Per me era tinta.

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-Questa sarà l'ultima volta che viaggiamo insieme, garantito.-
Mettiamo in chiaro le cose: lui esagerava. Inoltre non è che mi piacesse farlo arrabbiare, eh; non è che mi piacesse picchiarlo, strappargli le camicie, finirgli le sigarette o urlagli addosso, eh. Era tutta colpa della licantropia, che aveva accentuato ogni aspetto 'violento' del mio carattere. E inoltre, che ci odiavamo, era un dato di fatto dal liceo. Io, Gwendolyn Cryseide, e lui, Samuel Von Klein, eravamo più opposti dei due poli.
-Nel senso che, se continui a rompere, sarò costretta ad impalarti il cuore con i miei artigli.-
-Tremo come un gattino.- Rispose sarcasticamente Sam, in modo impassibile. –Gwen tu minacci tutti ma, con quelle due tette enormi che ti ritrovi, non fai proprio paura a nessuno.-
Va bene che io ero un'aspirante licantropo fuori controllo, ma perché non vedere tutta quella situazione da un altro punto di vista? Lui, tutti quei graffi, se li cercava. Sollevai il braccio per assestargli uno dei miei pugni soprannaturali quando improvvisamente mi ritrovai la sua mano stretta attorno al polso. Mi bloccò così velocemente che non lo vidi nemmeno alzare il braccio. Noi licantropi eravamo forti, ma quanto a velocità... i vampiri erano incredibili.
–No, carina! Per oggi fai la brava.-
-Brava un paio di caz...-
-Salve, come posso aiutarvi?- Una giovane donna con fluidi capelli verde muschio e occhi d'ametista apparve da dietro il bancone della reception delll'hotel. Indossava un tailleur blu scuro che le calzava a pennello, ma che in confronto all'area medievale dell'hotel era un pugno nell'occhio. –Una matrimoniale? Abbiamo appena finito di restaurare quella stile barocco.... inoltre, se decidete di pagare un extra, potrete partecipare ad un'escursione che comprende una cena romantica in sella a un drago che vi mostrerà dall'alto la città. Anzi, sapete che vi dico? Ve la prenoto! Va bene per dopodomani? Ah, scusate, forse ho frainteso. Siete fratelli, vero? Dovevo immaginarlo. Potreste non dirlo al capo? Ho paura che questa volta mi licenzierebbe.- Tirò le labbra in un sorrisetto nervoso, si guardò intorno e sistemò una ciocca verde dietro l'orecchio.
Io e Sam dimenticammo completamente il litigio di poco prima e restammo a fissarla a bocca aperta, senza dire una parola. Fino a quel momento avevo sempre pensato che la persona più logorroica al mondo fosse Eloise Lockwood ma lei... Lenya Delle Terre del Nord (Così recitava il cartellino) la superava di parecchio. Tutta quella parlantina mi fece così incazzare che l'unica cosa che fui in grado di dire, fu':
-Ora ti spacco di botte.-
A quel punto intervenne Sam che mise una mano fra di noi per bloccare ogni tentativo di omicidio.
-Una doppia sarebbe perfetta, grazie.-
Con un amabile sorrisetto zuccherino Lenya Delle Terre del Nord fu' lieta di consegnarci le chiavi della camera numero sessantanove. Inutile quanto Sam ignorasse la cosa: per me la simpaticona l'aveva fatto apposta. Una volta dentro l'ascensore il ragazzo a cui nessuno poteva resistere si degnò di darmi una lezione di sopravvivenza.
-Quella era una ninfa.- premette il pulsante per il quinto piano –E a meno che tu non voglia morire, ti consiglio di non provocarne mai una.-
Concetto afferrato: se avevo voglia di fare a botte con qualcuno adesso sapevo dove cercare.
-Per me era tinta.- Commentai quando si aprirono le porte, mettendo piede in corridoio. –Eloise mi darebbe ragione.-
A dir la verità Eloise ne avrebbe già fatto una discussione a livello mondiale. Come sempre quando la tiravo in ballo, Sam si limitò a sorridere freddamente. Per la centesima volta mi ritrovai a chiedermi cosa, di quel ragazzo, le avesse fatto perdere la testa. Il modo in cui la ignorava? O come non si era presentato al loro primo appuntamento? Avevo proprio voglia di entrare nella testa di uno dei due per capire meglio il loro rapporto. Lei era totalmente persa di lui e lui era totalmente perso di lei... ma in maniera diversa. Si mostrava gelido ogni volta che la si nominava, eppure tutte le volte che temeva fosse in pericolo correva a salvarla. Povera Eloise: provavano l'uno per l'altra gli stessi sentimenti e di uguale intensità, ma una li definiva 'amore', l'altro 'affetto fraterno'.
-Quanto staremo qui?- Mi sporsi oltre le sue spalle per guardare come girava la chiave nella serratura.
-Giusto il tempo per lavarci,  riposarci e trovare qualche licantropo disposto a darti una mano. Più tardi vado in giro a chiedere se qualcuno ha visto passare un ragazzo ed una ragazza che corrispondono alla descrizione di Eloise e Dimitry. Ti serve qualcosa?- Con una smorfia tirò uno strattone alla porta in mogano, che però non si mosse di un centimetro. –Maledizione, dev'essere difettosa.-
-Non puoi sfondarla e basta?- Decisi di rimandare a dopo la conversazione in cui avremmo litigato perché non avevo proprio voglia di interagire con altri maledettissimi licantropi.
-Tu vai negli hotel e sfondi le porte?- Mi scrutò con un sopracciglio alzato. Aveva senso.
Cominciai a guardarmi intorno, studiando meglio il corridoio in cui mi trovavo; in quel preciso istante stavo sopra un lungo tappeto rosso sangue, iniziai a camminare lentamente osservando le pareti in pietra sulle quali erano appese delle foto in bianco e nero, che sembravano ritrarre l'evoluzione, nel tempo, della città che c'era oltre quelle mura. Mi fece uno strano effetto vedere con i miei occhi quanto quel posto fosse antico tanto quanto Lockwood. Sapevo della sua esistenza da neanche un mese, eppure era sempre stato dietro casa mia... diedi un'ultima occhiata ai candelabri appesi, chiedendomi se le fiamme fossero opera di un semplice accendino o qualche magia, poi tornai da Sam che nel frattempo era riuscito ad aprire.
-Dai entriamo, c'è troppo silenzio qua fuori...- incitò con una certa fretta, lasciandomi passare per prima. Quella frase mi stupii: ero convinta di essere l'unica, lì fuori, a sentirmi a disagio... come se, nonostante il silenzio, nelle altre stanze ci fosse qualcuno che dormiva aspettando il calar della notte. Quindi anche Samuel Von Klein provava inquietudine? Interessante.
La stanza era di circa 14mq,  con due letti a baldacchino attaccati alla parete frontale, due bauli antichi posti ai piedi e con sopra appoggiate delle tovaglie accuratamente ripiegate; sulla sinistra c'era un balcone con le finestre spalancate,  le tende amaranto volavano dentro in maniera quasi inquietante, come se qualcuno le muovesse da sotto. Non appena Sam chiuse la porta alle sue spalle le candele e il camino si accesero improvvisamente, togliendo alla stanza la sua aria spettrale e rendendola più calda e accogliente.
-Bel posticino.- Commentai accarezzando il morbido lenzuolo di uno dei letti. –E' chiaro che lavori per il re, se puoi permettertelo..-
-Perché, anziché ficcare il naso nella mia vita, non vai fuori a vedere?- Rispose cambiando completamente discorso e prendendo  una tovaglia da sopra il baule. –Intanto faccio una doccia.- poi, prima di chiudersi in bagno aggiunse: -Lo so che muori dalla voglia di vedermi nudo, ma cerca di resistere, ok?- Scoppiò a ridere e con uno scatto fulmineo si chiuse in bagno giusto un secondo prima che uno dei cuscini lo colpisse. Era come stare in stanza con l'alter ego di Eloise, una volta anche lei aveva fatto una battutina molto simile e mi scappò un sorrisetto al ricordo. Volevo davvero poter tornare indietro, col senno di poi non avrei mai lasciato che restasse sola. Sarei partita insieme a lei, ce la saremmo cavate davanti ad ogni pericolo ed Eloise sarebbe riuscita a rincontrare suo fratello. Guardai la porta del bagno e mi chiesi se anche Sam pensasse di aver fatto la scelta sbagliata, ma mi rispose solo lo scrosciare dell'acqua della doccia.
Lei dov'era in quel momento? Stava bene? Dimitry le aveva fatto qualcosa? Erano insieme? Era.. ancora ancora arrabbiata con me? Volevo che sapesse quanto fossero state buone le mie intenzioni, che fin dall'inizio il mio unico pensiero era sempre stato quello di proteggerla; mi ero fidata di Dimitry, mi ero fidata di Sam e mi ero sbagliata. Fin dal principio era sempre stato chiaro ciò che dovevamo fare, Eloise l'aveva ripetuto più volte: restare unite. Avevo proprio voglia di picchiare qualcuno, ma quello non avrebbe fatto altro che rimandare il momento in cui l'avrei rivista; decisi di non pensarci più, di concentrarmi unicamente sul presente e sui miei obiettivi. Mi alzai dal letto, tirai un profondo respiro e seguii il consiglio di Sam: andai in balcone.
Proprio da lì, mentre mi reggevo dalla ringhiera, ammirai Lymasgor, la grande città neutrale.
Nonostante l'hotel fosse lontano dalle strade principali il chiasso s'udiva anche da lì, così come i forti odori di spezie, cibo e avrei osato aggiungere 'sangue'. Quel luogo lo si poteva definire uno scenario medievale inquinato dai mezzi moderni; dal quinto piano, essendo in collina, riuscivo a vedere le mura della città e realizzai che era a pianta circolare, composta da edifici in pietra che si accatastavano l'uno sull'altro, alternando vicoli stretti, strade larghe e ponti che collegavano fra loro marciapiedi sospesi a qualsiasi altezza, completamente senza una logica e che, visti sia dal basso che dall'alto, davano la sensazione di una ragnatela. I camini spuntavano dalle pareti senza un verso o una forma ben precisa, tutti diversi e particolari: mi aveva particolarmente colpita uno che rappresentava un piccolo gnomo con una pipa in mano e la bocca aperta, dalla quale fuoriusciva il fumo.
Nonostante mi fossi promessa di non pensarci più, mi venne in mente che a Eloise quel posto sarebbe piaciuto da matti. Inizialmente avrebbe detto qualcosa come 'Che schifo, c'è puzza! Ma come fanno con quell'olfatto mega-sviluppato?' poi, però, si sarebbe messa a correre per i ponti come una bambina e a indicare con incredibile stupore ogni stranezza che vedeva. Ma sapete una cosa? Non importava. A pace fatta saremmo tornate a Lymasgor insieme. 
Quando mi voltai per tornare dentro rimasi sorpresa nel vedere Sam che si sistemava i capelli bagnati davanti allo specchio.
-Già fatto?- Chiesi arcuando un sopracciglio, mentre chiudevo la finestra. –Usi i tuoi poteri anche per fare la doccia?-
-Io non ho usato proprio un bel niente.- Sbottò mettendosi sulla difensiva e voltandosi a guardarmi –E' che noi ragazzi, a differenza vostra, la doccia la usiamo per lavarci, non per riflettere sul significato della vita.-
-Sei in vena di frecciatine sessiste?-
-Non sono maschilista, sono realista.-
-Allora ammetterai che siete stupidi.-
Finse di stapparsi le orecchie e disse sarcasticamente: -Chi era il sessista?- 
Ridacchiai, ma non risposi e preferii zampettare verso il letto e sedermi a gambe incrociate nella speranza di riscaldarmi. Faceva un freddo cane. Era incredibile con quanta enfasi il mio compagno di stanza sistemasse i suoi capelli, ciuffo per ciuffo. Conoscevo solo una persona che ci metteva lo stesso impegno nel farlo, e non era difficile immaginare chi fosse.
-Hai intenzione di restare lì anche quando cambierò le mutande?- Domandò allontanandosi finalmente dallo specchio.
-Tu cambi le mutande? Un ragazzo che cambia le mutande?!- Mi finsi incredibilmente stupita -Wow!-
-Che problemi hai? Dovresti fare la parte della ragazzina timida.-
-Per quale assurdo motivo?!-
Sam si girò verso di me, entrambe le sopracciglia arcuate, mani alzate a indicarsi e sorrisetto sghembo. Come se fosse la cosa più ovvia al mondo, rispose:
-Perché sono bello, no?-
Ma cos... razza di spaccone narcisista! Per un attimo riuscii a vedere l'aura dell'amore che provava per sé stesso circondarlo. Certo che Eloise era mentalmente deviata, lo si capiva guardando con che razza di deficiente era cresciuta! Come poteva, una persona talmente impegnata da sé stessa come Sam, voler così ardentemente salvare qualcun altro?
-Se non ci guadagneresti nulla non mi aiuteresti a cercarla, vero? Cosa ricevi in cambio?-
Sam infilò la testa dentro una maglietta a maniche lunghe, quando la tirò fuori il suo sorriso mi gelò il sangue nelle vene. Non era spontaneo, ma velato da una cinica allegria davvero inquietante.
-Non lo dico di certo a te.- Disse, senza negare ciò di cui lo stavo accusando.
Non c'erano più dubbi al riguardo: Samuel Von Klein non era chi voleva farci credere che fosse. Così come Dimitry, così come il padre di Eloise, così come... come tutti, maledizione. Io e lei? Due ingenue credulone.
Avevo sempre pensato che delle due fossi la più sveglia, ma potevo sostenerlo anche dopo essermi fidata di Dimitry? La parte peggiore era che in ogni caso non avevo soluzioni; certo sarei potuta scappare... ma poi? Mi sarei ritrovata nell'ennesima situazione pericolosa, qualcuno mi avrebbe salvata (Forse) e, di nuovo, avrei capito troppo tardi che mi trovava davanti a un altro brutto ceffo. Sul serio, in che razza di guaio ci eravamo cacciate questa volta?
Concentrati, pensai, concentrati sul tuo obiettivo: trovarla.
Dopo avrei deciso cosa fare. Pur di non restare sul letto a torturami decisi di uscire con Sam, che nonostante le sue motivazioni discutibili per ora non sembrava volerci morte.
Lymasgor era maledettamente fredda, umida e particolarmente ventosa. Una volta messo piede fuori dall'hotel in cui alloggiavamo (Ironicamente 'Dracula's Hotel) le mie guance, accaldate dal camino, andarono a sbattere contro il freddo pungente di quel pomeriggio e urlarono. Era irritante come Sam, accanto a me, indossasse solo una maglietta, un paio di jeans e degli anfibi.
-Come fai a non avere freddo?- Chiesi lanciandogli un'occhiataccia e stringendomi nel piumino.
