ʻʻNon buttarla via, Jeongguk.ʼʼ Diceva sempre Yoongi.
Jeongguk ricordò di averlo guardato, confuso, finché Yoongi non ritenne opportuno chiarire.
ʻʻLa tua adolescenza,ʼʼ spiegò. ʻʻNon sprecarla. È veloce come la durata della vita di una farfalla. E se ne andrà prima che tu te ne accorga,ʼʼ indicò il suo piccolo e squallido appartamento. ʻʻLʼetà adulta non è entusiasmante, Jeongguk. È dura, difficile e fa male. Quello che hai ora, lʼinfanzia, è preziosa. Non sprecarla desiderando di essere più grande.ʼʼ
Yoongi era un uomo di poche parole. Quando parlava, sceglieva con cura le parole da usare. Quando parlava, Jeongguk ascoltava.
Quindi, per ogni momento che sprecava a desiderare di poter crescere, ne passava altri due a godersi la giovinezza. Entrò nei club scolastici. Iniziò a studiare arti marziali e a ballare.
Il liceo, una volta arrivatoci, andava bene. I suoi genitori gli avevano permesso di iscriversi a una scuola a Seoul, così che potesse stare più vicino ai suoi amici. Viaggiava da casa ogni giorno, anche se spesso i suoi hyung lo lasciavano dormire da loro. Namjoon lo aiutava a fare i compiti quando ne aveva bisogno, a volte cantava per Yoongi e non soffriva mai la fame, non con Seokjin che cucinava tutte le volte.
Quando Jeongguk compì quindici anni si fece un amico un ragazzo dalle guance da cherubino di nome Park Jimin, che aveva due anni in più ma era alto esattamente quanto lui. Jimin era un ballerino incredibile e lui e Jeongguk iniziarono ad andare in studio insieme. Egoisticamente, Jeongguk cercò il più possibile di tenere Jimin lontano dai suoi hyung. Voleva un amico che fosse suo, uno che non dovesse condividere.
Ma era inevitabile che Jimin alla fine incontrasse qualcuno dei suoi, e dopo il divertimento iniziale di guardare sia Jimin che Yoongi scambiarsi occhiate fugaci, un giorno Yoongi venne a prenderlo da allʼallenamento, e Jeongguk pensò, cupamente, che potrebbe essere un guaio.