Capitolo 4

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Stavo girovagando da un po' quando mi ritrovai in una piazza dove, sulla mia destra, si stagliava  una basilica.
Doveva essere la Basilica Palladiana, l'avevo studiata l'altr'anno a scuola.

È l'edificio simbolo di Vicenza ed è stata progettata dall'architetto Andrea Palladio, considerato il più importante architetto veneto del Cinquecento.

Restai ad ammirarla per un po' ma poi mi costrinsi ad andare avanti.

onostante Vicenza fosse una città relativamente piccola, per me, che ero sempre vissuto in paese, era davvero enorme. 

Mi persi più volte continuando a girare in tondo.

Se di solito tutte le strade portano a Roma, a Vicenza tutte le strade portano alla Basilica! 


Chiesi aiuto ad una vecchietta che mi spiegò in breve come arrivare in stazione. Per quanto mi piacesse quella città volevo allontanarmi da casa il più possibile. 


Chissà se erano preoccupati, probabilmente credevano fossi ancora chiuso in camera, o forse avevano trovato il modo di aprire la porta.

Questi dubbi mi tormentavano ma ancor più mi preoccupava l'idea di aver abbandonato i miei amici senza avvisarli. Probabilmente saranno i primi ad essere messi sotto torchio per la mia scomparsa. 

Mi sentii terribilmente in colpa ma non sapevo come chiamarli e poi, se si fossero lasciati sfuggire qualcosa, anche involontariamente?

Promisi a me stesso di chiamarli più avanti e nel frattempo iniziai a dubitare che lasciare il cellulare a casa fosse stata una grande idea. 

Arrivai in pazza castello e, secondo ciò che mi aveva detto la vecchietta, mi sarebbe bastato andare un po' più avanti e girare a destra per avere la stazione ferroviaria davanti. 

Seguii le indicazioni e continuai a camminare quando un supermercato alla mia destra attirò la mia attenzione. Solo in quel momento mi accorsi di quanto avessi fame. 

Mi sarei divorato qualsiasi cosa. 

Entrai e subito cercai i prodotti più economici. Comprai un sacco pieno di pane, gocciole sottomarca formato famiglia e alcune bottiglie d'acqua. 


Uscii e andai a sedermi su una panchina nel parco di fronte. 

Non sembrava un gran bel posto ma avevo troppa fame per essere schizzinoso. 
Mangiai di gusto e rimisi gli avanzi nello zaino. 
Arrivai in stazione e guardai i treni in partenza, erano tutti dei regionali. 
Andai al servizio informazioni, c'era una fila infinita. 

La giovane coppia davanti a me non faceva altro che spettegolare su ogni povera anima entrasse dalla porta automatica della sala, ed io mi divertii parecchio ad ascoltare tutti loro discorsi. 


Arrivò finalmente il mio turno ma, in tutta franchezza, il risultato non valse l'attesa, per nulla. 

Scoprii che gli unici treni interregionali di quel giorno erano diretti a Milano, Roma e Firenze mentre l'unico internazionale era per Lione. 
Il problema? Costavano un occhio della testa e non andavo nemmeno troppo lontano. 

Uscii dalla stazione sconsolato e mi rimisi a girovagare senza meta.


Stavo per girarmi e tornare indietro un altra volta quando uno sferragliamento attirò la mia attenzione, mi sporsi dalla ringhiera e vidi sfrecciare sulle rotaie sotto di me un treno a tutta velocità. 

Non si era nemmeno fermato in stazione. 


Fu allora che mi venne quella malsana idea.
Fermai un uomo per chiedergli un'informazione e subito dopo trovai delle scale di sicurezza che portavano ai binari. 

Riuscii a scavalcare abbastanza facilmente la recinzione e scesi per poi infilarmi dentro ad una rientranza. 


Il piano era semplice: sarei saltato sul primo treno merci che mi passava davanti e sarei rimasto su fino al capolinea, poi si sarebbe visto. 


Ero incollato alla parete, aver trovato quella nicchia nel lungo muro ciottolato era stato un vero colpo di fortuna.


Non che fossi al sicuro neanche così, un passo falso e finivo spiaccicato sotto alle ruote di un treno.

Dalle informazioni estorte a quell'uomo avevo scoperto che dalla stazione di Vicenza passavano parecchi treni merce, ed io ero intenzionato a prenderne uno.


Non potevo sprecare i pochi soldi che avevo per un biglietto dal costo astronomico. 

In quel momento sentii lo sferragliare del treno in arrivo.
Non ero pronto, no, non ero pronto per niente. 
Iniziai a vedere i fanali del treno avvicinarsi a gran velocità.
Un rumore assordante mi perforò i timpani lasciandomi stordito per un attimo, ma non avevo tempo per questo, in realtà non avevo tempo per nulla. 
Saltai fuori dal mia mia nicchia sicura ed iniziai a correre.

Non credevo possibile che le mie gambe fossero capaci di sostenere un tale sforzo. 
Sentivo l'aria gelida graffiarmi il viso, il cuore che mi rimbalzava in bocca e lo zaino ad un tratto sembrava pesare il triplo.
La fine del treno si stava avvicinando troppo velocemente. 
Dovevo salire. 

Saltai, con il piede destro mi appoggiati al muro dandomi la spinta e l'altezza sufficiente per atterrare sulla piattaforma prima della giuntura dei vagoni. 
Sbattei violentemente il viso sul metallo del pavimento ma riuscii comunque ad aggrapparmi ad una sporgenza con le dita. 
Lo zaino mi trascinava indietro e le gambe sembravano rifiutarsi di muoversi dopo lo sforzo della corsa. 

Con una forza data probabilmente solo dal quintale di adrenalina che ormai scorreva nelle mie vene riuscii ad issarmi completamente su. 

Mi tolsi lo zaino, lo fissai, in modo che anche con curve violente non rischiasse di cadere e mi sedetti appoggiando la schiena al vagone. 
In quel momento il peso che avevo sullo stomaco scomparve, fu un istante meraviglioso, il mio corpo sembrava leggero, come se ad un tratto fosse diventato gommapiuma e la mia mente era riempita da un solo pensiero: 
"ce l'ho fatta" 

Poi arrivò il dolore e tutto scomparve. 
Le mani erano completamente rosse di sangue a causa dei profondi tagli che mi ero procurato aggrappandosi alla lamiera. 
Il viso sembrava aver preso fuoco, e non d'imbarazzo come descrivono in tutti i romanzi rosa, letteralmente. 

Mi toccai il naso solo per scoprire che si era gonfiato come anche il mio occhio e zigomo sinistro. 

Le gambe invece sembravano paralizzante, faticavo a muoverle, anzi, proprio a sentirle. 
Come quando ti si addormenta il piede e sembri un deficente perché non riesci a camminare non capendo dove finisca la gamba. 
Ecco, peggio. 

Strinsi i denti e chiusi gli occhi. 
Dopo qualche secondo mi addormentai.

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