Capitolo 1: Il destino della Pietra di Luna

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Il lume della ragione sopra ogni cosa, sono gli anni del Diciottesimo secolo. Anni di pensiero illuminato, lusso a corte e rivoluzione nelle strade. Lontano dalle vecchie terre, invece, è sorto il nuovo mondo, divenuto patria dei pirati. Le Indie Occidentali, terre ancora inesplorate, abitate da antichissime tribù di nativi; mari e isole, un luogo ricco di risorse. Ogni Regno tentava di approdare lì, ma pur possedendo le terre, nessun corsaro era riuscito a possedere i mari, poiché quelli, erano Patria dei pirati.

I pirati, uomini liberi da ogni regola morale e civile, combattenti che bramano soltanto ricchezza. Tante sono le storie e le gesta di questi uomini: abbordaggi, saccheggi, combattenti contro gli uomini del re, e delle volte persino contro arcane creature.

Sorsero dunque in quei luoghi nuove città portuarie. Una in particolare, nelle Indie Occidentali, chiamata l'Avana. L'Avana era ancora un'umile e bella cittadina di mare, il suo vecchio porto sin dalle prime ora dell'alba ospitava marinai, corsari, pirati e tanta altra gente in cerca d'avventura. Lì giungevano, oltre a merci e animi coraggiosi, numerosi storie di battaglie, abbordaggi alle navi del re, scoperte di nuove isole, e spesso agli uomini di mare che giungevano all'Avana piaceva impressionare gli abitanti con racconti e leggende di mostri marini dalle dimensioni abnormi, o di creature metà bestie e metà uomini.

Un uomo era tanto ostinato nel narrare di queste storie alla gente. Era un povero vecchiaccio, viveva lì da anni oramai, ed ogni mattina, fino alla tarda sera, se ne stava al porto a guardare i mari a lui tanto cari. Aveva un aspetto simpatico, quanto bizzarro. Il volto coperto da una lunga barba folta e grigia, la pelle raggrinzita e ornata da vecchi tatuaggi pirateschi. Nei suoi occhi, chiari come le luci della sera, vivevano malessere e nostalgia degli anni che mai più sarebbero tornati. Colui che possiede orecchio solo per voci effimere, avrebbe affermato che l'uomo non fosse nessuno, solo un marinaio matto, o un corsaro traditore della sua bandiera, oppure l'unico pirata sopravvissuto all'inabissamento della sua nave. Ma colui che invece aveva avuto l'ardore di rivolgergli parola al porto, udì che quest'uomo era un vecchio marinaio, ma che innamoratosi della bellezza delle avventure, del denaro, della ricchezza, della fratellanza, e sopratutto della libertà che solo i pirati possedevano, era divenuto uno di loro. Superati però i sessanta per grazia di Dio, non aveva più forza in corpo come di quand'era un giovanotto. Da vecchio sciagurato fu costretto a starsene al porto, e poter solamente guardare da lontano il suo amato.

Al vecchio marinaio piaceva assai interagire con la gente, raccontava le sue avventure, le sue esperienze, e in particolare una sua storiella. Lui sosteneva essere verità, ma agli altri parevano tanto allegre fantasie o leggende di quei mari. Anche in quella sera il vecchio pirata stava a raccontare le sue storie, era in una povera taverna dell'Avana, nelle prime luci della sera. Nel locale gli ubriaconi erano già tutti sbronzi, le loro urla e i loro canti accompagnavano il racconto del vecchio. Seduti attorno a lui, vi erano alcuni giovani e novelli pirati, rimasti con bocca ed occhi spalancati, ammaliati dalle esperienze del vecchio. Il marinaio, seduto sul tavolo, mise gli stivali sulla panca lercia, tirando su le maniche per mostrare le vecchie incisioni. Sul braccio sinistro uno squalo con lunghe zanne, un'ancora e un coltello con attorno un cappio: cosa stessero a significare, solo lui poteva saperlo. L'uomo bevve il suo grog, pulendosi col dorso della mano, continuando poi la sua storia.

"Trovammo allora un'isola sperduta, chi l'aveva mai vista! Fummo costretti ad attraccare, avevamo consumato tutto il cibo a bordo, e fatto ben venti corsari prigionieri!" esclamò l'anziano, chinandosi fino a poggiare i gomiti sulle proprie ginocchia. I pirati attorno seguivano ogni suo movimento, facendosi sempre più attenti alle parole del vecchio capitano "I miei uomini ammainavano ancora le vele, non avevano neanche gettato l'ancora! Che Dio mi fulmini! Io mi buttai in mare, ero pieno di forze allora! Raggiunsi le spiagge a nuoto, lì potevano esserci nativi, belve, un'altra ciurma a padroneggiare sull'isola, dovevo difendere i miei uomini! Perciò cominciai a dare un'occhiata attorno. Notai subito una grotta nascosta dai rami, non ci pensai al pericolo, e coraggioso entrai. Era dannatamente stretto! Riuscivo a passere lì per miracolo! Poi raggiunsi una zona assai strana, dove entrava anche il Sole" ricordò con mezzo sorriso.

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