9-Famiglia

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"Mio chee?"
Non mi venne da dire nient'altro. In quella giornata assurda mi sembrava di aver preso troppe botte per essere lucida.
L'uomo mi guardó e poi prese a grattarsi la testa. Aveva la barba incolta e sembrava che non uscisse da li da un po.
"Scusa, sono stato un po brusco, siediti" detto questo mi indicó una sedia mezza sgangherata con un gesto della mano. Feci una faccia interrogativa e lui spostó la sedia e ne avvicinó un'altra con un aria decisamente migliore.
Mi accomodai, anche se avevo la tentazione di urlargli delle parolacce.
Anche lui si risedette sulla sua sedia girevole, sta volta voltandosi completamente verso di me.

"Allora" disse toccandosi il mento ispido "Come ti spiego una cosa così complicata?" A quelle parole iniziò a girarmi la testa. Altre cose complicate. Perché niente di semplice?

"Allora, io e tuo padre siamo sempre state due teste calde, ma anche molto intelligenti. Prima che tutto avvenisse abitavamo nei quartieri celesti abbiamo avuto una bella infanzia, non ci è mai mancato nulla" quando disse quartieri celesti rimasi un po interdetta. La città era divisa in quartieri di vetro, dove abitavano i più ricchi, chiamati così perché si trovavano in alto ed erano per la maggiore costituiti da alte torri di vetro, poi vi erano i quartieri celesti, un po più in basso, dei collaboratori stretti del governo, i quartieri rossi dei benestanti, i quartieri grigi dei poveri e la big area dei senza tetto o dei rovinati, degli emarginati. Dove avevo vissuto io. Sapere che mio padre era uno dei celesti mi lasciò senza parole.

