Capitolo 1

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Era maggio, un maggio un po' più freddo rispetto al normale. Noah non era abituato ad indossare capi così caldi in un periodo come quello ma, nonostante tutto, si sentiva a suo agio. Era sempre stato uno di quei tipi che adorava l'inverno: le coperte calde, la cioccolata davanti alla TV, Netflix, ammirare la pioggia durante un bel temporale.
Mentre si preparava per uscire ricontrollò il messaggio di Anthony, uno dei suoi amici più cari.

"Ti vengo a prendere alle 19:00 sotto casa, fatti trovare pronto!"

Rimase fermo a fissare lo schermo per poi portare lo sguardo alla finestra. Si avvicinò per vedere il panorama e sorrise ingenuamente nel vedere nuvoloni sparsi ed un venticello particolarmente persistente.
Per lui era tutto nuovo, essere invitato in un gruppo? Quando mai? Non capitava tutti i giorni che un ragazzo di ventuno anni vivesse ancora nella sua bolla, isolato da tutto e da tutti.
La sua vita non era mai stata facile: gay, buono e persino ingenuo. 
Al liceo frequentò un istituto tecnico dove c'erano solo ragazzi. I suoi genitori pensarono che la cosa migliore era spronarlo nelle materie tecniche, così da trovare un lavoro non appena finiti i cinque anni.
Ma se soltanto avessero ascoltato l'unico suo desiderio: le lingue.
La fiducia era una parola sconosciuta in casa sua, la madre e il padre di Noah litigano costantemente con lui, per qualsiasi tipo di situazione: il letto disfatto, il letto fatto troppo bene, il letto fatto troppo male, il non lavorare, il lavorare nelle aziende sbagliate.
Ogni situazione era un motivo valido per fargli capire che doveva andarsene di casa, che era grande ormai.
Aveva soltanto se stesso, nessun migliore amico, nessuna migliore amica.
Quando iniziò a studiare coreano per conto suo e postò una foto su Instagram, la reazione di Anthony lo stupì. Da una conversazione nacque un discorso intero e da un discorso intero partì l'invito.
Anthony e Noah erano amici da quando erano bambini. Frequentano ogni estate lo stesso villaggio turistico, solo che d'inverno si sapeva, ognuno per la propria strada. Ma d'estate le cose erano ben diverse.
Quel villaggio aveva la magia di isolarti dalla realtà e fartene vivere una totalmente diversa, migliore, spettacolare e ricca di emozioni.
Era lì che Noah attraversò la maggior parte delle sue insicurezze, dei suoi drammi e delle sue avversità.
Ogni anno cambiava, perché ogni anno qualcuno si approfittava di lui, della sua bontà, del suo essere sempre a disposizione degli altri. Ma quell'anno cambiò tutto.
Durante l'inverno Noah si imbatté in una delle perdite più grandi della sua vita.
Un tempo lui non era solo, aveva un amico che però si comportava in tutti i modi, tranne che da amico. Tutti li adoravano insieme, sembravano essere nati per stare l'uno con l'altro. La complicità che avevano era unica. Si guardavano, si stuzzicavano, piangevano insieme e si dicevano cose soltanto con gli sguardi.
Fu proprio lui la causa dei suoi problemi negli ultimi due anni. L'indecisione di questo ragazzo verso Noah non ha portato altro che sofferenza nella sua vita ed era per questo che Noah nel corso degli anni cambiò radicalmente.
Non sapeva se fosse un bene o se fosse un male, sapeva soltanto che quell'inverno tutti quei problemi lo portarono in un punto di non ritorno.
Nel novembre del 2018 Noah arrivò sul punto di togliersi la vita. Ci pensò ancora, ancora e ancora, quando la causa dei suoi problemi decise di denigrarlo e rinnegare se stesso. Raggiunse un punto di non ritorno e se ne vergognava. Attraversò il suo "periodo oscuro" come lo definiva lui. Odiava la vita, non aiutava gli altri, anzi, li allontanava. Rimase solo. Quattro mura, una TV e la sua anima distrutta, ecco cosa gli era rimasto.
La causa dei suoi problemi aveva un nome: Tom.
Noah non sentì più Tom da quel novembre e per lui era come se fosse morto. Magari un po' esagerato, ma se quello era il nuovo lui, voleva essere esagerato e non solo.
Verso gennaio incontrò un ragazzo che seppe rimettere insieme i pezzi del suo cuore distrutto. Il suo nome era Evan e non pretese nulla da lui.

"Lasciati amare, ti prego." Gli disse una volta in camera di Noah.

Noah lo fece. Si lasciò "amare" da qualcuno che però non amava ma per cui provava molto affetto ed era questa la più grande differenza. Come si può amare qualcuno per cui si prova soltanto bene? Come dire a quella persona che forse, sotto sotto, era stato egoista e aveva pensato solo a ricevere del bene e non a darlo?
Noah ripensava sempre a Evan e sperava che stesse bene. Si lasciarono verso aprile, era la cosa migliore per tutti e due.
Quando tornò single Noah provò un senso di liberazione, il che non fece altro che fargli capire che l'amore era ben diverso. Chi ama si dispera, chi ama piange, chi ama non lascia andare l'altro così facilmente.
Rimasero in buoni rapporti però, quella fu una delle vittorie per cui Noah ne andò più fiero. Voleva avere la libertà di salutarlo, un giorno, semmai lo avesse incontrato, per strada, e non evitarlo come fanno tutti con i loro ex.
"Ex". A quella parola Noah sorrise ingenuamente mentre si vestiva.

"Sono giù e tu non ci sei, sbrigati o ti lascio a piedi." Il messaggio di Anthony rallegrò Noah che, mentre si spruzzava le ultime gocce di profumo che gli erano rimaste, fece un respiro profondo davanti allo specchio.
La serata era semplice: lui, Anthony e Julienne in un pub. Cosa poteva andare storto?
Quando i due si incontrarono si fermarono per un lungo abbraccio. Si erano mancati, nonostante non se lo dicessero tanto spesso, si volevano un bene immenso. Anthony era la tipica persona che ti organizza la serata e che, se qualcuno ti fa del male, sono affari tuoi. Dimostrava l'affetto con i fatti e non con le solite parole smielate. Forse era perché spesso i maschi si privano della loro parte migliore per un'immagine pubblica della quale a nessuno frega nulla, o forse perché essere etero ti portava ad essere così.

Come un tuono all'improvvisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora