piante,
a potarle o ad accarezzare fiori,
ma a lei non importava affatto.
Quel luogo era oggettivamente bellissimo e il merito era tutto suo.
Lo aveva creato lei ed era sempre lei a prendersene cura ogni giorno.

Odiava tagliare i fiori.
Infondo era esattamente come ucciderli.
Decretare gli ultimi istanti di respiro e togliere loro una fonte di vita per sempre.
Per questo non lo faceva praticamente mai e solitamente odiava regalarli o riceverli.
Preferiva di gran lunga donare piante intere da far crescere.
Qualcosa che avesse ancora speranza di vivere.

Però quella era un'occasione diversa.
Una giusta occasione.
Per questo scelse tre rose bianche e le tagliò.
Prese un pezzo di nastro che teneva in un cassetto nel mobile del soggiorno e le legò insieme.
Le guardò e pensò che in qualche modo rappresentassero anche una piccola parte di lei ed era felice della persona a cui sarebbe stata donata.

Da Edo:
"Sono qui sotto"

Come sempre sorrise involontariamente nel leggere quelle tre parole.
Corse in camera a prendere la borsa a tracolla e con le rose nell'altra mano chiuse il portone di casa e scese le scale del palazzo.

Skam ITALIA - Spin offDove le storie prendono vita. Scoprilo ora