0. Sprigionare E Sigillare

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Il suo potere era stato sprigionato. Da quel momento Reidgrey costituiva un problema. La sua capacità sovrannaturale si manifestava, in maniera incontrollata, sempre più spesso negli ultimi mesi. Come a tutti i ragazzi della sua età gli venne offerta una scelta: coltivare la propria magia o estirparla?

Il figlio della famiglia Dushat non aveva dubbi: voleva rinunciare alle sue potenzialità. Il suo desiderio non era quello di portare confusione nella quotidianità di Rosacrociana, bensì vivere serenamente. Nessuno dei suoi amici aveva mantenuto la sua abilità, e perciò, lui non aveva alcun motivo di proseguire il suo percorso di studi in arti arcane. La sua intenzione non era quella di aggregarsi ad una delle due sette del piccolo paese, ma cominciare a lavorare come aiutante di suo padre nella panetteria di famiglia. I Dushat erano fornai da parecchie generazioni e Reidgray adorava quel mestiere. Un'attività tranquilla e ben pagata dato che, quello del padre, era il più grande forno di Rosacrociana.

I suoi genitori, un dí, si recarono nel complesso di Teathron, cioè la sede di una delle due sette del paesino. Sua madre era la figlia di uno dei maestri del posto quindi a Reigray non sembrò strano che il suo rituale per la sigillatura venisse concluso nel templio più distante da casa sua. C'erano due templi a Rosacrociana: quello di Teathron e quello di Arielthron. Ognuno si trovava in un diverso complesso costituito da più dormitori, una mensa e delle aule per lo studio.

Un gruppo molto ristretto di persone decideva di tenersi i poteri perché, una volta completato il percorso di studi con la propria setta, si veniva reclutati come maghi dal governo. Si veniva inviati in luoghi molto distanti, per missioni segrete e pericolose, talvolta...Anche nell'altra dimensione. Non si tornava mai a casa. Pure nel caso in cui, ad una certa età, si completava il servizio, si  veniva mandati a vivere, sotto falso nome, in città diverse o addirittura in altri stati; sempre sotto sorveglianza del governo. Erano pochissimi i fortunati che non venivano prelevati e rimanevano nel proprio complesso come maestri. Ed erano sempre i maghi più deboli.

I genitori di Reidgray erano entusiasti del fatto che il figlio avesse deciso di abbandonare quella parte di lui. Pensavano che così sarebbe stato più sicuro per tutti. Il giorno in cui era fissata la cerimonia era il trenta novembre. Mancavano ancora tre mesi scarsi in cui avrebbe potuto godersi il suo dono. I suoi amici avevano, quasi tutti, già completato il rituale di sigillatura. Si doveva aspettare circa una settimana tra un'operazione e la successiva per permettere al templio di recuperare l'energia dell'altra dimensione, per questa ragione la cerimonia del sedicenne era slittata molto più tardi rispetto alla data che lui si immaginava. I poteri, alla fine, sarebbero ritornati nella realtà che li aveva generati: l'altra dimensione.

Durante la stagione calda, Reidgrey non aveva compreso appieno quale tipo di forza oscura si stava sviluppando in lui. Non capiva la sua natura. Escluse a priori di essere un mutaforme dato che non percepiva nessun legame con la natura circostante e non si era mai trasformato. Aveva la certezza di non essere un alchimista perché sebbene adorasse quella materia, non la comprendeva a fondo e si diceva assolutamente non portato per essa. Non era mai riuscito a creare una fiammella, far muovere un alito di vento, increspare la superficie dell'acqua o far crescere una pianticella...Non possedeva i poteri naturali dell' elementalista. Gli sarebbe piaciuto usare un'incantesimo lenitivo, come un chierico, ma non ne era in grado. La sua aura sembrava oscura. Era convinto di aver ereditato le sue capacità dalla parte tenebrosa dell'altra dimensione. Forse i suoi incubi dovevano suggerirgli che era un sognatore? La tristezza che riusciva a far provare solo con la sua presenza alle persone che gli stavano vicine era il segno che fosse un cultista? E le voci che sentiva nella testa? Un segnale telepatico? O magari potevano essere voci dei fantasmi, in questo caso sarebbe potuto essere un sensitivo. Alla fine non aveva importanza. Avrebbe comunque eliminato tutto. In città non c'era nessuno, nemmeno nei due complessi che sapesse leggere le aure, nascere spiritisti era molto raro, quindi si rassegnò a comprendere.

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