2. La Creatura Violacea

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A Reidgrey venne ordinato di seguire quelle persone: la ragazza con le carte, il viandate con lo scettro e l'altro uomo ferito che veniva portato a spalla. S'inoltrarono nel bosco. Erano da tutt'altra parte rispetto al complesso di Teathron. Se non fosse intervenuto quello strano gruppo di individui, probabilmente il ragazzo non si sarebbe salvato. Il sedicenne era stremato, ma questa volta l'origine della stanchezza non era un incantesimo che gli era stato lanciato, bensì quel fulmine che lui stesso aveva scagliato. Non se la sentiva di fare delle domande durante il percorso e la ragione è che non aveva mai conversato con nessuno degli altri e, dopo ciò che era successo con l'insegnante, non si fidava più di nessuno, nemmeno di loro che lo avevano aiutato. Allora perché ricalcava ogni passo che facevano? Nessuno esercitava alcun controllo su di lui, sarebbe potuto scappare, però non sapeva tornare a Rosacrociana e l'idea di rimanere da solo in un luogo sconosciuto lo preoccupava. Attraverso quegli alberi proseguirono per qualche centinaio di metri finché non si ritrovarono di fronte una vecchia baita in riva ad un laghetto. Faceva da sfondo una rupe estremamente scoscesa che si gettava in quell'acqua sporca. Il ragazzo pensò che in'estate quel luogo potesse essere fantastico, incantantato forse; ma in inverno, contornato da alberi spogli e sovrastato da un cielo grigio, era poco raccomandabile. Il viandate lo invitò ad entrare. Sebbene titubante, Reidgrey accettò.

Il sedicenne sperò che il calore del camino nel salotto sciogliesse la tensione che si era creata nell'intero gruppo. Gli venne chiesto se voleva prendere del tè e lui rispose cordialmente di sì. L'uomo ferito era stato fatto stendere di sopra, dove sembrava ci fossero le camere. A destra del ragazzo, la signorina si era sistemata su una poltrona, aveva appoggiato il suo mazzo sopra il tavolo da caffè e, in silenzio, continuava scoprire le sue carte sul tavolo. Per Reidgrey, lei stava facendo una specie di solitario magico e per questo non voleva essere disturbata. Il ragazzo quindi si sedé su un divano. Il viandante ritornò in stanza con la bevanda preparata per tutti, lasciò la teiera e le tazze sopra il tavolino, distante dalle carte, e si sedette sopra il divano di fronte al sedicenne. Il ragazzo stava allungando la mano per prendere la porcellana nel momento in cui gli l'uomo aprì bocca.
"Ti piace qui?"
Dal suo tono era chiaro che stava provando a reprimere una certa rabbia che provava in quel momento. L' adolescente non pensava di essere lui la causa principale, ma non né era sicuro perciò rispose cordialmente.
"Si, è un luogo molto accogliente"
"Bene, perché è qui che resterai"
Quella frase era un coltello che trafiggeva la sua esistenza. Tutto quello che conosceva rischiava di essere spazzato via. Una frase che tagliava di netto ciò che Reidgrey ricordava come passato e l'attuale presente nel rifugio. Un'affermazione che faceva cambiare completamente la sua prospettiva riguardo a quella baita che da luogo caldo e sicuro si trasformava in una prigione. La voce del mago era carica di risentimento e rancore verso Reidgrey che appariva turbato e scosso. "Ma... Perché?"
"Tornando a casa, rischieresti ancora di essere rapito e noi non possiamo permetterlo"
"Però... Li avete battuti tutti, quindi, qual è la ragione per cui devo rimanere qui? "
"Non ci arrivi vero? I tuoi genitori hanno probabilmente indicato sulla missiva al governo di aver sigillato la magia del proprio figlio, il fatto che tu abbia invece manifestato le tue abilità ti rende un mago non dichiarato; è illegale"
Il mago in erba non aveva ancora riflettuto su questo e non voleva credere di essere tornato un pericolo per i suoi genitori. Loro non meritavano di pagare per gli errori commessi dai monaci durante il rituale di sigillatura, e nemmeno lui. Stava rifiutando la verità come fosse un cibo andato a male o un'amara medicina. Non era disposto ad ammetterla. Si sarebbe aggrappato a tutti gli specchi del mondo solo per far capire all'uomo che si sbagliava.
"Se fosse davvero come dici tu, dove mi avrebbero portato?"
"Nel caso migliore a fare il minatore nell'altra dimensione"
Il suo tono si era alzato ed inacidito, l'uomo si stava scaldando. Nonostante questo, al sedicenne non importava più di cosa avesse fatto prima per lui, lo odiava poiché gli aveva sbattuto tanto brutalmente in faccia una notizia che non era pronto a leggere.
"Nel caso peggiore...Ti avrebbero torturato per scoprire il tuo vero potenziale"
"No...Stai mentendo... Non ti credo"
"Dove pensi che sia la tua famiglia ora, probabilemente saranno già stati uccisi dall'associazione o magari li staranno torturando per scoprire il motivo percui hanno scritto che il loro bambino aveva completato il rituale di sigillatura quando, invece, non è così!"
La sua voce che si alzava gradualmente man mano che continuava a girare il coltello nella piaga, le lacrime del ragazzino che cadevano sul tavolino più andava avanti.
"Io... non...non voglio crederti... Io... Ho veramente preso parte a quel rituale"
"Smettila di mentire!"
Quelle parole urlate contro il suo viso, lo fecero lacrimare ancora di più. Nessuno schiaffo del padre aveva mai fatto così male.
"Quella procedura è efficace al cento percento, non è possibile che tu..."
"Smettila Low!"
La donna si era fermata con le carte, le aveva raccolte di nuovo tutte in un'unico mazzo ed era intervenuta.
"Ma non ti ricordi come ero io quando sono venuta qui?! Avevo paura? Si. Ero disorientata? Si. Ero diffidente? Si, quindi smettila di urlare contro di lui perché già sai che non servirà a niente! "
La stanza si fermò nel silenzio del cosmo. Il maghetto non paingeva ora. La signorina riprese la parola, ma non sembrava essersi schierata con Reidgrey.
" Senti ragazzino, ci dispiace molto per i tuoi genitori però penso veramente che tu debba restare qui. Ne va della tua incolumità"
Il ragazzo era spento, vuoto. Non sentiva il bisogno di vivere come necessario ora che suo padre e sua madre erano scomparsi. Ribatté senza voce e senza espressione: " Non mi importa... Voglio solo tornare a casa"
"Ascolta, anche io come te ho dovuto rinunciare a tutto, ma la verità è che Low ci vuole solo aiutare... Noi non siamo i tuoi nemici"
"E ti aspetti che io mi fidi?"
"Si... Senti, tu sei come noi: un mago scomodo e insieme dobbiamo farci forza"
Low scivolò per terra dal divano in preda forti dolori alla testa. Per il ragazzo quella era la giusta punizione per averlo trattato male. La ragazza che prima si era avvicinata a Reidgrey, andò verso il viandante per soccorrerlo. Poi si voltò verso il sedicenne.
" Ti prego, basta...Non vogliamo farti del male"
La signorina sembrava preoccupata per il suo amico. Come si era accorta che era stato il ragazzo? Accompagnò l'uomo di sopra e rimase da sola a discutere con Reidgrey.
"Come sapevi che ero stato io?"
"Un cultista fa questo: trasmette emozioni negative, legge le antiche incisioni e scaglia maledizioni"
Reidgrey era un cultista: possedeva uno dei poteri peggiori che esistevano.
"E... Quindi... Tu... Saresti una cartomante"
"Esatto; parlo con gli spiriti attraverso i tarocchi, riesco anche a vederli e mi rivelano storie di un passato dimenticato oppure di un futuro a breve termine"
I toni di entrambi si erano placati e il ragazzo in quel momento iniziò a provare una certa curiosità.
"Leggimi il futuro!"
"Veramente... Preferisco di no"
"Come mai?"
"Beh, vedendo la tua reazione di prima non sono sicura che tu voglia veramente sapere cosa accadrà"
Risprofondò tutto nel silenzio. Il cultista era indeciso se insistere o no ma infine preferì seguire il suo consiglio e cambiò argomento.
" Perché... Qualche settimana fa... Low mi ha preso davanti casa e fatto un incantesimo? "
" Un incantesimo? No, ti ha... Low non può lanciare magie: è uno spiritista, decifra l'anima della gente"
Il piccolo mago incominciava a capire finalmente.
