CAPITOLO 8:

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Passarono due settimane e io andai a vivere con mio padre, la compagna di mio padre e Martin; la vita in quella casa era molto tranquilla, non si sentiva mai e dico mai una mosca volare. Raffaella, la compagna di mio padre era sempre in cucina a preparare cibi buonissimi, Martin era sempre in camera sua con le cuffie ad ascoltare gruppi rock e metal come gli AC/DC o i KISS , i NIRVANA; mentre papà dalla morte della nonna era sempre nella sua camera a piangere, bere, fumare e disperarsi, e poi c'ero io nella camera in fondo al corridoio seduta sulla mia sedia e scrivere, a consumare inchiostro e ad ascoltare la musica, però l'attività che facevo più spesso era pensare chi mai fosse stato a uccidere nonna.
Col passare del tempo arrivai ad avere tre sospettati, Martin, il padre di Diana, Raffaella; i primi due erano per via dei panni sporchi di sangue che avevo trovato insieme a Gabri e Diana, mentre, Raffaella era omofoba e il suo gruppo sanguigno era B POSITIVO.
Man mano che passava il tempo mi iniziava a ritornare la memoria e quindi cercavo di dare il massimo di me per ricordarmi cosa mi fosse successo quel bruttissimo giorno ,ormai lontano, di cui portavo ancora i segni sul mio corpo, erano rimasti due ematomi.
Era il 28 marzo ed erano passati tre mesi precisi dal giorno in cui mi risvegliai dal coma, ricordo quel giorno come fosse ieri ma di quel che era accaduto prima di quel giorno niente, non ricordavo nulla, più mi sforzavo più era inutile e oltre all'assassino pensavo anche a Diana, la amavo e cercavo di avvicinarmi ma più lo facevo più lei si allontanava.
Stavo male, tanto male, com'è possibile che Diana si sia allontanata da me?! ma soprattutto com'era possibile che io ancora non ricordavo quel che mi era accaduto. Passai tutta la giornata sul letto a piangere, ascoltare la musica e stringere quel cuscino immaginando fosse Diana; la volevo avere tra le mie braccia, mi mancava, mi è sempre mancata ma mai ho avuto il coraggio di dirlo a me stessa.
La giornata così facendo passò e il giorno dopo decisi di andare a parlare con Diana; andai a casa sua in bici e appena arrivai legai la bicicletta a un palo e suonai al campanello, prima che la porta si aprisse ci volle un bel po' di tempo, infatti stavo per andarmene quando improvvisamente una signora molto alta e snella con i capelli castani e ricci e gli occhi marroni aprì la porta di casa:
<<Mi scusi signora c'è Diana in casa?>> chiesi,
<<Certo, Diana scendi c'è una ragazza per te>> disse questa donna urlando in modo tale da farsi sentire dalla figlia che si trovava nella sua camera; dopo cinque minuti vidi scendere dalle scale Diana, era bellissima, come sempre; indossava un vestito nero molto corto che lasciava desiderare, appena la vidi mi morsi il labbro e lei mi corse incontro ma questa volta non era per abbracciarmi, bensì per far in modo che il padre non mi vedesse:
<<Ma sei matta ?! Se ti avrebbe visto mio padre avresti rischiato la vita, lo conosci>> disse lei molto nervosa e arrabbiata,
<<Avrei accettato il rischio pur di vederti, mi manchi, ti prego dimmi cosa ti fatto, perché non mi parli da settimane?>> dissi io continuandola a fissare per come era vestita, avevo una voglia incontenibile di baciarla ma avevo paura e quindi cancellai questo pensiero dalla testa;
<<Mio padre, mio padre non vuole più vederci insieme, non so per quale motivo ma ti odia>>
disse lei a bassa voce per non farsi sentire,
<<A me non importa di tuo padre>> dissi io e pian piano mi avvicinai, chiusi gli occhi e feci in modo che le nostre labbra si sfiorarono, poi quando vidi che lei era consenziente iniziai a baciarla appassionatamente, quel bacio durò un bel po' e sarebbe potuto durare ancora un altro po' se solo il padre non arrivò a rovinare quel bellissimo momento romantico; io avevo ancora gli occhi chiusi quando improvvisamente mi sentii toccare i fianchi e tirarmi, allora mi staccai dalle labbra di Diana e mi girai per prendere a schiaffi il padre ma egli aveva pianificato ogni mio minimo movimento e così evitando sia i pugni che i calci mi afferrò il collo e iniziò a stringere per farmi perdere il respiro, poi mi alzò di neanche tre centimetri da terra e mi scaraventò contro il muro. In quel momento iniziai a ricordare qualcosa, vedevo delle immagini che scorrevano velocemente davanti ai miei occhi.

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