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Quel pomeriggio nella mia stanza ragionai sul da farsi. Dovevo spiegare a Luca il mio comportamento per fargli comprendere che la fonte del mio male non era stato quello che era accaduto tra di noi, dovevo evitare che per un atto inconsapevole tutto ciò che si era formato tra di noi venisse distrutto.

L'indomani andai a scuola presto, aspettandolo davanti alla porta della nostra classe. Ero agitata, ma sicura che quello che volevo fare fosse la cosa più giusta. Intravidi la sua figura solo al suono della campanella. Non riuscì a parlargli durante la mattinata perché il preside lo tenne nel suo ufficio per il solito ritardo. Le sue grida si sentivano in tutta la scuola. Oltre che non rispettare le regole imposte sull'abbigliamento, i ritardi erano all'ordine del giorno e questo infastidiva molto il rettore che sentiva che se non avesse corretto l'atteggiamento del ragazzo di fronte a lui, il suo potere sugli altri studenti sarebbe venuto a meno.

Quando finalmente le lancette indicarono il tempo dell'intervallo, lo andai a cercare per tutta la scuola: in palestra, in corridoio, nel cortile... oramai la pausa stava per terminare e pensai che comunque lo avrei rivisto in classe dopo e che tutta l'agitazione in realtà era stata inutile.

Mi sedetti sotto il mio albero. Con la testa alzata vedevo il sole passare attraverso i rami spogli. Era febbraio. Faceva freddo. Ultimamente molte cose riempivano il mio cuore. Diversamente da prima, mi accorsi che non contemplavo più la natura e ciò che mi circondava. Ero sempre immersa dentro i miei problemi. Ero vuota. Vuota come lo ero stata prima. No. Era diverso. Ora avevo qualcosa per cui combattere, qualcosa che mi avrebbe riempito quel vuoto.

Quando riabbassai la testa, vidi che non c'era più nessuno nel cortile. Possibile che fosse suonata la campanella e io non l'avessi sentita? Possibile. Come quando ero immersa nei miei libri, non sentivo ciò che era vicino.

Vicino come Luca. Luca? Girai la testa a destra e lo vidi. Straiato vicino a me. Era nella stessa posizione in cui mi trovavo prima io. Anche lui contemplava la natura? Lo guardai. Era bello. Tranquillo. Come se nulla lo infastidisse da quel sogno che lo portava in un altro universo. Il suo.

Poi, a un tratto, inclinò la testa verso di me e disse: -Stai bene?- il suo sorriso e la sua preoccupazione mi fecero arrossire. Tutto il discorso che mi ero preparata la mattina era scomparso e al suo posto vi era solo emozione e felicità. Ero felice perché dopo tutto non era cambiato nei miei confronti, era rimasto il ragazzo fantastico che si preoccupava per me.

Tutto ciò che potevo fare era guardarlo e non staccare gli occhi dal suo viso dai lineamenti gentili e lievi. Con il capo feci un piccolo cenno per indicare una risposta affermativa. Allora fece un piccolo sorriso e mi disse: -Il gatto ti ha mangiato la lingua?!-

Vederlo felice a scherzare con me mi fece passare le ansie e i dubbi che avevo. Non mi porsi più il problema di dov'ero e cosa facevo perché ero con lui. Allora mi accarezzò la guancia e con una voce lieve mi disse avvicinandosi: -Non preoccuparti-

Era come se avesse letto in pochi secondi tutti i pensieri sorti nella mia mente negli ultimi giorni. Era come se, con quelle parole, avesse fatto volar via, sul soffio di vento che ci accarezzava, tutto quanto. Eravamo io e lui. Soli. Felici. Innamorati. Poi mi prese la mano e uscimmo da scuola. Non sapevo dove stavamo andando e forse neanche lui. Seguivamo la volontà dei nostri passi. Così andando in giro per la città parlammo di tutto e di niente. Ridemmo e scherzammo. Poi ci mettemmo a parlare anche di loro, quelli che ci avevano spezzato il cuore. Nel mentre però non eravamo arrabbiati o infelici perché sentivamo che le nostre ferite si erano richiuse. Il nostro amore ci aveva guarito dall'ingiustizia del passato per darci un futuro.

Il giorno dopo, guardando fuori dalla finestra il sole che si alzava, sentii che la felicità ormai era parte di me. Penso che non fui la sola. Anche i miei fratelli e mio padre si resero conto che ero cambiata. Cambiata in cosa? Innanzitutto ora avevo di nuovo fiducia nelle persone e soprattutto in me stessa. Ma ora dovevo dimostrarlo anche con i fatti. Ci avevo pensato tutta la notte e mi ero decisa: sarei andata da Anna a chiederle una spiegazione del suo comportamento, forse così avrei potuto superare la cosa.

Il momento di cambiareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora