Capitolo 5: Addio Port-au-Prince!

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Zaffiro aprì cautamente i suoi occhi, convinto che fuori fosse ancora sera, invece, vide che dalle assi di legno che coprivano irregolarmente le finestre filtravano i raggi di Sole. Era mattino? O forse un caldo pomeriggio. Il ragazzo si alzò col busto, stiracchiando le braccia e lasciandosi andare in un sonoro sbadiglio. Nonostante fosse solo, chiuso da chissà quanti giorni in quella stanzetta, Zaffiro trovò piacevole poter riposare in un tranquillo silenzio fra le lenzuola di un soffice letto, seppur sudicio e rattoppato, e disturbato da strane e piccole creature di terra; il suo sonno era stato molto più confortevole di tutte le altre notti trascorse. Il ragazzo fece un sospiro, gattonando fino alla parete dove poggiò il capo e guardò un po' per tutta la stanza: era circondato da inutili cianfrusaglie: si soffermò dapprima su vecchi vestiti, alcuni gettati a terra, altri poggiati su bassi ripiani, erano ricchi e sfarzosi, probabilmente appartenevano al Governatore. Si scostò poi su dei particolari suppellettili, erano gettati a terra, di piccole dimensioni, impreziositi con graziosi ornamenti floreali e dorati, chissà a cosa servivano? Notò anche, vicino ad essi, uno di quei buffi animali di terra, piccoli e dal manto scuro, con le orecchie grandi ed una coda lunga, facevano un verso strano e fastidioso; dopotutto però, gli faceva compagnia in quei momenti d'angoscia. Zaffiro sorrise e tentò di richiamarlo a sé, ma questo sgattaiolò via e sparì dentro alla parete.

Il ragazzo si rassegnò e si concentrò stavolta su di un punto fisso, mentre rifletteva sulle sue misere condizioni. Non riusciva a capire in quale notte avvenne lo sfortunato incontro con il Governatore René Montaudouin. Come la prima volta, il Governatore lo aveva scambiato per un "pirata", e lo aveva punito ingiustamente. La stessa notte, inoltre, venne ferito al braccio, probabilmente a causa di una di quelle armi lunghe che avevano gli uomini di terra, capaci di colpire anche lontano dalla vittima. Non ricordava dove i francesi l'avessero portato, ma da ciò che riuscì ad ipotizzare quella villa doveva appartenere a Renè. Ogni tanto giungevano in quella stanza un paio di uomini per medicargli la ferita e portare del cibo. Il braccio gli era completamente guarito e non era mai affamato, aveva avuto una fortuna! Dopo un po' che viveva con gli uomini di terra, stava cominciando a capirli. Zaffiro ipotizzò che probabilmente quel benessere era dovuto alla menzogna detta da lui: era francese e figlio di un marinaio. Di storie simili ne aveva ascoltate tante alla taverna, lui le aveva semplicemente ripetute, e adesso non era a lavorare come uno schiavo in mezzo alle piantagioni.

Zaffiro si lamentò sottovoce, infilandosi ancora sotto alle lenzuola, si girò e rigirò, pensando a Leo ed Oliver. Gli mancavano molto, ma oramai tutto era andato perduto, la nave per l'Avana doveva essere già salpata senza di lui. Sarebbe mai riuscito a lasciare Port-au-Prince? Accadevano solamente disgrazie dietro altre! Ed a tal proposito, ricordò che presto sarebbe giunta una sera senza Luna, che per lui stava ad indicare il ritorno alla sua natura: solamente per quella notte gli sarebbe rispuntata la coda. Ma come poteva fare se questo accadeva nel mentre lui era ancora bloccato in quella stanzetta?

Zaffiro si agitò a causa delle sue stesse riflessioni, ma tutto svanì quando la porta venne spalancata violentemente. Il ragazzo scattò in piedi, restando fermo con le braccia lungo i fianchi, quella volta ne erano giunti due. Uno più giovane, alto e forte, la chioma scura come la pelle, l'altro più anziano, calvo e poco più basso. Indossavano entrambi vesti pulite: una camicia chiara, i calzoni fino alle ginocchia e inusuali ciabattine. Questi entrarono parlottando fra di loro, ignorando completamente Zaffiro.

"Perché dobbiamo occuparci noi di questo disgraziato? Non sono di certo uno della servitù io!" si lamentò il più giovane, lanciando uno sguardo di disprezzo a Zaffiro, che in segno di umiltà chinò il capo.

Il più anziano scosse il capo, e facendo un sospiro amareggiato si allontanò dall'amico, portando all'interno un vecchio recipiente in legno pieno di acqua fumante "René non vuole che la servitù possa toccare con mani indegne uno dei suoi "gioielli", dice che potrebbe rovinarli ed a quel punto non potranno mai diventare uomini valorosi" spiegò con voce stanca. L'altro portò gli occhi al cielo, ed incrociando le braccia al petto sembrava non essere intenzionato a dare aiuto all'anziano. Quest'ultimo allora portò su le maniche della camicia, e restò chinato sulla bacinella intanto che preparava l'acqua con profumi e saponi.

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