Capitolo 3

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Stavo camminando da tanto, non ero neanche sicuro di quanto, le lacrime mi offuscavano la vista e stavo iniziando a chiedermi quando mai le avrei finite. Il mio cervello stava implodendo, un migliaio di emozioni vorticavano nella mia testa senza alcun filo logico. Per quanto cercassi di afferrarle, di comprenderle, loro continuavano a scivolarmi di mano come sabbia al vento.

Ce l'avevo con mio padre per la litigata, ce l'avevo con la mia impulsività che mi aveva spinto ad andarmene di casa senza alcuna metà in mente, c'è l'avevo col mio orgoglio che non mi permetteva di girarmi e tornare sui miei passi.

Ma comunque, in fondo a quel mare di dubbi e rabbia, si faceva a stento intravedere una lucina, un frammento di speranza e di eccitazione per l'ignoto, per il mondo a me ancora sconosciuto che mi aspettava a braccia aperte, per quella voglia di avventura da sempre repressa in fondo al mio cuore che ora cercava di venir fuori.

Stavo ancora cercando di riordinare i pensieri quando una luce alle mie spalle mi fece sobbalzare.

Era una macchina che si avvicinava a gran velocità, mi misi sul bordo per lasciarla passare ma l'automobile si fermò proprio di fianco a me.
Tesi i muscoli e regolai il respiro, era notte fonda ed io ero in una stradina laterale immerso nell'oscurità.

Non volevo pensare negativo, ma ero pronto a prendere a pugni chiunque si fosse avvicinato troppo a me.
Il finestrino si abbassò e una squillante voce femminile mi fece cambiare immediatamente idea.
«Hey ragazzino, tutto a posto? Serve un passaggio?»
Feci ricadere la braccia lungo i fianchi, ero sollevato ma non avevo intenzione di abbassare troppo la guardia, solo perché era una donna dalla voce simpatica non significava che non potesse essere pericolosa.

Scese dall'auto e mi si avvicinò mentre io feci istintivamente un passo indietro.
Aveva dei lunghi di un marroncino chiaro, legati in una coda alta ed indossava un lungo vestito rosso acceso.

«È tutto ok, tranquillo» disse dolcemente «Io sono Cristina» tese la mano ed io glie la strinsi titubante, stavo per presentarmi quando la donna mi tiro verso di lei avvolgendo i in un abbraccio.
Rimasi perfettamente immobile, non sapendo come comportarmi in una situazione del genere.

«Povero caro qualsiasi cosa sia successa si risolverà» disse prendendomi il viso tra le mani e guardandomi con aria compassionevole.
«Gra-grazie...» risposi imbarazzato.
«È pericoloso camminare in strade come queste al buio, magari riesco a dati un passaggio. Io sto andando a Vicenza-»
«Perfetto, anche io devo andare a Vicenza»
Risposi fin troppo velocemente.

In tutta sincerità non ero nemmeno sicuro in quale parte del Veneto si trovasse esattamente Vicenza ma non era importante, l'unica cosa che volevo era allontanarmi il più possibile.

Sistemai il mio zaino con la chitarra nel sedile posteriore e mi sedetti davanti.
Salí anche Cristina che si sistemò alla guida, si tolse le scarpe e le lanciò dietro.
La fissai sconvolto e lei, notando il mio sguardo scoppiò a ridere.
«Scusa tesoro ma non riesco proprio a guidare con i tacchi!» spiegò.

Avviò il motore è partimmo.
Dopo qualche minuto di silenzio iniziò a parlare della festa da cui era appena uscita, di come quel cavernicolo suo ex si fosse messo a flirtare con un altra davanti a lei solo per ingelosirla, ma di come lei fosse troppo sveglia per cascarci.
«Hai idea di quanto sia snervante avere a che fare con certi individui?» sbottò ad un tratto
«sono solo dei palloni gonfiati, al primo appuntamento fanno tutti i carini e poi boom, di trasformano, diventano un'altra persona.

Non ti ascoltano nemmeno, si deve parlare solo di loro!» esclamò con foga, soltanto che ci mise troppa foga e per sbaglio schiacciò del tutto l'acceleratore facendo fare alla macchina un salto in aventi che per poco non ci fece finire fuori strada.
Fortunatamente riprese velocemente il controllo dell'auto evitando i un bagno nel ruscello.
«Visto caro? Nemmeno parlando di loro si può stare tranquilli»
Io annuii, poco convinto, con ancora le unghie conficcate nel sedile dallo spavento.

«Ah, è così bello parlare con te, sei proprio un bravo ascoltatore sai? Era da un sacco di tempo che un uomo non mi ascoltava così, probabilmente l'ultimo è stato il bibliotecario, oppure il tipo con gli apparecchi acustici-»
Continuò a parlare ininterrottamente finché non mi addormentai.

Un po' mi dispiacque non sapere come andò a finire la storia con il pizzaiolo, o il perché la sua migliore amica si fosse trasferita in Uganda senza avvisarla.

Fatto sta che stavo dormendo tranquillamente quando un urlo mi svegliò di soprassalto
«Ti sembra il modo da fare manovra? Troglodita, mi stavi venendo addosso!»
Ci misi un attimo a riprendermi dallo spavento, mi guardai in torno disorientato e notai che ci trovavamo nel centro di una città e che ormai si era fatto giorno.

Cristina ne frattempo tamburellava le unghie laccate sul volante scocciata.
«Gli uomini...» borbottò.
Non potei non sorridere, era davvero buffa con quell'espressione imbronciata ed il rossetto tutto sbavato.

In quel momento si accorse di me.
«Tesoro, ti sei svegliato!» esclamò felice
«Eh già» risposi, strofinandomi gli occhi intorpiditi dal sonno «Ho dormito molto?»
«Nah, due ore e mazza, poco più, credo»
«S-cusa» borbottai cercando di riconnettere il cervello «non sono stato molto di compagnia»
«Non ti preoccupare, caro, eri sfinito, spero tu ti sia riposato, almeno in parte»

Effettivamente ero proprio stanco, la gara, la camminata, il litigio...
Scossi la testa.
No, basta pensarci, lui mi aveva già fatto sprecare abbastanza lacrime.
«Io sono arrivata a casa» disse Cristina «devi arrivare in un luogo preciso...»
«No, grazie, va bene così. Hai già fatto molto per me non so come avrei fatto senza il tuo aiuto. Vorrei poterti ripagare in qualche modo-»
«Non ce ne è assolutamente bisogno, mi ha fatto piacere incontrarti sei un bravo ragazzo»

Strappò un foglietto dalla sua agenda e ci scrisse velocemente sopra qualcosa per poi porgermelo «È il mio numero» disse «Semmai passassi ancora di qua e ti servisse qualcosa»
Le sorrisi grato.

«E, comunque, ascolta le parole di questa povera sfigata, va dove devi andare, vivi la tua vita senza rendere conto a nessuno, perché vivere è la cosa più rara del mondo.
La maggior parte della gente esiste, e basta»
Ci salutammo, presi lo zaino e me ne andai, con quelle parole che mano a mano mi si stavano scolpendo nel cuore.



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