-Ah, uno dei vantaggi dell'essere morto.- 
-Anche io sono una creatura, allora perché sto congelando?-
-La licantropia è una maledizione: Sei terribilmente forte ma per quanto tu possa impegnarti non riuscirai mai a domare i tuoi istinti animaleschi. Potrai imparare a frenarli, ma non soffocarli.  Ciononostante, nelle vene ti scorre del sangue, è naturale che tu abbia freddo. Per me è diverso: essere un vampiro significa conoscere i propri poteri e saperli utilizzare al meglio, in cambio rinunci ad avere un cuore che batte, un corpo caldo e tante altre cose che già saprai grazie ad Edward Cullen.-
-In poche parole?-
-Sei viva Gwen, io sono morto.-  Allungò una mano con il palmo rivolto verso il cielo e lasciò che qualche fiocco di neve lo sfiorasse. –I morti non hanno freddo.-
Non lo disse con chissà quale tono particolare, ma quell'affermazione mi gelò il sangue nelle vene. Noi licantropi passavamo tutta la vita a tormentarci rincorrendo un autocontrollo che non avremmo mai raggiunto, ma i vampiri... loro erano solo infinitamente tristi. Camminavamo tra la  folla di persone che riempivano le strade e la meraviglia che provavo nel guardarle era talmente palese che spesso Sam ridacchiava e mi ricordava di  non distrarmi. Diversamente da Warlock, dove la gente si limitava a jeans e felpa e l'indumento più insolito che avessi visto era un mantello, a Lymasgor indossavano vestiti talmente particolari e diversi fra loro che sarebbe stato impossibile individuare la moda del momento. C'era chi portava indumenti dal taglio strettamente orientale, chi sfoggiava con orgoglio splendidi mantelli dai colori accesi e i ricami in oro e chi portava gonne dark e corsetti in pelle nera. Parecchi avevano la faccia truccata di bianco con gli occhi cerchiati di nero, dando vagamente l'idea di un teschio. 
-Questa città è piena di estremisti, quel modo di vestire e il trucco sono i loro simboli.- Spiegò Sam, notando con quanto interesse li stessi studiando.
-Estremisti?-
-Si fanno chiamare i Neutrali, secondo loro i Regni dovrebbero smetterla di farsi la guerra fra loro e concentrarsi per distruggere un nemico comune: gli umani.-
-Sembra lo slogan di un bel film.- Scherzai con un sorrisetto tirato. Conoscere le 'tradizioni' di quel nuovo mondo che avrei dovuto iniziare a chiamare 'casa' sicuramente rientrava nella lista delle cose da fare, ma più ne sapevo più lo sentivo estraneo.  -A Warlock non c'erano persone del genere.-
-Warlock è un villaggio di confine, risente molto dell'influenza degli umani. Inoltre non appartiene a nessun regno, ergo è un villaggio completamente autonomo. Qui invece ci troviamo nel centro esatto del Pentagono, nessun umano riuscirebbe a venirci vivo o... ancora umano.-
Naturale, no? Forse l'unica umana viva che si fosse mai trovata da quelle parti era Eloise Lockwood ed era inutile stupirsi quando si parlava di lei. Se da un giorno all'altro qualcuno mi avesse detto che era stata eletta come regina del mondo intero non ne sarei rimasta sorpresa: certe persone erano nate per fare ciò che nessun altro era in grado di fare.
-Dove pensi di chiedere informazioni?-
-Conosco qualche posticino in cui trovare le persone giuste.-
Perché doveva sempre essere così maledettamente vago? Una delle cose che odiavo erano proprio le non-risposte. Sbuffai rassegnata all'idea che anche se gli avessi chiesto altro mi avrebbe risposto con frasi come Probabile, Può darsi, In settimana o Da qualche parte. Sam iniziò a ridere davanti alla mia faccia a metà tra 'lo sgozzo', 'lo strangolo' e 'lo impalo nel cuore'.
–Sta' tranquilla...- aggiunse -... non sarò sempre così odioso.-
Personalmente non sapevo per quanto ancora io sarei riuscita a restare calma. Di colpo Sam appoggiò una mano sulla mia schiena e facendo un po' di pressione mi guidò verso un vicolo. Proprio mentre svoltavo andai a sbattere contro qualcuno, ritrovandomi così una pelliccia di capelli biondi dentro la bocca. Sputacchiai, di rimando qualcun altro sputacchiò e, all'unisono, la mia voce e quella di un'altra ragazza sbraitarono: 'Ma dove diavolo guardi, deficiente?!'
Spalancai gli occhi e puntai l'individuo contro cui ero andata a sbattere e più lo mettevo a fuoco, più sentivo la rabbia montarmi dentro.
Io e il Capitano Melbourne ci guardammo con stupore e in quel frangente entrambe capimmo come dovevano andare le cose: la rissa era inevitabile.

The Lockwood Age - Come nasce una reginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora