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Questo è ufficialmente il capitolo più lungo che io abbia mai scritto; ho iniziato a scriverlo perché avevo un momento di ispirazione, senza pensare che l'avrei finito. Ma, all'1:20 di notte, mi sono ritrovata a rileggere il capitolo intero. L'ho scritto di getto, senza dover stare delle ore a pensare a come trasformare le idee che ho su carta. Non voglio dilungarmi ancora perché avete tanto da leggere; chiedo scusa per la lunghezza eccessiva di questo capitolo (sono quasi 5500 parole e so che è una follia, ne sono consapevole), ma almeno avrete l'occasione per capire bene la situazione. E chissà, magari gioire perché i due protagonisti risolvono...😘
Buona lettura!

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•Isabella's pov•

Dimmi come si fa a rialzarsi
Anche quando fa male
E continuare
Ad allacciarsi le scarpe
E ripartire da zero
A ricordare che niente e nessuno
Può rubarti il futuro

Quando sono salita in macchina e ho sentito che alla radio era partita questa canzone, la prima cosa a cui ho pensato è che questo è un complotto; credo che i testi di Laura Pausini racchiudano, ognuno in modo diverso, il mio rapporto con Davide. Questa canzone, in particolare, mi fa riflettere su questo periodo e sembra che non sono l'unica che lo pensa.

«Se vuoi, spengo la radio e attacco il mio telefono.» Mi dice, girandosi verso di me e muovendo il suo braccio destro in avanti per spegnere la radio.

«No, non preoccuparti; dovresti sapere che amo la Pausini, ma questa canzone in questo momento non è proprio la più adatta.» Gli rispondo, facendogli capire che la pensiamo allo stesso modo.

«Te l'ho chiesto proprio per questo, dimenticandomi che non sarebbe una novità se collegassi il tuo telefono senza dirmi nulla.» Dice ciò e si fa scappare una risata.

«Se vuoi posso farlo anche adesso, facendo partire una bella playlist di canzoni melodrammatiche, proprio come piace a te.» Mi abbasso per prendere la borsa, ma la sua mano che si posa sulla mia interrompe ogni mio movimento. Cerco di ignorare i brividi causati da questo minimo contatto, ma è impossibile; e il ragazzo alla guida sembra accorgersene. Toglie la mano e mi chiede scusa.

«Davide, non scusarti; non possiamo negare l'attrazione che ancora c'è tra di noi.» Gli dico, posando successivamente la mia mano sulla sua, appoggiata al cambio. Vedo che fa un sorriso e, senza mai staccare gli occhi dalla strada, mi dice:

«Quindi se la mia mano dovesse finire casualmente nel punto in cui era solita stare, non rischio di beccarmi uno schiaffo?» Più che uno schiaffo, rischieresti di cenare da solo vorrei potergli dire, ma mi trattengo.

«No, non rischieresti uno schiaffo; ma non vorrei esagerare, Davide. Almeno fino a quando non ci siamo chiariti del tutto; credo che tu possa immaginare quanto mi manca sentire la tua pelle a contatto con la mia, ma non mi sembra il caso adesso.» Cerco di essere il meno distaccata possibile, per fargli capire che non dobbiamo fare un passo più lungo della gamba. Siamo usciti perché dobbiamo parlare e qualche carezza non può sistemare la situazione.

«Immaginavo che mi avresti detto una cosa del genere, ma hai ragione; ma per parlare di queste cose abbiamo tutta la serata. Ora parliamo di altre cose.»

«Tipo, potresti dirmi dove mi stai portando.»

«Oppure, potresti dirmi da quando hai una camicia nell'armadio.»

«Te l'ho fatta prima io la domanda, quindi tocca a te rispondere.»

«Fuori Milano.»

«Guarda, non l'avevo capito; stiamo andando forse verso Brescia?»

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