𝓷𝓸 𝓸𝓷𝓮 𝓮𝓵𝓼𝓮
Youngjae ora si trovava in casa, dentro il suo piccolo studio, davanti a lui una tela bianca non ancora profanata. Nella sua mano destra c'era una matita quasi invisibile per quanto corta e consumata dai ritratti che aveva realizzato; aveva in mente un volto ben preciso, eppure non sapeva da dove iniziare. Quelle parole vagano nella sua testa come un tornado, si chiede a chi siano dedicate, e se sono esse proprio a provocare tanto dolore nell'animo del suo Jaebum.
Aveva bisogno di rivederlo, risentire la sua voce. Come lo avrebbe potuto trovare? Magari tornare a quel cafè alla stessa ora il mattino seguente?
La mina grigiastra tocca la tela bianca, cominciando a tracciare quasi impercettibilmente i tratti della sua tenera Musa. Che colori avrebbe dovuto utilizzare? Colori accesi come le sue labbra o colori spenti, come i suoi occhi? Un contrasto così forte da farlo impazzire.
Il suo sguardo si va a posare sopra le sue altre opere, ammassate negli angoli di quella stanza. Una tela verde e azzurra, brillante, ritrae uno dei posti più amati da Youngjae, vorrebbe tornare lì, uno di quei giorni. Concentrasi sul rumore della cascata e sullo scorrere del ruscello, che scaglia la sua acqua fresca sui massi neri.
Sospira.
Jaebum tortura i suoi pensieri, e sicuramente questa sensazione è ricambiata.
Anche Jaebum è nel suo appartamento, un minuscolo monolocale, acquistato di fortuna. Lui è ancora turbato dall'incontro col ragazzo di miele, turbato da quegli occhi, da quelle labbra che pronunciano quelle parole, turbato da quelle emozioni che non pensava avrebbe mai più sentito. Sospira.
Lo avrebbe rivisto? Non sapeva in cosa sperare. È spaventato, estremamente spaventato.
Si toglie i vestiti e decide di farsi un bagno caldo, deve liberare la mente da quel Youngjae, ma è più arduo di quanto possa pensare.Un imprevisto non calcolato impedì a Youngjae di presentarsi al café alle dieci spaccate del mattino. Quale? Il suo tenero gatto aveva ribaltato la sua stanza, macchiando di vernice rossa tutta casa: doveva ripulire il più velocemente possibile, però le due ore passarono in un batter d'occhio. Appena terminato afferra il suo taccuino e lo infila nella borsa che porta con se ovunque, esce di casa, e rischia di inciampare giù per le scale.
Si chiede se Jaebum si trovi ancora in quel bar, ha bisogno di parlare con lui e osservare il suo splendido viso.
Dalle vetrate cerca quegli occhi scuri ma brillanti come stelle, tristemente, non riuscendo a trovarli. Sospira amaramente si riposa sulla panchina più vicina, osservando la città davanti a se. Bambini che si rincorrono, lavoratori sudati nonostante il freddo, e coppie che passeggiano con i propri cagnolini.
Normalmente, quello era un quadro di paese che avrebbe abbozzato di sicuro; eppure, adesso, l'unica cosa che cerca è la sua Musa.
Jaebum anche cerca Youngjae, segretamente, lanciando sguardi fugaci a ogni persona che appare davanti a lui. Ma forse deve guardare oltre, oltre quella enorme vetrata.
Eccolo lì, di spalle, seduto su una panchina rovinata dalla ruggine. Il cuore puro e pieno di dolore appartenente a Jaebum salta un colpo, e con uno scatto si alza dalla sedia, bloccandosi subito dopo. Cosa stai facendo? Vuoi davvero che ti veda? Vuoi davvero parlarci?
A quelle domande rispondono i suoi piedi che, come controllati da un'altra mente, escono dal café, facendo tintinnare quel campanello sopra la porta di acero. Ha un nodo in gola, ma questo non riesce a bloccarlo. Si siede accanto a Youngjae, piano, senza compiere nessun rumore (sperava non lo notasse!) ma ciò invano, dacché i loro occhi si incontrano immediatamente.Sul viso del ragazzo di miele si forma un sorriso dolce quanto quest'ultimo nome che Jaebum gli aveva affibbiato.
«Pensavo che non ti avrei mai più visto»
Confessa Youngjae, le parole soavi escono come una canzone d'amore che fa svolazzare il cuore del corvino.
«Mi dispiace per ieri.»
«No, dispiace a me. Non volevo farti scappare.»
Sorride ancora, cos'altro potrebbe fare? La sua Musa è proprio accanto a lui, e stanno parlando.
«Sei un artista?»
Domanda il più grande per cambiare argomento della conversazione, notando la grande borsa da cui fuoriescono dei pennelli dalle setole rovinate.
«Mi definisco più come un osservatore di cose belle. Mi limito a renderle mie e dipingerle.»
Osservatore di cose belle.
Mi trova bello? Si domanda Jaebum, tormentandosi con i denti il bocciolo che tanto brama Youngjae nei suoi disegni- e anche nei suoi sogni.
«Posso?»
Si risveglia dai suoi pensieri e guarda il castano, annuendo nonostante non sappia di cosa stia parlando.
Lui accenna un sorriso e porta la mano sulla gota sinistra di Jaebum, che al suo tocco leggiadro arrossisce immediatamente, rendendolo un fuoco. Lo sfiora con il polpastrello e la sua pelle è morbida come una nuvola, brama di accarezzarlo per tutto il resto della sua vita. Il corvino sente le palpebre pesanti, potrebbe addormentarsi immediatamente sotto quel tocco da angelo: per un istante pensa davvero lo sia.
I pollici passano a quegli occhi neri di sonno, sfiorano le sue ciglia nere e lunghe con dolcezza, Jaebum si sente a casa. No, anche meglio: si sente estremamente felice e al suo posto, come se quelle mani fossero state create per toccare il suo viso.Perché Youngjae lo stava accarezzando? Neanche lui lo sapeva, l'istinto lo aveva suggerito- no, obbligato. Però adesso sentiva di avere tutto ciò di cui aveva bisogno per ricreare tale purezza sulla tela bianca nella sua vecchia stanza di città, che urlava, pregava di essere macchiata di quella pelle.
«Invitarti nel mio appartamento è una mossa troppo sfacciata?»
Domanda il biondo quasi timoroso, allontanando —a malincuore— i polpastrelli da quella gota. Jaebum apre gli occhi e lo guarda insicuro, in imbarazzo, quasi spaventato.
«Sento di aver bisogno di più informazioni per riuscire ad accettare o rifiutare.»
«Voglio dipingerti. Qui potrei fare una bozza sul mio taccuino, ma cinque minuti sono altamente insulsi. Esigo osservarti ancora.»
Il cuore del corvino ora era folle, mandava così tanto sangue in circolo da far diventare le sue orecchie leggermente rosate.
«Non sono bravo a mettermi in posa» balbetta a bassa voce, qualcuno ha paura che lo senta. Ma chi?
«Non devi fingere di essere qualcosa che non sei. Ora, in questo preciso istante, sei meraviglioso. Lo sarai anche tra un'ora, un giorno, una settimana, e io voglio dipingerti ognuna di queste volte.»
STAI LEGGENDO
notti insonni al gusto di pioggia e caffè。2jae
Fiksi PenggemarDi quella tazza di caffè rimane solo il fondo ricoperto di grumi zuccherati e di quel liquido marrone ormai freddo. ⓒ adoresehun, 2019