Capitolo 2: La vita nuova a Port-au-Prince

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A svegliare Zaffiro quella volta non fu l'alba del mattino, né la freschezza delle acque, o il docile suono delle onde, e neanche il profumo del mare. Il ragazzo aprì faticosamente gli occhi, e guardandosi attorni ricordò della sua nuova vita, cominciata in malo modo per un fraintendimento. Zaffiro si era avventurato nell'Isola delle Arpie, chiamata con quel nome dai tritoni; lì un gruppo di uomini di terra, credendolo un loro prigioniero, l'avevano caricato sulla loro nave, nonostante il ragazzo avesse tentato più volte di spiegargli che lui non fosse quello che loro credevano. Ma quegli uomini di terra erano duri di comprendonio e non ascoltarono una sola parola.

Nonostante l'accaduto e le pessime condizioni in cui si trovava, Zaffiro non si era perso d'animo e restava sicuro della sua avventura. Il giovane s'alzò con la schiena, reggendosi con sulle braccia doloranti. Quando era stato gettato nella stiva aveva perso completamente i sensi, forse a causa della botta, e solo ora si era svegliato. Chissà quanti giorni erano passati, dov'è che stavano andando, cosa gli sarebbe successo dopo... Tutto questo era ancora un mistero.

Si mise a sedere, strofinandosi gli occhi nel tentativo di svegliarsi completamente. Per primo controllò di avere ancora la Pietra di Luna, e fortunatamente era lì, nessuno l'aveva toccata. Poi si guardò attorno, ma era completamente buio, gli unici raggi della notte si infiltravano attraverso le incanalature del legno e da un'apertura sbarrata, e andavano ad illuminare altri uomini, distesi a terra. Fuori però si udiva il mare, l'unico suono in quel silenzio.

Tentò di muoversi, ma alle caviglie e ai polsi aveva delle pesanti catene che lo tenevano legato ad altri due uomini ai suoi lati, tenuti allo stesso modo. Mise una mano dietro al collo, gemendo piano per il dolore diffuso in tutto il corpo, specialmente nei nuovi arti che aveva al posto della sua coda. Quella era la sua prima volta in una nave, quand'era tritone spesso restava ad osservarle ed immaginare come fosse la vita lì sopra, credendo che sarebbe rimasta per sempre un'illusione. Sicuramente ora non l'avrebbe dimenticata tanto facilmente, la sua prima volta in una nave. Distrattamente Zaffiro guardò al suo fianco, vedendo che ammanettato a lui c'era un uomo, gettato sul legno, le ossa del busto gli sporgevano fuori, completamente nudo, la bocca e gli occhi spalancati verso l'alto, contorti in una smorfia di dolore.

Zaffiro, non aspettandosi di essere affiancato da un cadavere, sobbalzando per la paura ed arretrò più che poteva, coprendosi gli occhi e spaventato sussurrò parole sconnesse sottovoce.

Dall'altro lato, una mano si poggiò sulla sua spalla, costringendolo a voltarsi verso di lui "Ragazzo, stai tranquillo! Era un disgraziato, è morto per sete, non porta ancora malattie. Ma se ti fa paura, puoi stare vicino a me, va bene?" a parlare era un giovane, l'altro prigioniero legato vicino a lui. Da ciò che la luce poteva illuminargli, sembrava un ragazzo forte e sicuro, doveva essere molto alto, vestito con stracci simili a quelli che indossava Zaffiro. Il volto però, era coperto dalle ombre, solo per pochi attimi la luce gli illuminò il sorriso e gli occhi chiari.

"V-va bene..." sussurrò insicuro il ragazzo, ma l'altro l'aveva già preso e avvinandolo gli fece poggiare la testa sulla sua spalla, per farlo voltare in direzione opposta. Lo teneva stretto a sé.

Zaffiro abbassò lo sguardo imbarazzato, era stato gentile, forse voleva qualcosa in cambio? Oceano gli aveva ripetuto che spesso così funzionava il mondo degli uomini di terra, e non avrebbe dovuto riporre fiducia mai in nessuno. Oceano li aveva sempre descritti come bestie.

L'altro ragazzo sembrò accorgersi del suo nervosismo, e subito si scusò, grattandosi distrattamente una guancia "P-perdonami! Non volevo farti vergognare! E che in questi giorni ho provato a svegliarti più volte, ma non muovevi neanche un braccio! Insomma, credevo che fossi morto, è stato un po' un sollievo quando ti ho visto spaventato, e volevo solo aiutarti" gli spiegò in un sussurro, facendo seguire una risata. Zaffiro istintivamente gli sorrise, come poteva essere una bestia quel ragazzo?Gli uomini non erano bestie, forse molti lo erano, ma lui non poteva esserlo, tanto gentile e protettivo, anche se Zaffiro per lui era solo uno sconosciuto.

Il Cuore di  ZaffiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora