Capitolo 6

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Un altro mese era passato, e la laurea era così vicina. La paura saliva sempre di più. Avevo paura di non farcela e di deludere tutti, oppure, di farcela e fallire dopo. Ed in più, la consapevolezza che di lì ad un mese il mio migliore amico sarebbe partito, mi turbava. E non poco. Guardai Alessio, impegnato a scrivere la sua tesi al computer, completamente preso da tutto quello, concentrato, e mi chiesi perché non ci riuscissi anch’io, che ero lì da due ore ed avevo buttato giù sì o no tre righe.
«Basta, mi prendo una pausa», esordii mentre mi alzavo dalla scrivania e raggiungevo il piccolo balcone della sua camera.
Lui si rese rapidamente conto che qualcosa non andava, così mi raggiunse rapidamente e mi chiese preoccupato: «Ben, che succede?».
«Succede che sono nella merda, Ale. Questo succede. Succede che non so cosa fare quando uscirò per sempre da quella facoltà, sempre se ci uscirò. Succede che penso che fra un mese partirai a non ti vedrò per sei mesi… Sei fottutissimi mesi, quando il tempo più lungo che abbiamo passato separati sono stati dieci giorni… E non voglio…», scoppiai, mentre delle lacrime lasciarono i miei occhi.
«Ben…», mormorò prima di abbracciarmi.
Ed in quell’abbraccio così fraterno, cedetti definitivamente alle lacrime. Accarezzai i suoi riccioli castani, mentre lui mi accarezzava la schiena.
«Andrà tutto bene. Sta per iniziare un nuovo capitolo della nostra vita che sapevamo sarebbe arrivato, Ben. Non possiamo scappare da tutto ciò. Lo so che fa paura. Ti ricordi com’eravamo il primo giorno di università? Tu tremavi ed io ero certo che avrei potuto rimettere la colazione da un momento all’altro. Ma ce l’abbiamo fatta, ed ora è giusto che tutto volga al termine. Dobbiamo essere forti, Ben. E poi, io tornerò, d’accordo? Non ti lascerò mai solo, ci sarò sempre per aiutarti e tu farai lo stesso. È una promessa. E poi tu qui, hai la tua famiglia, Federico, Jess… Starai bene», mi sussurrò con tono dolce, quasi come se fosse una ninna nanna.
«Ma tu resti sempre mio fratello…».
Lui sussultò appena, e rimase in silenzio per un po’. Forse non se lo aspettava, ma, quando parlò, capii che si era preso quella pausa per cercare di non piangere.
«Sì, Ben, io sono tuo fratello e lo sarò sempre. E credimi, non sarà la distanza a cambiare le cose».
«Me lo prometti?».
«Sì, Ben, te lo prometto».
Rimanemmo ancora un po’ stretti l’uno all’altro, poi mi chiese: «Vuoi una mano con la tesi?».
«Volentieri».

Due ore ed infinite risate dopo, ero finalmente più calmo, e le nostre tesi stavano prendendo sempre più forma.
«Che ne pensi se andiamo al Reverse?», proposi. «Infondo è sabato e ci farà bene staccare un po’».
«E poi tu finirai a limonare con Federico?», mi prese in giro.
«Ha fatto il turno stamattina, non sarà al bar adesso», mi difesi.
«Allora va bene. Poi torni qui a dormire o vai a casa tua?».
«No, vengo qui, così domani mattina subito torniamo a studiare», dissi.
«Perfetto».
Mezz’ora dopo eravamo pronti e raggiungemmo il Reverse a piedi, approfittando della bella serata calda.
«Ormai l’estate sta arrivando», notai.
«Purtroppo sì».
Sorrisi per il suo tono contrariato, ma non risposi.
«Come sta andando con Greta?».
«Bene, ma non credo che possa essere la ragazza adatta a me», ammise.
«Ne sei sicuro?».
«Sì, Ben. Ma non farne un dramma. Troverò la ragazza adatta a me», mi rispose con un sorriso.
«Ne sono certo. Hai tutte le potenzialità per essere un ottimo fidanzato. E poi, ami i bambini. Quale donna non sogna che il proprio ragazzo voglia, proprio come lei, una casa piena di figli?», lo presi in giro, mettendogli un braccio intorno alle spalle.
«Dai, Ben, non esagerare», ribatté mentre mi spintonava via.
«Sto solo dicendo la verità», mi difesi.
«Mentre a te? Come va con Fede?».
«Bene. Ci stiamo vivendo la nostra storia nel più tranquillo dei modi, senza correre e senza mai esagerare».
«Sono davvero felicissimo per te, Ben. Dopo un anno e mezzo, è davvero bello vederti così luminoso, e sapere che è per Federico», mi rivelò dolcemente.
«Grazie, Ale… Ci stavo quasi perdendo le speranze, se devo essere sincero… Ed invece…», dissi con un sorriso innamorato.
«Goditi tutto questo, Ben, perché sono sensazioni meravigliose», mi consigliò dopo essersi fermato di fronte all’ingresso del bar.
Senza pensarci su due volte, lo abbracciai e sussurrai: «Grazie, Ale… Grazie davvero…».
«Ti voglio bene, Ben».
«Anch’io, Ale».
E dopo quella piccola parentesi, entrammo finalmente nel bar, ed occupammo il nostro solito tavolino. La cosa che non ci fosse Federico mi rattristiva, ma sapevo che l’avrei visto l’indomani sera, quindi ordinai una birra e decisi che quella sera non avrei pensato a niente se non a passare qualche ora di tranquillità col mio migliore amico. Ma, dopo circa un’ora, un tornado dai capelli castano scuro e gli occhi nocciola, ci raggiunse e ci minacciò: «Spero che abbiate una valida scusa per cui non mi abbiate chiamata stasera».
Guardai bene Jess e scoppiai a ridere per il suo broncio.
«Uragano, nessuna scusa. Volevamo passare una serata fra uomini», rispose il mio migliore amico, mentre la ragazza si sedeva in braccio a me.
Come sempre. Non sapevo se avessero scambiato più me e lei per una coppia, che me ed Ale.
«Uomini? Siete seri? Io qua vedo due bambini».
Alessio la guardò con la bocca spalancata, offeso, mentre io riuscii solo a ridere. Quei due erano assurdi.
«Beh, allora non credo che tu voglia passare il sabato sera con due bambini a far la babysitter, quindi perché non ci lasci soli?».
«Perché senza di me sareste persi», rispose ovvia scuotendo i capelli, che mi finirono tutti in faccia.
«Jess, non vorrei dovermi mangiare i tuoi capelli», l’avvisai prima di pizzicarle il fianco.
«No, Ben, non provarci», mi mise in guardia.
«Ci proverò», risposi furbo.
Lei mi trucidò con lo sguardo, ma quando Alessio le chiese: «Dai, stiamo solo scherzando. Cosa prendi? Offro io», le passò tutto, ed un bellissimo sorriso le illuminò il viso.
«Beh, se proprio insisti…», disse.
E da lì al passare una bellissima serata insieme, il passo fu breve. Solo alle due passate decidemmo di tornare a casa, e mi buttai finalmente sul letto di Ale, esausto.
«Sei più tranquillo, Ben?», mi domandò il mio migliore amico accarezzandomi i capelli.
Annuii e continuai a godermi quelle piccole attenzioni. Non disse niente, probabilmente sorrideva, poco dopo mi lasciò un tenero bacio sulla fronte.
«E sei felice?».
«Assolutamente, Ale… Tu e Jess mi rendete sempre così felice», mugolai.
«Ed anche Federico, no?».
«Beh, sì, è il mio ragazzo e lo amo alla follia. Ma ora vieni qui», gli ordinai in uno sbadiglio mentre lo tiravo per un braccio.
Lo strinsi a me, poggiando la testa sul suo petto, e sussurrai: «Grazie per tutto, Ale… Sei il fratello migliore che avrei mai potuto desiderare».
Lui ci mise un po’ a rispondere, poi un altro bacio, stavolta sulla guancia, ed un suo sussurro.
«Anche tu lo sei per me, Ben… Anche tu».

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