John rimase a guardare la porta di casadi Zoe per tre minuti buoni. Poi si svegliò dal coma momentaneo edecise che era il momento di tornare effettivamente a casa.
Sivoltò, fece qualche passo e all'improvviso si fermò.
Non sapevaperché, ma aveva bisogno di fermarsi.
Aveva bisogno di pensare.
Effettivamente è da molto tempo che ha bisogno di pensare.
Inquel momento tutto si fermò intorno a lui.
Gli tornarono in mentei suoi primi anni. Ciò che lui era prima di prendere le sue primedecisioni. Un bambino viziato, abituato ad avere tutto con l'aiutodei genitori, un bambino che riceveva le attenzioni migliori soloperché i genitori non potevano fare a meno di accontentarlo.
Oalmeno questo era ciò che pensava lui.
In quel momento la veritàgli andò addosso come mai prima di quel momento.
In quel momentocapì tutto quello che in tutti questi anni gli era statonascosto.
Lui non era viziato perché i genitori lo amavano comese non esistesse nessun altro.
Lui era così viziato perchédoveva pensare che nel mondo non ci fosse nulla di male.
Nulla dicattivo.
In quel momento si rese conto che i suoi genitoricercavano solo di proteggerlo.
In quel momento gli venne in menteil suo primo no.
E non dai suoi genitori, ma da un suo compagnosdi scuola.
In quel momento capì che le cose se le dovevaguadagnare.
Da solo.
Da quel giorno cominciò ad andare acaccia. A frequentare lezioni privato di boxe per potersela cavare inqualsiasi momento.
Mentre pensava, scivolò su qualcosa di viscidoe cadde a terra. Sbattè forte la schiena. Sentì un dolorefortissimo alla colonna vertebrale. In quel momento non pensò altro,pensava solo che poteva essersi rotto la schiena.
Si mosse unpoco, cercò di capire se riusciva a muoversi.
Poi si rialzò, mauna fitta alla schiena lo rimise quasi subito a terra.
Si giròtentando di capire cosa l'avesse fatto scivolare.
Appenavoltatosi mise la mano su qualcosa di viscido, probabilmente quelliquido che lo aveva fatto cadere. Cercò di capire di cosa sitrattasse, ma il buio gli impediva di distinguere il colore e laconsistenza della sostanza, e la luce fioca del lampione pocodistante da lui non aiutava sicuramente.
Mise una due dita dentroal liquido per capire che cosa fosse, ma la consistenza a primoimpatto gli sembrò sconosciuta. Tirò fuori le dita e, nella mezzaoscurità, vide che il liquido gli rimaneva appiccicato alle dita ecolava lentamente, talmente era denso.
Raccolse tutto il coraggioche aveva in corpo e, con una smorfia di dolore, si tirò su, ecominciò a camminare verso il lampione poco avanti a lui. Dopo poco,alzò una mano verso la luce fioca e quello che vide lo lasciò senzaparole.
Il liquido che teneva tra le dita, che colava lento lungola sua mano, era di colore blu scuro, ed era la sostanza più densache avesse mai toccato.
Il liquido continuava a scendere lungo ilsuo braccio, mentre John continuava a strabuzzare gli occhi dallostupore.
Non riusciva a capire cosa potesse essere quel liquido,non riusciva a collegarlo a qualsiasi cosa lui conoscesse.
Volevatentare di assaggiarlo, ma represse subito questa possibilità,pensando che avrebbe potuto ucciderlo all'istante.
Se solo avessepotuto portarlo da qualcuno per farglielo controllare.
Poi a uncerto punto un'idea gli balenò nella testa.
A poche miglia daWilliams City c'era un laboratorio di ricerca, avrebbe potuto portarelà il liquido misteorioso.
Tornò indietro, mentre frugava nelletasche in cerca di qualcosa che potesse usare per raccogliere illiquido. Poi a un certo punto si ricordò di avere da qualche parteuna fialetta che teneva sempre nella tasca sinistra dei pantaloni,che usava durante le battute di caccia per raccogliere eventualiliquidi che sarebbero potuti tornargli utili.
Sperava solo nongli si fosse rotta dopo la caduta.
Cercò nella tasca e subito unsospiro di sollievo si espanse in tutto il suo corpo. La fialetta eraancora tutta intera.
Subito la prese e cominciò a raccogliere illiquido aiutandosi con le dita.
Dopo averne preso qualche goccia,si girò di scatto e fece per tornare a casa sua.
Fece qualchemetro, determinato a capire cosa quel liquifo fosse, ma subito altripensieri crebbero dentro di lui.