"Quando fummo abbastanza grandi nostro padre ci impose di lavorare per il governo. Io non vedevo molto di buon occhio il re, inoltre avevo intenzione di diventare uno storico. Tuo padre invece scelse ingegneria edile, il suo sogno era sempre stato quello di lavorare tra i corridoi della centrale elettrica, proggettarne gli spazi le espansioni. E ci riuscì. Subito dopo la laurea riuscì ad entrare nel gruppo di architetti e ingegneri della centrale.
Ci allontanammo a causa delle nostre divergenze in fatto di politica. Tuo padre si interessava molto alla grandezza e alla bellezza e non vedeva quanto il nostro mondo bello all'apparenza fosse imbruttito dall'assenza di libertà. Persino noi celesti, convinti di essere liberi in realtà eravamo schiavi di questo sistema. Noi potevamo studiare, potevamo essere importanti. Per gli altri il servizio militare era un obbligo da portare a termine. Tutti gli uomini dovevano servire il governo, dare loro parte dei loro guadagni, non potevano avere case, vestiti e auto che gli appartenessero, tutto era fornito dal governo in base alla tua gerarchia sociale. Solo l'accademia era aperta a tutti fino ai 18 anni, cioè finchè l'ID rimane gratuito, poi pagarlo diventa un lusso che chi abita nella big area non si può permettere. Per il resto chi non aveva l'ID di cittadinanza non poteva nemmeno andare in ospedale. Le cose stavano così, successivamente introdussero sistemi di telecamere che ci toglievano anche la privacy.
Tuo padre tutto questo lo capì a sue spese.
La nostra domestica era andata in pensione e al suo posto sopraggiunse la figlia. Tua madre Eva." Al suono di quelle parole sentì un brivido lungo la schiena.
Lui sorrise di sghembo, un sorriso nostalgico. Mi guardò come mi aveva guardata solo Lul in quegli anni le somigliava molto, non solo per il colore degli occhi e dei capelli, ma anche nei movimenti, nel sorriso flebile. Provai un moto di nostalgia così forte che mi mancò il respiro. Lui sembrò accorgersene e si fece subito molto serio. Tra le luci notai che aveva il viso coperto di lentiggini, istintivamente mi toccai la faccia.
"Inizialmente non potevano proprio soffrirsi quei due, tuo padre era il solito ragazzino viziato, il belloccio ricco della situazione, stronzo e donnaiolo. Le sue idee davano fastidio anche a tua madre. Ma fu questo loro continuo battibeccare che li unì. Tua madre era bella e intelligente anche se veniva dai quartieri grigi e Jirde l'aveva incuriosita in qualche modo aveva capito che tuo padre era molto di più di quello che dava a vedere.
Si innamorarono e scatenarono un putiferio. Non puoi sposare qualcuno al di fuori del tuo rango sociale o finisci tra gli emarginati.
La fortuna di tuo padre era il talento. E grazie alle conoscenze di nostro padre riuscirono a sposarsi con la condizione che avrebbero dovuto vivere nei quartieri grigi e che lo stipendio di tuo padre sarebbe stato notevolmente ridotto. Lui serviva al governo. Ma il governo dopo il suo matrimonio con Eva aveva trattato la sua famiglia come feccia, sapeva adesso tutto ciò che era costretto a sopportare chi viveva nei quartieri più bassi. Un giorno, lo ricordo bene come se fosse ieri, venne da me e mi mostrò una mappa. Incomprensibile. Mi disse che aveva la prova che la superficie esisteva, che l'aveva vista.
Scavando in profondità aveva trovato un bunker molto vecchio da dove vennero i primi uomini sottoterra. Risalendo la lunga galleria aveva trovato un portone. Dai fori aveva visto tutto. Alberi e foglie e sole e cielo. Ma non poteva uscire semplicemente. Lo avrebbero trovato e ucciso." Rimasi incredula, mio padre aveva visto la luce del sole. Se solo fosse stato vivo. Avrei voluto chiedergli così tante cose.
" Progettammo di dirlo all'intera popolazione, di scappare e di fare un colpo di stato ma c'erano dei problemi, solo Jirde aveva con sé le coordinate per non mettermi in pericolo e non sapevamo se effettivamente questa superficie fosse abitabile o meno e come l'avrebbero presa? Come avrebbero potuto crederci? Io mi fidavo di mio fratello ma per gli altri non significava niente. Era un progetto pericoloso e noi eravamo soli.
Quando venne in casa nostra con te e tua sorella ebbi un pessimo presentimento. Lui mi guardò. Se ti chiamo- mi disse- scappa via con loro. Proteggile a costo di tutto. Se ne andò via prima che potessi dirgli una sola parola.
Qualche ora dopo ricevetti una chiamata.
Vi affidai a mio padre e andai a casa di Jirde. "Proteggi le cose che più amo e troverai la mappa" diceva una lettera tra le macerie. Il governo deve averla letta. Da allora siamo perseguitati. Io e mio padre sapevamo che era una di voi due dato che hanno torturato Eva fino alla morte. Il giorno che incendiarono la serra ha inscenato la vostra morte. Nel frattempo io avevo radunato un gruppo di donne, uomini, ragazze e ragazzi che seguivano la mia causa, un gruppo che divenne sempre più grande. Mio padre vi aveva nascoste bene." Disse e ridacchiò fra se " Quel vecchio ne sapeva una più del diavolo" Lo guardai scioccata.
"Quindi mi stai dicendo che che mi hanno perseguitata perchè credono che io abbia qualcosa nella testa che mi ha messo mio padre?" Lui mi osservò perplesso.
"Si, anche se detto così..."
Mi alzai e mi misi le mani fra i capelli.
"E mio padre? È morto suppongo"
"Non abbiamo trovato nessun corpo ma suppongo di sì"
Poi un flash mi devastò la mente.
"E tu dove sei stato per tutti questi anni?"
"Vi ho cercate Shiori,ovunque, credimi" lo fissai negli occhi vitrei. Sembrava addolorato.
"come facciamo a vedere se ho questa cosa nella testa?"
"Niente, non possiamo fare niente. Se è dentro di te verrà fuori, devi cercare di ricordare Shiori, tutto ciò che ricordi."
Sbottai.
"Avevo 6 anni quando è successo, cosa devo ricordare?"
"Se è dentro te ci riuscirai"
"Se è dentro di me papà ha scelto la più tonta"
Sentì Dallas ridacchiare di sottofondo e lo fulminai con lo sguardo.
"E Lul? Come ce la riprendiamo"
A queste parole Ernest sospirò poggiando le mani sulla scrivania, mise a guardare lo schermo davanti a lui che solo ora notai, rappresentava uno schema della centrale.
"Non possiamo penetrare le loro difese, ci serve un infiltrato"
"Vado io" fece Dallas, mettendosi davanti a me.
"Conoscono tutti la tua brutta faccia li, sei stramega schedato" a parlare era stata una ragazza dietro Ernest, appena uscita da una saletta dietro piena di computer. Aveva lunghi capelli rosso fuoco ed era vestita da lolita, con un vestito rosso e bianco super pomposo e corto e delle calze bianche che le arrivavano al ginocchio. Ai piedi aveva due anfibi rossi laccati con la suola a carrarmato. Ernest si voltò a guardarla come se fosse abituato a vedere tanti fiocchi addosso ad una persona sola.
Io la fissavo probabilmente con la faccia da ebete. Lei ricambiò il mio sguardo decisa, nonostante il vestiario sembrava una che se sbagliavi a dire qualcosa te l'avrebbe date sui denti. A parte il trucco nero e l'espressione truce.
"Lei è Red" disse Ernest.
Lei mi lanciò un occhiata lunga, poi mi porse la mano.
"Non guardarmi così non sono l'unico soggetto strano qui"
Le porsi anch'io la mano.
"Vedremo poi chi mandare in ricognizione per te ho un altro lavoro importante Dallas"
Questa volta il ragazzo rimase appoggiato alla colonna di ferro che si trovava in mezzo alla stanza con le braccia conserte.
"Sentiamo" mugugnò.
"Mi devi addestrare Shiori" disse tranquillo mentre zampettava con le dita sullo schermo.
Rimasi interdetta poi in coro a Dallas urlai
"Cosaaa?"
"Intendi metterla sul campo?"
"Intendo farne una recluta, deve sapersi difendere. Quando troveremo Lul sicuramente vorrà partecipare alla spedizione"
Io annuì risoluta. Dallas si diede una pacca sulla testa.
"Perchè io? Sono impegnato sul campo"
"Questa ora è la massima priorità"
"Si ma non c'è qualcuno che non sia lui? E poi la mia gamba" mi misi in mezzo alla conversazione.
"Sentite non mi interessa quale tipo di diverbio avuto e nemmeno se siete allergici alla gente" disse guardando Dallas
"Inoltre la tua gamba guarirà presto il proiettile ti ha solo sfiorata"
"Ed è svenuta, resistenza al dolore - 1"
Disse quell'idiota di Dallas.
"Fatti i cazzi tuoi" replicai a denti stretti. Lui mi ignorò totalmente.
"Basta i patti sono questi domani iniziate. Red accompagna Shiori nella sua stanza. Signorino noi parliamo un po'"
Detto questo Red mi trascinò letteralmente in ascensore.
Rimasi immobile con i pugni chiusi ancora furiosa con quell'idiota con cui avrei dovuto passare del tempo a farmi deridere.
"Ha un carattere di merda, ma non è così male. È buono ed è devoto alla causa. Qui siamo tutti come una famiglia e non ti scegli la famiglia, la accetti e le dai il tuo cuore."
Red mi guardò con un sorriso. Famiglia. Un forte desiderio di farne parte si fece strada dentro di me. Le sorrisi. Era un po' più alta di me, ma considerando le scarpe probabilmente avevamo la stessa altezza.
Le porte si aprirono sullo stesso corridoio bianco di prima. O forse uno identico. Red mi fece strada fino ad una porta grigia, prese un mazzo di chiavi e aprì. La stanza profumava di deodorante per ambienti. Aveva le pareti gialle, un letto a una piazza e mezzo con le lenzuola bianche pulite. C'era anche una scrivania marrone, una libreria con qualche libro e un armadio dello stesso colore. Accanto al letto c'era un comò con uno specchio. Mi guardai. Avevo un aspetto orribile.
"Piano piano la decorerai. Ti ho lasciato un pigiama. Dormi ne hai bisogno, di là c'è il bagno" indicò una porta scorrevole a lato della stanza.
"Puoi farti una doccia"
Mi sedetti sul letto. Era morbido.
Guardai in faccia la realtà.
"Non ho nemmeno più i miei vestiti"
Lei sospirò.
"Per domani te ne presto qualcuno io"
La guardai.
Sospirò dinuovo.
"Ho anche vestiti normali. Non molti ma li ho. A domani" disse chiudendosi la porta alle spalle dopo aver posato le chiavi sul comò.
D'improvviso mi sentì molto sola. L'inquietudine mi attraversò. Gettai un sospiro e mi buttai sul letto.
Sul comodino notai una foto.
Mio padre teneva in braccio una bimba con i capelli neri scombinati e un vestitino bianco che sorrideva. La presi fra le mani e mi scese una lacrima. Poi iniziai a piangere. Fra i singhiozzi mi addormentai.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 13, 2019 ⏰

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