CAPITOLO 3 - RACCONTARSI

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TISH

«Buonanotte Alberto»

«Buonanotte Tish»

Ci guardiamo un'ultima volta. I nostri occhi sono insaziabili, e allora ci guardiamo un'ultima volta ancora fin quando non chiudo la porta della mia camera facendo attenzione a non fare troppo rumore per non svegliare Arianna.

Sono le 2:54.

"Cazzo quanto è tardi" penso mentre mi sfilo via la mia giacca militare e la poggio delicatamente sulla sedia. Mi tolgo le scarpe e senza accendere la luce cerco di trovare alla cieca il mio pigiama da qualche parte sparso sul letto.

Trovato.

A passi leggeri mi dirigo in bagno per sistemarmi e finalmente mettermi a dormire.

La verità? Non so se riuscirò a dormire.

Accendo la piccola lampadina che si trova ai bordi dello specchio nella toilette e osservo la mia figura. Inevitabilmente mi viene da sorridere. Mi metto le mani sulla faccia come a voler proteggere quel sorriso che nella mia mente aveva un nome ben preciso: Alberto.

Stasera ho cenato insieme a lui e Jefeo. Credo di non aver mai riso così tanto in vita mia e di non aver mai visto qualcuno mangiare così tanto. Jefeo e Alberto si stuzzicavano a vicenda a colpi di "tenore" e "trapper". Alberto tra un boccone e l'altro ci ha raccontato del suo amore spropositato per tutto ciò che è commestibile, per i piatti tipici della sua Sicilia, arancini, lasagne, parmigiane e chi più ne ha più ne metta.

Mi ha quasi uccisa con lo sguardo quando gli ho confessato la mia passione per le polpette dell'Ikea.

«Ma tu sei pazza!» ha urlato «dovresti provare quelle che fa mia madre!»

Finita la cena ci siamo spostati nella hall nei divanetti di fronte la tv. Alberto ha avuto modo di presentarsi davanti a tutti, raccontando un po' di se, senza scendere troppo nei particolari, e di come fosse arrivato ad Amici. Mentre tutti gli altri lo riempivano di domande, io lo ascoltavo in silenzio.

Senza sapere perché, o cosa fosse esattamente quel qualcosa che di lui mi attraeva, lo guardavo incantata. Forse era per il suo modo così spontaneo di sorridere, per il suo accento che gli faceva pronunciare alcune parole in modo strano o forse semplicemente perché non ero abituata a trovarmi di fronte ad un ragazzo così puro.

Puro, esatto.

Lo conoscevo da qualcosa come sei ore ma avevo già capito che questo era l'aggettivo che più gli stava bene addosso. Non si poteva non riconoscere la sua purezza nella semplicità con cui si raccontava, nell'umiltà che aveva di non sentirsi arrivato e nel rispetto che aveva per chiunque.

Lo avevo notato da alcuni piccoli gesti, come quando durante la cena stasera gli è caduta la forchetta per terra e il cameriere gliene aveva portata subito un'altra. Lui si è scusato mille volte, rosso di vergogna e dispiaciuto da morire, e l'ha poi ringraziato altre mille volte. Lo ha fatto in modo sincero e sentito, come non avevo mai visto fare a nessuno prima di allora.

Verso le 23:00 alcuni ragazzi sono andati in giro per locali a festeggiare la formazione della due squadre e l'inizio della nuova fase del programma, altri si sono rifugiati in camera per chiamare e videochiamare fidanzati e familiari.

Nella hall non rimase più nessuno, eccetto me e Alberto.

Restammo soli quasi senza accorgercene quando l'ultimo a salutarci e darci la buonanotte fu Miguel.

La hall era divisa in diverse zone, quella dei divanetti di fronte al televisore, dove ci trovavamo noi, e poi alcune poltroncine sparse ai bordi delle vetrate da dove alcune sere si vedeva il cielo di Roma.

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