Incominciò a sentirsiosservato.
L'ansia cominciò a crescere dentro di lui.
Feceancora pochi metri ma l'ansia non si fermava, continuava apersistere.
Continuava a sentirsi osservato.
A un certo puntoJohn decise di fermarsi.
La via attorno a lui era abbastanzabuia, il che rendeva difficile capire se qualcuno lo stesseeffettivamente seguendo oppure no. Le uniche fonti di luce erano duelampioni, posti uno di fronte all'altro ma parallelamente, uno asinistra e l'altro a destra della strada.
John prese fiato, e silasciò andare a un respiro profondo. Qualunque cosa fosse, sequalcuno lo stesse davvero seguendo, avrebbe dovuto farsi vedere.
Simise a ridosso del lampione, in modo da avere più visibilitàpossibile.
Nulla.
Nessuna traccia di movimento, da nessunaparte, né dall'alto, né da dietro o davanti a lui.
Non sembravaesserci nulla.
Tentò così di Tranquillizzarsi, ma l'ansia e lasensazione di essere osservato non si calmavano, anzi crescevanoancora di più.
Pensò tra se e se cercando di tranquillizzarsi,che non c'era nulla da temere, perché nulla lo stava seguendo.
Anche se in fondo, dentro alla sua testa, sapeva perfettamenteche non era vero.
Non aveva mai sbagliato, le sue sensazionidicevano sempre la verità.
Si guardò lentamente attorno.
Aun tratto la sua attenzione cadde lentamente sul lampione che sitrovava dall'altra parte della via.
A un tratto la temperatura siabbassò di colpo.
Nonostante il suo cappotto di lana, sentìimprovvisamente un freddo gelido attraversargli la spina dorsale.
Fuallora che capì che c'era veramente qualcosa di strano. Non avevamai sentito freddo con quel cappotto.
A un certo punti videqualcosa che gli fece davvero correre i brividi lungo la schiena.
Laluce del lampione si stava affievolendo man mano sempre di più, ognitanto in un millisecondo si spegneva e si riaccendeva.
Poi sispense del tutto, dopo qualche crepitio e qualche secondo di attesa.John aspettò lì immobile, sempre in allerta, in attesa chesuccedesse qualcosa.
A un tratto la luce si riaccese, ma moltopiù fioca di come sarebbe dovuta essere normalmente.
L'attenzionedi John venne attirata poi da un palo non molto lontano dal lampionenell'altra via.
Aveva ansia.
Molta ansia.
E non capivanemmeno il perché. Sembrava tutto così calmo.
Poiall'improvviso intravide qualcosa nel palo. La luce fioca illuminavaa malapena quello che stava succedendo
Una mano ossuta, quasi dicolore azzurrognolo (o almeno così sembrava dalla luce fioca dellampione) apparve dall'oscurità e si avvinghiò al palo metallico.Le unghie aguzze quasi graffiavano la sua superficie, e la grandezzadella mano faceva pensare a tutto fuorché qualcosa di umano.
Johnvenne colto da un'improvvisa paura.
Indietreggiò di qualchepasso, ma quando vide che la mano cominciava a muoversi, quasi comese tendesse ad andare verso di lui, cominciò a correre.
Acorrere più forte di quanto potesse. Cercava la via più facile perarrivare a casa sua, cercava di ricordarsi ogni minuscola via perarrivare il più velocemente possibile al sicuro.
Corse per dieciminuti buoni. La paura e l'ansia non lo facevano ragionare bene,aveva la mente offuscata, e ad arrivare ci mise più del previsto.
Durante la corsa non si voltò mai. Aveva imparato che voltarsiper guardare qualcuno che ti insegue non faceva altro cherallentarlo.
Così arrivo a casa sua, stanco, col fiatone espaventato a morte.
Si girò per vedere se qualcuno lo stesseancora seguendo ma non vide nessuno, ma si decise comunque a entrarein casa il più velocemente possibile. Aprì la porta e la chiuse dicolpo, attaccandosi a quest'ultima per impedire a qualsiasi cosa dientrare.
Lo guardarono tutti in modo strano, colpiti di vederlocon quell'aria terrorizzata.
Parlò a fatica, col fiato che glimancava dalla corsa pazza e gli occhi a tratti lucidi
"Nonsiamo al sicuro", disse.
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Ghiaccio
HorrorIn Canada, in una piccola città, stanno accadendo strani eventi. Sarà compito di John, il protagonista, a capire cosa sta succedendo davvero, in quella che sarà un'avvincente storia, dal finale mozzafiato e incerto.