" Magari il vostro primo incontro è stato brusco, ma sapevamo che qualcuno ti stava seguendo e volevamo essere sicuri che la tua anima fosse intera"
" Cioè?"
La ragazza sospirò rassegnata: il sedicenne non sapeva proprio nulla della magia.
" Completato il rituale di sigillatura, la tua anima perde la componente proveniente dall'altra dimensione e perciò muta, cambia colore. Ad uno spiritista basta un'analisi di pochi minuti per riconoscere se l'anima è stata mutata oppure no."
" Ma come?"
"Un anima intera può avere varie tinte di verde, viola, grigio o giallo mentre nelle persone che completano la procedura rimane marrone"
Per il cultista a questo punto il rituale assumeva un senso. I colori delle tonache dei monaci trovavano spiegazione.
" Ma allora perché Low si comporta così?"
"La donna che è morta, durante la battaglia, davanti al portale, è stata come una madre per lui. Lo ha accudito fin da piccolo... Per lui questa è stata una grave perdita"
"Io... Non lo sapevo"
"È ovvio, non potevi saperlo"
Ora il sedicenne si sentiva in colpa per ciò che aveva fatto a Low. Oltre a questo era interessato alla storia degli altri nella casa, come erano arrivati lí, come funzionavano le loro abilità.
"La madre di Low... Che poteri possedeva?"
"Era una chierica. Trasmetteva emozioni positive, curava i suoi amici e... Quello che hai visto era il suo scettro. Serve ad aprire il portale per l'altra dimensione o ad incrementare l'energia delle anime violacee"
"Come la mia?"
"Si, se nessuno di noi avesse avuto uno scettro durante la battaglia, tu non saresti riuscito a lanciare quella maledizione"
" Eppure quella staffa era in mano a Low durante il combattimento"
" Mary..."
La cartomante sospirò, pronunciare quel nome equivaleva a affondare la lancia nella ferita ancora fresca.
"... Lasciò lo scettro a suo figlio prima della battaglia dato che non voleva che le fosse rubato...Durante lo scontro si posizionò davanti al portale, in disparte per curare Mik... Però... "
La donna aveva gli occhi lucidi, era sull'orlo del pianto: anche lei si era affezionata a Mary. Il piccolo cultista si sentiva ancora più in colpa per quanto accaduto prima ed era sul punto lacrimare insieme a lei. Si sentí stupido ed egoista. Loro lo avevano salvato rinunciando alla donna che li aveva accolti nella sua dimora e accuditi fin da piccoli. Era tutta colpa sua. Poteva capire la rabbia di Low nei suoi confronti.
"... Usò tutta la sua anima per curare Mik... E... Si consumò..."
A questo punto la ragazza piangeva veramente mentre il sedicenne riuscì a trattenersi. Mary, la loro madre, la loro guida, la loro luce, si era spenta come una candela.
" Io... Non so niente di voi signorina, né degli altri... Ma se devo essere la causa di tanto dolore... Allora me ne andrò"
" No! Non devi lasciarci; lei sapeva a cosa andava incontro. Le avevo letto il futuro con le carte che lei mi aveva dato... Ma... Ma... Non volevo credere a ciò che vidi..."
Si asciugò il viso con un fazzoletto, si tranquillizzò e quindi riprese a parlare.
" Comunque il mio nome è Gwendoline"
" Io sono Reidgrey"
Lei gli prese una mano tra le sue.
" Resta Reidgrey. Rimani qui perché è questo ciò che lei avrebbe voluto. Nessuno di noi è un cultista come te, nessuno di noi conosce le maledizioni ma proveremo comunque ad insegnarti ciò che sappiamo riguardo la nostra realtà"
Quel discorso terminò. Il piccolo mago era stato convinto a rimanere nella baita. Sarebbe stato introdotto in un mondo che aveva deciso di non vedere ma lo avrebbe fatto con la coscienza di essere rimasto se stesso. Era contento di non essere cambiato, di non aver rinunciato ad una parte di sé. Per lui la più grande maledizione sarebbe sempre stata quella di non riconoscersi nello specchio dei propri ricordi. Non voleva più rinnegare ciò che era, ma vivere pienamente quella grande opportunità che gli era stata data. La creatura violacea dimorava ancora in lui.

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