Capitolo 36 - dietro alla porta

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Le luci dell'alba si infiltrano tra le persiane, disegnando righe lattiginose sul parquet della camera da letto.
Mi sollevo dal materasso a fatica.
Emma si e rigirata tutta la notte tra le lenzuola, in preda ad un nervosismo palpabile che le impediva di dormire. L'ho sentita alzarsi questa mattina presto, mentre mi crogiolavo tra l'ultimo sonno e una veglia ancora lontana.
Mi sono concesso l'abbraccio delle coperte ancora per un po', lasciandole il suo spazio per fare i conti con una casa che deve ricordarle un rapporto scomodo, al quale adesso è costretta a chiedere aiuto.
Lascio scivolare i piedi sul pavimento di legno.
Novembre flagella Roma con un freddo inaspettato.
Afferro i miei vestiti buttati sul pavimento, abbandonati dove la foga di un sentimento li ha voluti ieri sera. Perché in mezzo al vortice delle nostre vite, alla paura, e all'incertezza, l'unica cosa sicura è questa voglia di toccarci, di respirarci sulle labbra, di fondere i nostri corpi, che sembra più forte di qualsiasi altra cosa intorno.
La morbidezza della lana del mio dolcevita mi fa dimenticare l'inverno che spinge sui vetri delle finestre.
Mi avventuro nel corridoio, dove un odore di caffè fatto da poco invade le pareti rivestite di seta. La cerco in cucina, mi affaccio sulle porte dei bagni, infine raggiungo il grande ingresso dell'appartamento, dove le tracce di una conversazione sussurrata mi ammiccano da dietro alla porta dello studio dell'avvocato Nervi.
Faccio per voltarmi, per correre a rendermi presentabile e pulito al cospetto degli occhi del padre della donna che amo. Padre che deve avere la mia stessa età e che, per quanto la mia fama possa stordirlo per un momento, potrebbe non gradire il fatto che io condivida il letto con sua figlia.
Muovo un passo verso il bagno, dove spero di poter rendere più digeribile il mio contorno.
Mi arresto di colpo. Sento la voce di Emma alzarsi di intensità.

-    «Io non capisco! Volevo solo tornare a vedere Berlino. Wright chi?»

È tesa. Quasi stridula. E mi sembra permeata dalla paura.
Mi avvicino alla porta, trovandomi a provare ancora una volta la sensazione di essere un ladro che si intrufola nella vita di un altro.
Un senso di allerta mi arriccia la pelle delle braccia.
Avvicino l'orecchio al legno spesso, intarsiato di disegni barocchi.
La voce di Nervi rende reale la sua immagine, di cui custodisco nella mente un'ipotesi malferma.
Lo sento respirare, poi cominciare a raccontare una storia che mi accappona le viscere. Le parole scivolano sulle pareti, attaccandosi come colla vinilica su un racconto al quale è difficile credere. Serpeggiano nell'aria stantia in tutta la loro lucida follia.
Immagino gli occhi di Emma spalancarsi nelle prime luci dell'alba, in quel modo che ho imparato a riconoscere. Quello che prova a celare una paura inconfessabile.
La stessa che adesso mi mozza il respiro.

-    «Ma mamma?
Papà, cosa centrava mamma in tutto questo?»

Intuisco la sua disperazione. Posso sentire tutta la sua incredulità insinuarsi in un mattino ancora timido.

-    «Tua madre non avrebbe dovuto sapere...»

Il grande avvocato fa una pausa. Poi lo sento tossire, cercando di celare un nervosismo che non avrebbe voluto lasciar intuire.

-    «Ma era una donna intelligente, forse troppo.
Sai, era per quello che mi ero innamorato di lei...
Ha scoperto alcune carte, ha cominciato ad indagare, a collegare i pezzi.
E alla fine ha capito chi ero realmente.
Quella sera, prima del concerto, mi ha detto tutto.
Mi ha minacciato di raccontare ogni cosa se non avessi immediatamente abbandonato la mia missione.
Ho dovuto farlo, Emma!
Questa causa è più grande di qualsiasi uomo, e andava difesa.
Se sapessi quanto mi è costato...
Ma sarei pronto a rifarlo ancora, mille volte se servisse a proteggere ciò per cui combatto da tutta la vita!»

Ancora una pausa. Un rumore sommesso mi fa intuire gli spostamenti di Emma all'interno dello studio. La immagino cercare una via d'uscita, intuendo il pericolo.

Cronache di un sogno dalle ali piccoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora