Abbiamo appena lasciato Alice di fronte alla chiesa di Santa Lucia e dopo averla vista sparire in una delle stradine più interne ci allontaniamo lentamente. C'è un lungo silenzio, poi Raymond chiede
<<Vogliamo andare anche noi di là? Abbiamo la macchina, di certo la raggiungiamo.>>
<<E se incontriamo uno di quelli?>>
Chiede Daniele e Raymond risponde
<<Lo incontrerebbe lei da sola se non ci andiamo.>>
Ha ragione, anche io ho spesso pensato di seguirla fino a casa almeno una volta, così in futuro avremmo potuto accompagnarla anche se lei non voleva. Ma anche io in fondo ho paura degli assassini e Daniele mi incoraggia a rifiutare con il suo modo di fare. Devo dire che se qualcosa va contro i suoi interessi lui non la fa, indipendentemente di chi sia coinvolto. Guardo Mario che dopo un attimo incrocia il mio sguardo e risponde
<<Ehm...si, credo si possa fare. È ancora abbastanza presto. Al massimo facciamo un giro intorno a quella zona, dovrebbe essere ancora per strada.>>
Come al solito Mario è quello più razionale e giusto. Daniele invece dice di dover andarsene ora perché suo padre è preoccupato.
Lo lasciamo lì prima di andarcene e Raymond, sbuffando, borbotta
<<Quando ti va bene fai tanto il gentile...>>
Mi dispiace, vedo che è risentito del fatto che se ne sia andato, perché, anche se nessuno lo dice, tutti pensiamo che quella di Daniele sia stata solo una scusa, così come sappiamo dell'"affetto" che Raymond prova per Alice. Daniele è stato egoista non fare compagnia ad un suo amico, specialmente se sono così legati come dicono di essere.
Facciamo il giro dell'isolato, girando più volte per quelle stradine, ma niente: sembra scomparsa nel nulla. Raymond inizia ad agitarsi e nonostante io cerchi di rassicurarlo, quel pensiero terribile assale anche me. Ma Mario, con tranquillità, dice
<<Ma guardate che forse una di queste è casa sua, ha sempre detto di abitare vicinissima a qui e non è mai stata in ritardo quando ci siamo dati appuntamento nella zona.>>
Io accredito il più possibile quella possibilità anche perché rassicura anche me.
Ci rassegniamo.
Mi faccio lasciare fuori casa, ora ho paura di camminare per strada da sola, anche se la distanza è breve perché continuo a pensare al peggio per Alice.
Apro il portone. Accendo le luci in cortile cercando di avvicinare il più velocemente possibile l'accendino allo stoppino immerso nell'olio. Chiudo il portone. Corro ad accendere le luci sulla scala. Spengo le luci nel cortile e corro sulle scale. Ripensandoci è un rito abbastanza stupido, ma se nel buio ci fosse qualcosa? Meglio non rischiare. Dovrò iniziare a mettere una lanterna dietro al portone. Entro in casa, chiudo la porta e lancio la borsa sul divano. Con fare stanco accendo una sola lampada e mi avvicino al frigo, credo si debba cambiare il ghiaccio all'interno se si consuma le cose dentro non si terranno fresche per più di un'ora; fa caldo e ho bisogno di qualche bevanda fresca, spero sia avanzato del thè alla pesca. Mentre lo cerco con lo sguardo, sento una voce alle mie spalle
<<Siete a corto di birra.>>
Mi volto di scatto e indietreggiando urlo di spavento. Inciampo nel piede di una sedia. Cado all'indietro. Sulla poltrona in mezzo al salotto c'è un uomo! È vestito di abiti in pelle nera, da lui proviene un puzzo nauseante di alcool, i suoi capelli unti e scuri, striati di grigio accentuano la sua area trasandata. Ha una cinquantina d'anni e i suoi occhi marrone chiaro sono soprastati da folte sopracciglia grigie. Ma oltre a questo non riesco a distinguere chiaramente il suo viso, non capisco. Sono stanca? La paura mi sta annebbiando la vista?
STAI LEGGENDO
Abate del terrore
HorrorUn assassino che non lascia tracce, una setta di folli che lo emulano e lo venerano, un territorio piombato nel caos e pochi che ormai provano ad opporsi. Il sole sta calando all'orizzonte, la gente si barrica nelle proprie abitazioni, la notte del...