Capitolo 4: La perla blu

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Zaffiro gingillava ancora alla miserabile taverna di Port-au-Prince. Se ne era stato tutto il tempo seduto in un angolo, sotto alla veranda aperta; il Sole fuori era già sparito dietro ai mari ondosi di quella notte, ed a vegliare su tutti c'era la Luna Piena. Sebbene per i tritoni fosse di buon auspicio, le notti luminose a Zaffiro avevano sempre portato sventure.

Intanto la locanda si riempiva di bricconi, o come li chiamavano gli uomini di terra, di "marinai" e "pirati". Zaffiro seppur aveva tentanto di informarsi su di loro, non aveva compreso chi questi fossero o che cosa facessero di differente rispetto a tutti gli altri. Però gli erano sempre parsi, sin dal primo sguardo, più somiglianti a bestie che a uomini: il loro animo era libero, gioioso e ribelle. Zaffiro interruppe i suoi pensieri, si stiracchiò e si distese poi sul tavolo umidiccio mentre guardava gli altri beoni.

Il vento cominciò a soffiare più forte, muovendo i capelli chiari sulla sua fronte sudata e le vesti divenute lerce; si stava abituando alla maniera di vivere degli uomini di terra.

A pochi giorni da quella sera però, sarebbe salpato verso un nuovo posto e avrebbe abbandonato Port-au-Prince, la città che l'aveva salvato. Assieme a Leo ed Oliver, la loro meta era l'Avana. I due amici ne erano entusiasti poiché quella era la loro madre terra, ma Zaffiro era amareggiato: quanto era grande il mondo? Delle volte, pensando ai misteri che nascondeva, sprofondava in un cupo malessere. Non tanto per la paura di scoprire nuovi mondi, quando per il timore di non riuscire più a recuperare il Cuore di Tritone. Ma quale altro modo poteva darsi da fare sulla terra se non lasciarsi condurre dal destino?

Tormentato dalle sue incertezze, non si accorse di un uomo appena giunto al suo fianco. Questo gli poggiò una mano dietro al collo e la fece scivolare fra i capelli del ragazzo, scompigliandoglieli un po' con fare fraterno, dopodiché raggiunse il gruppo poco lontano di amici suoi, che parevano dei furfanti. Zaffiro alzò istintivamente il capo e le spalle, facendo sfiorare la mano dietro al collo, dove l'aveva appena toccato l'uomo, e lo guardò di sottecchi per nascondere il rossore in viso: lo riconobbe inaspettatamente. In verità, non ne conosceva il nome, ma la stessa sera, prima di giungere alla taverna, lui si era avvicinato, e i due avevano scambiato una lunga chiacchierata, quasi come fossero vecchi amici. Zaffiro non si sarebbe aspettato di incontrarlo, ma dopotutto ne era felice. L'uomo di forte e virile aspetto l'aveva ammaliato con le sue parole, dalle quali pareva di ricevere forza e protezione, ma soprattutto, era stato gentile: spesso questo aspetto degli animi lo conquistava prontamente.

Zaffiro poggiò una mano sotto al mento, fissando attentamente il nuovo amico e senza timore mentre quest'ultimo veniva distratto. Era affascinate, la sua figura era sicura ed altezzosa, il sorriso bello e sincero che volgeva a tutti, stringeva fra le mani un bicchiere pieno di rum, intanto il vento gli spostava il leggero tessuto della camicia grezza, scoprendo il petto ampio e villoso. Zaffiro si accorse subito di essere rimasto a contemplarlo con occhi predatori, così scosse subito il capo per riprendersi e far finta di nulla. Cominciò a guardare altrove, ma l'uomo, utilizzando la voce, riuscì ancora a sedurlo. Cantava con un sorriso divertito, teneva ancora il bicchiere di rum in una mano, e con l'altra si spalleggiava con un amico in mezzo alla taverna, alcuni più in là lo accompagnavano con strani aggeggi capaci di produrre musica: Zaffiro scoprì che questa esisteva anche nel mondo degli uomini di terra, un po' come i tritoni che usavano le conchiglie.

Alcuni ubriachi ai tavoli cominciarono ad accompagnarlo con le mani, e tutti parlavano a voce più bassa, perfino il forte vento aveva cessato di soffiare per poter far cantare loro. Quant'erano meravigliosi gli uomini di terra!

L'uomo mosse lo sguardo su Zaffiro, ricambiando il suo sorriso, e sembrava che cantando si stesse rivolgendo a lui poiché non osava più scostare gli occhi. Cosa cantava? Stava raccontando di un ragazzo, un misterioso giovane giunto in quella città di notte, una notte luminosa in cui la Luna splendeva chiaramente. Il ragazzo era stanco, e finalmente giunto il mattino seguente trovò qualcuno, qualcuno capace di prendersene cura, che gli piaceva, che aveva fatto innamorare quel pirata. Che voce melodiosa! Zaffiro ne era rimasto incantato! Nessuna voce di tritone o altra bestia del mare l'avevano mai fatto emozionare in quella maniera! Il ragazzo ricambiò il sorriso dell'uomo, forse il suo volto era roseo, e gli occhi lucidi di commozione.

Il Cuore di  ZaffiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora