Capitolo 4

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Le settimane scorrevano veloci, e non ebbi davvero il tempo di realizzare tutto ciò che stava succedendo. Ero come in un uragano positivo, di quelli che stravolgono troppo, uno di quelli nei quasi sai quando entri, ma mai quando ne esci. Non erano mancate le giornate buie, ma c’era sempre stata una stella ad illuminare quell’oscurità: Federico. Da quando c’era lui, tutto era meraviglioso, come un enorme tuffo in mare aperto. I primi giorni era stata dura, entrambi non eravamo riusciti a realizzare cosa ci fosse fra di noi, e spesso ci eravamo creati problemi anche solo per un bacio. Sorrisi nel ricordare quando mi era successo la mattina dopo essere stato al bar con Jess ed Ale appena sveglio.
«Benjamin, mi stai davvero dando il buongiorno con un bacio sulla guancia?», mi aveva chiesto incredulo.
«Beh, vorresti che ti scopassi o cosa?», avevo chiesto strofinandomi gli occhi, nella speranza di svegliarmi.
«Oddio, per quello è ancora troppo presto, Ben. Ma non ti dico niente se mi baci con la lingua».
Avevo spalancato gli occhi, guardandolo, ed un sorriso malizioso si era fatto strada sulle mie labbra.
«Vieni qui».
Oppure, l’imbarazzo del nostro primo vero appuntamento da coppia, quando l’avevo preso per mano titubante, e per qualche secondo ero stato così rigiro, che persino un albero sarebbe stato più flessibile di me. Solo quando Fede mi aveva fermato, per poi farmi un lungo bacio a stampo, mi ero sciolto ed avevo iniziato a godermi ogni attimo con lui, ogni piccolo gesto.
O, anche della notte della vigilia di Natale, passata prima al ristorante, e poi a casa sua, dove ci eravamo scambiati i regali. Quando aveva visto la felpa bianca della Vans che voleva da molto.
«Oddio, Ben, non ci credo! Grazie!», aveva esclamato al settimo cielo.
«Beh, so quanto tu la volessi».
«Spero che il mio regalo possa reggere il tuo», aveva mormorato, in imbarazzo.
«Sono certo di sì», avevo calmato.
Ed avevo avuto ragione. Quando i miei occhi si erano posati sullo skateboard nuovo, a momenti gli ero saltato in braccio.
«Fede, è semplicemente stupendo», avevo sussurrato contro le sue labbra, prima di baciarlo con passione.
«Di niente, Ben. Spero solo di aver scelto bene il colore».
«Il rosso è il mio colore preferito, quindi assolutamente sì».
E da lì al finire nel suo letto a baciarci con passione, il passo era stato breve.
«A che pensi?», domandò il protagonista dei miei pensieri, riportandomi alla realtà.
«A te, a noi. All’inizio è stato strano, ma ora sono felice di averti al mio fianco», gli confessai.
Lui mi sorrise, e si portò le nostre mani intrecciate alle labbra, così da depositarvi un lieve bacio.
«Credo sia stato strano per tutti. Per noi perché non avremmo mai pensato di riuscire davvero di stare insieme, e per gli altri, che mai avrebbero scommesso su di loro».
«Già… Ma parlando di te, ora sei un po’più tranquillo? Riesci a vivere tranquillamente il nostro rapporto?».
«Certo, Ben. La paura è ancora molta, questo devo ammetterlo, ma mi piaci davvero tanto, quindi non potrei chiedere di meglio».
Gli sorrisi, e poi tornai a guardare l’Arno sotto di noi che scorreva placido. Era una giornata molto fredda di gennaio, ma Fede aveva insistito nel passare a vedere se il fiume si fosse gelato o meno. E poi eravamo rimasti lì, stupiti dalla pace che c’era in quel momento.
«Ben, dici che durerà?», mi chiese dopo un po’, la voce incerta.
«Dipende da noi, Fede. Insomma, se siamo disposti a mettere da parte l’orgoglio quando litighiamo e far pace, se siamo disposti a parlarci sempre e comunque, se siamo disposti a capirci a vicenda anche quando è difficile, se siamo disposti a rimanere l’uno accanto all’altro nei momenti più duri, e via dicendo. Sono queste piccole cose che fanno la differenza, che aiutano una relazione ad andare avanti».
«Io sono disposto a farlo», mormorò, lo sguardo fisso all’orizzonte.
«Anch’io. Quindi, per ora, direi di viverci questa giornata e di non pensare a nulla di negativo. Che ne dici?», proposi.
Lui mi abbracciò, poggiandomi la testa sulla spalla, e disse: «Mi sta bene, Benjamin».

La giornata era volata in un soffio, ed eravamo già in discoteca, mentre ci divertivamo da matti.
«Fede, io vado un attimo in bagno», dissi ad alta voce, sperando che capisse.
«Va bene, Ben», urlò al mio orecchio. «Ti aspetto qui».
Sgomitando fra la folla, riuscii a raggiungere il bagno, ed alzai gli occhi quando, da quello affianco, sentii provenire dei gemiti. Mi chiedevo cosa ci fosse di bello del farlo in uno squallido bagno. Se uno viveva ancora coi genitori, poteva affittarsi una camera, come più volte avevo fatto io. Alla fine, decisi che non aveva senso pensarci, che ognuno era libero di fare ciò che voleva, così tornai in sala, cercando di raggiungere il punto dove più o meno sapevo mi stesse aspettando Fede. Ma non c’era. Guardai ovunque, eppure di lui non c’era traccia. Raggiunsi i bagni, pensando che magari fosse lì per cercarmi, ma niente. Sembrava come sparito. Non potevo contare nemmeno sui cellulari, visto che li avevamo lasciati al guardaroba, quindi non mi rimaneva che raggiungere il bancone e sperare che mi cercasse lui. Ma, una volta lì, la rabbia mi salì a mille quando lo vidi ridere con una ragazza bionda che se lo stava mangiando con gli occhi. Non sapevo che fare, come comportarmi. Sapevo solo che la gelosia mi bruciava dentro. Federico era mio. Così, pur sapendo di risultare immaturo, lo raggiusi, gli misi un braccio intorno alle spalle, e lo baciai. Nonostante la sorpresa iniziale, ricambiò con la stessa enfasi. Lanciai un rapido sguardo alla ragazza, che ci stava guardando contrariata.
“Mi dispiace, carina, ma Fede è mio”, mi ritrovai a pensare.
«Hey, Ben… Quanta urgenza», sussurrò affannato a fior di labbra, dopo essersi staccato.
«Mi sono preoccupato, Fede… Sono tornato e tu non eri lì».
«Scusami, tesoro».
Poi si staccò guardando verso la ragazza, che domandò retorica: «Lui è il tuo ragazzo, no?».
Prontamente, risposi: «Esatto», che si mischiò al: «Non ancora», di Fede.
Poi i nostri sguardi si unirono, e nonostante non volessi, scoppiare a ridere fu inevitabile.
«Quindi vi state frequentando?», s’intromise la ragazza bionda.
«Sì, anche se comunque fra noi c’è qualcosa in più da molto tempo. Ho solo faticato ad ammetterlo», disse Fede.
«Quindi sei gay?».
«No, penso bisex».
«Ah, ecco. Altrimenti non mi spiegavo come fossi riuscito a venire a letto con me», ridacchiò, lanciandomi un rapido sguardo provocatorio.
Ma di certo non sarei stato al gioco di una ragazza così disperata, nonostante la gelosia fosse molta.
«Beh, devo dire che Fede ha avuto sempre buoni gusti. Comunque, non ci siamo presentati. Piacere, Benjamin», mi presentai con un sorriso luminoso.
Vidi tutta la sua sicurezza vacillare, mentre lo sguardo di Fede si era addolcito.
«Piacere, Martina», cedette stringendomi la mano.
«Vi conoscete da molto tu e Fede?».
«Da almeno quattro anni. E voi due?».
«Da poco più di due».
«Ho capito. Beh, vi auguro il meglio. Io devo andare», disse stizzita, allontanandosi.
«Non mi aspettavo che avresti reagito con tutta questa calma», mi confessò Federico.
«Vieni con attimo con me», gl’imposi freddo.
Vidi la confusione farsi strada nei suoi occhi, ma non dissi nulla. Mi limitai ad andare nel corridoio che conduceva ai bagni, l’unico angolo più silenzioso.
«Ben, che succede?», mi domandò, confuso.
«Che succede, Federico? Sei serio? Vado in bagno, torno in sala e non ti trovo. Ti cerco ovunque, ed alla fine ti trovo al bar con quella che scopro essere una delle ragazze che ti sei portato a letto. Devi ringraziare che non le volevo dare soddisfazioni, o non so cosa le avrei combinato», ringhiai.
Lui rimase in silenzio, interdetto, prima di rendersi conto della situazione.
«Scusa, Ben. È che Martina mi ha completamente travolto, e preso dalla felicità di rivederla dopo più di un anno, non mi sono reso conto che ti saresti preoccupato», ammise dispiaciuto.
Vederlo così abbattuto, mi strinse il cuore, e presi un respiro profondo, cercando di calmarmi.
«Andresti ancora a letto con lei?», gli chiesi a bruciapelo.
«Non nego che mi attrae molto, ma ora che sto uscendo con te, assolutamente no. Non starei più con nessuno che non sia tu».
Mi tranquillizzai, e lo attirai a me, abbracciandolo forte.
«Okey, ora va meglio», sussurrai.
«Il mio gelosone», mi provocò
«Beh, cerca anche di capirmi. Dopo due anni che ho una cotta per te, ora che sei mio, la paura di perderti è tanta».
«Lo so, Ben, infatti non ti sto incolpando. Anzi, mi fa piacere che tu sia geloso, è una dimostrazione che tu tieni a me. Sono piccole cose che fanno bene al cuore», ammise guardandomi negli occhi.
«Non voglio perderti, Federico».
«Non mi perderai».

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