CAPITOLO II

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*

L'assordante rumore della campanella rimbomba nelle orecchie per il consueto minuto, per annunciare l'inizio delle lezioni.

Attraversare i corridoi, arredati con i numerosi armadietti rossi e percorsi da centinaia di studenti, è sempre un'emozione. Sorrido e ne sono consapevole.

Passo non poco inosservata tra la massa di adolescenti dal viso abbronzato dall'estate. Posso però dire di non essere io ad attirare con tanta attenzione, fortunatamente, ma si tratta di Marlene. E non biasimo certamente tutti i ragazzi che la guardano quasi sbavando oppure le ragazze che parlottano tra di loro con gli occhi sottili dicendo non so quale cattiveria nei suoi confronti solamente perché è senza dubbio una delle ragazze più belle dell'istituto.

Ma, nonostante la popolarità, Lene rimane umile e pare non accorgersi della sua notorietà, ed è questo che molto le invidio.  Al contrario della sua rivale storica, Narcissa Black, non tenta in tutti i modi di farsi notare e forse è anche questo suo lato ad attrarre la fila di pretendenti che ammirano i suoi lunghi capelli biondo cenere e i suoi grandi occhi amichevoli.

Guardo velocemente le mie amiche, che chiacchierano allegramente lanciando ogni tanto sguardi di saluto. Sono fiera delle persone che sono, siamo, diventate in questi 5 anni di liceo. Siamo maturate, non solo fisicamente, potrei osare dire che siamo giovani adulte.

Mi ero appena seduta nel banco nella prima fila insieme a Severus quando, una ragazza dai lunghi capelli corvini e i curiosi occhi ambrati, si avvicina e mi chiede se i miei capelli fossero naturali. Dopo quell'insolita domanda non potei fare a meno di ridere e tutt'ora ridacchio al pensiero. Era Mary e, nonostante il taglio netto di capelli, non è cambiato il suo modo di fare, è così ancora estroversa e indiscreta. Appena mi rivolse la parola, Lene e Alice fecero capolino dalle spalle dell'amica, scusandosi per l'importunità della domanda.

E fu così che nacque una grande amicizia, la migliore che abbia mia avuto.

Emmeline si trasferì a Londra in 3^ e, data la sua immensurabile timidezza, dovemmo coinvolgerla noi. Ci volle un po' prima che prendesse confidenza, ma ora è come un libro aperto e non potrei esserne più orgogliosa.

*

«Pad, smettila di tenere entrambi gli auricolari nelle tue luride orecchie e condividi»
«OH SIRIUS, MI SENTI?» urla James, togliendomi le cuffie avventandosi sui miei poveri timpani che ora chiedono aiuto.
«Cazzo James, ora non sento più» lo sgrido «che vuoi?»
«Mmm niente, volevo solo sentire un po' di musica»
«Non ora Prongs, mi sto godendo il momento»
«Mi spiace interrompere il tuo momento zen, Sir, ma qualcuno si sta avvicinando spaventosamente velocemente ai nostri banchi» avvisa Peter, indicando con la testa tre ragazzi che puntano in modo deciso l'area Malandrini.

«Mocciusus&Company, che piacere rivedervi! Oso quasi dire che mi siete maledettamente mancati durante le vacanze» accolgo col sorriso intriso di sarcasmo.
«Black, per quest'anno è meglio se la bocca la tieni chiusa»
«Oh oh oh non squadrarmi così da testa a piedi, Mulciber, ho solamente dato voce alle mie reali emozioni»
«Perché noi siamo per la verità!» sostiene Prongs, alzando il braccio destro e rivolgendo prima uno sguardo ironico a me e poi ai tre dell'ave Maria.

I tre moschettieri ignorano il commento di James, nonostante secondo me dovesse ricevere più riconoscimento, e iniziano a puntare Remus, che fino ad ora era rimasto dietro le mie spalle, come uno spettatore, ad osservare e ascoltare e soprattutto a salvarci il culo prima che la situazione degeneri.

Perché è questo Remus Lupin: un semplice ragazzo dagli occhi e capelli miele, con una spruzzata di lentiggini sulle guance arrossate dal sole estivo e attraversato da cicatrici pallide, monito dell'infanzia passata in casa di un marcio ubriacone, che appena sente presagio di pericolo interviene riportando la pace. Più o meno.

«Lupin» il tono sprezzante di Malfoy rompe il silenzio «siamo proprio felice di rivederti»
Sorridono tutti e tre, con un sorriso uno più inquietante dell'altro.

Inconsciamente, allungo il braccio verso Remus, per difendere la metà corpo non protetta.
«Ah e noi altri no?!» intervengo offeso, girandomi verso Remus che scuote la testa. Non è il momento.
Io sono realmente ferito, e leggo pure negli occhi ridenti di James lo stesso dolore.

«Oserei quasi dire che è reciproco, ma tendenzialmente non sono così audace» risponde infine Remus calmo, voltandosi e tornando a sedersi nel posto di fianco al mio.

*

«Ragazzi, come ben sapete questo è il vostro ultimo anno di liceo, tutti si aspettano da voi il massimo dell'impegno. Cercate di non deluderci»

Sbaglio o era una frecciatina innegabilmente indirizzata a noi?

Che poi non è nemmeno vero che non siamo studenti diligenti. Non siamo esattamente il modello da seguire, ecco. Tranne Moony, ovviamente, lui è l'incarnazione della perfezione a cui tendere instancabilmente.

È senza ombra di dubbio il miglior studente che la Royal Academy abbia avuto in chissà quanti anni, dopo la Evans naturalmente. Ma lei non fa testo. È una di quelle insopportabili, puntigliose, meticolose creature, eppure a tanta gente sta simpatica. Molti la trovano addirittura carina. Io la definirei a malapena passabile.

Sì vero, bel sorriso, begli occhi verde smeraldo, bei capelli svolazzanti, bel naso sommerso da lentiggini sottili, belle labbra rosee.
Insomma, niente di che.

Al contrario, la sua migliore amica, nonché mia amica d'infanzia, Marlene McKinnon è davvero uno schianto. Ma siamo come fratelli e mai e poi mai permetterei a degli insulsi sentimenti rovinare un rapporto a cui tengo così tanto.

«Pss Prongs»
Mi giro distrattamente verso Peter.
«Hai una matita?»

*

«Hai una matita?»
Da sotto gli occhiali rotondi leggo lo sguardo perplesso di James.
Effettivamente non mi sorprende essere guardato in questo modo. Io, Peter Pettigrew, che chiedo una matita per prendere appunti durante un'ora della McGrannit, quando nemmeno la professoressa spiega.

Devo solo riordinare i pensieri tutto qui.

Afferro la matita, senza alzare gli occhi dal banco per evitare di far decifrare a James il mio tormento. Riesce a leggermi dentro, come se fossi un libro aperto di football, con una semplice scorsa fugace.
Ci conosciamo da sempre, questa è la risposta. E poi Prongs ha quella capacità di capire tutti e tutto, è la persona più empatica e comprensiva che conosca, e mi spiace che spesso i suoi modi di fare e il suo aspetto lo facciano sembrare esattamente il contrario.
È un amico d'oro e farei di tutto per lui.

Abitiamo nella stessa via, lui un paio di case prima della mia. I nostri genitori sono grandi amici e anche noi siamo quindi cresciuti in questo clima di simpatia.
Compagni di banco alle elementari, alla medie e tutt'ora siamo l'uno di fianco all'altro, più per abitudine che per sentimento.
Eppure nonostante questa vicinanza mi sembra di essere più lontani che mai.
È una sensazione che provo da parecchio, più precisamente da quando abbiamo conosciuto Sirius. È come se mi avesse sostituito con Padfoot e non lo biasimo nemmeno.
Lui, il ragazzo più popolare e attraente di tutta la scuola, capitano della squadra di football, uno studente mica male, che gira con me, povero ragazzo grassottello, incapace di fare tutto, in modo particolare di interagire socialmente. Forse non ne sono più all'altezza.
Siamo su due pianeti diversi, ma questo non aveva mai pesato così tanto.

Scarabocchio parole sconnesse e ripasso più e più volte le stesse.
Paura, abbastanza, altri.

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