Cap. III

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Era passata una settimana da quando Camilla era arrivata al Campo Mezzosangue e non era ancora stata riconosciuta.
Lei era piuttosto contrariata, ma non lo dava a vedere.
Aveva provato in tutti i modi a dimostrare agli altri che era una figlia di Poseidone, aveva modellato l'acqua, si era buttata nel mare per uscirne dieci minuti dopo completamente asciutta.
Ma nessuno le credeva.

Aveva provato a combattere con ogni arma ma era portata solo con il pugnale, peró doveva trovare qualcosa in cui era brava.
Chirone aveva annunciato che in pochi giorni ci sarebbe stata la Caccia della Bandiera e quest'anno le squadre erano guidate da Nike e Ares.
La prima si era alleata con Ermes, Ecate, Tyche, Percy, Atena e Zeus, che (modestamente) era formato dai piú forti semidei del Campo.
Ares si era alleato con il resto delle Capanne.

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«Allora, questo é il piano:» esordí una figlia di Nike, Helen, quel venerdí. «Percy sta al confine, vicino al fiume. Tyche in attacco noi e con Zeus,  Atena distrae gli altri e Ermes si divida, alcuni distraggono e il resto sta in difesa al confine.» e tutti annuirono, sparpagliandosi.
Io e Jason scattammo in avanti non appena fu dato il via, con Tyche alla destra e Nike a sinistra.
Davanti a noi si ergeva un muro di piante erette dai figli di Demetra e Dioniso.

«Poveri illusi!» urló da dietro un figlio di Tyche

Velocemente io e Jason la abbattemmo con un fulmine e corremmo verso la bandiera, in bella vista sul pugno di Zeus.
Davanti a noi c'erano la Capanna di Ecate e di Apollo, pronte in difesa.
Tyche e Nike si fiondarono contro di loro e io e il mio fratellastro continuammo la corsa verso il sasso dedicato a nostro padre.
Eravamo quasi arrivati ma qualcuno dietro di noi ci attaccó.

Mi voltai alla velocitá della luce e alzai la spada, che cozzó contro quella di Nico.
Jason non era stato altrettanto fortunato. Hazel gli aveva tirato un calcio e lo aveva fatto cadere si faccia, ora lo stava bloccando a terra con il piede.
Io e Nico iniziammo a combattere, ferro dello Stige contro bronzo celeste. Provai una finta, facendo un affondo e poi colpendolo sul braccio.

«Hey, non vale ferire!» si lamentó il figlio di Ade

«Non pensavo ti infastidisse andare in infermeria.» dissi, lui arrossí. «Sai com'é... C'é Will.»
Lui diventó ancora piú rosso, se possibile, e attaccó.
Dopo pochi minuti  lo stesi e lo lasciai dolorante sull'erba, mentre mi dirigevo con tutta la calma del mondo verso la bandiera.

«Di immortales!» strillai

Diario di una Semidea Sclerata - Il PortaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora