Jeongguk strisciava i piedi nel terriccio fuori dal condominio di Seokjin, alla ricerca di un ciottolo che fosse abbastanza grande da fare rumore, ma abbastanza piccolo per non rompere il vetro quando lʼavrebbe lanciato. Alla fine, ne trovò uno che sembrava essere arrivato fin lì dal letto di un fiume, con il tipo di superficie ovale, liscia, perfetto per saltare sullʼacqua.
Jeongguk lo raccolse, si allontanò dallʼedificio, mirò la finestra del terzo piano di Seokjin e lo scagliò.
La roccia colpì il vetro con un piccolo ciocco, e Jeongguk si lanciò in avanti, strizzando gli occhi nellʼoscurità, per afferrarla prima che arrivasse al suolo.
ʻʻHyung!ʼʼ Urlò sussurrando, lanciando il sasso una seconda volta.
Ci vollero altri quattro lanci prima che la finestra di Seokjin si aprisse, e poi un altro sussurro: ʻʻHyung!ʼʼ Prima che la testa di Seokjin facesse capolino dalla finestra. Era difficile vedere nellʼoscurità, ma Jeongguk riusciva appena a distinguere il suo cipiglio scontento e la testata arruffata dal letto.
ʻʻCosa?ʼʼ Sibilò Seokjin, stropicciandosi gli occhi. ʻʻJeongguk? Sei tu?ʼʼ
ʻʻSì, sono io, hyung.ʼʼ Rispose Jeongguk, allungando il collo verso lʼalto.
ʻʻSei pazzo?ʼʼ Chiese Seokjin, la voce roca dal sonno. ʻʻJeongguk è notte fonda. Cosa stai facendo?ʼʼ
ʻʻNon rispondevi ai messaggi.ʼʼ Disse Jeongguk, e Seokjin sbuffò.
ʻʻÈ notte fonda.ʼʼ Ripeté. ʻʻStavo dormendo.ʼʼ
ʻʻNo,ʼʼ continuò Jeongguk, un poʼ impaziente. ʻʻNon rispondi ai messaggi da mesi. Mesi, hyung. Voglio solo parlare.ʼʼ