| 𝐞𝐦𝐦𝐚

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──── 𝐧𝐨𝐭𝐞 𝐚𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞Parto dal presupposto che questa oneshot è lunga, parecchio

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──── 𝐧𝐨𝐭𝐞 𝐚𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞
Parto dal presupposto che questa oneshot è lunga, parecchio. Credo di non aver mai scritto così tanto in tutta la mia vita, quindi mettetevi comodi. È anche molto "intensa" - per così dire - e in qualche modo personale.
Io ne sono veramente soddisfatta, non scrivevo così da parecchio e mi sembra di essere tornata ai vecchi tempi (good old days vibes).
Spero piaccia anche a voi,
Laura.















› 𝐞𝐦𝐦𝐚 : solitudine.





C'erano tante cose che Emma non sopportava della sua vita, ma le lezioni all'università di lunedì pomeriggio erano sempre state al primo posto della sua classifica. Almeno fino al giorno dopo, quando intavolava una discussione con i suoi o litigava con le sue amiche per futili sciocchezze. Allora, lì, le priorità cambiavano e la classifica si aggiornava.

Le lezioni all'università di pomeriggio, però, erano davvero snervanti e neanche tutte le sigarette che fumava nelle pause che si concedeva praticamente ogni trenta minuti, riuscivano a calmarla e a far sembrare quella giornata meno di merda. Ma infondo, come si può trasformare un lunedì in una bella giornata? Praticamente impossibile. Neanche quando il suo compleanno ricadeva in quel giorno della settimana riusciva a farselo andare giù.

Ma, come dicevamo prima, c'erano anche tante altre cose che a Emma proprio non andavano giù della sua vita. In primis, il rapporto con i suoi genitori. Emma aveva vent'anni ed un temperamento vispo costante. Aveva il cervello più maturo di qualche anno e i bronci sulle labbra che la facevano sembrare una bambina. Ma soprattutto, Emma era testarda. Da morire. E suo padre e sua madre non si dimenticavano mai di farglielo notare, ogni giorno, con un certo fastidio nella voce. Come a dire cambia, Emma, che non vai più bene. E allora la ragazza si chiedeva se per loro fosse mai andata bene veramente.

L'altra cosa che proprio non sopportava della sua vita, era la facilità con cui lei e le sue amiche riuscivano a litigare - per piccole stronzate - e a trasformare il niente in un tutto catastrofico e devastante. Perché Emma, a Lea e Cara, voleva così tanto bene che a volte le scoppiava il cuore. Si conoscevano da quando erano bambine e, da che si ricorda, erano sempre state solo loro tre. Considerarle amiche sarebbe stato riduttivo, migliori amiche anche di più. Loro erano sorelle, ma anche quello spesso sembrava non bastare per descrivere tutto quello che erano. Emma era figlia unica e da tutta la vita aveva sempre contato solo e soltanto su di loro. Non su sua madre, non su suo padre. Solo e soltanto su di loro.

Quindi, quando quel tutto veniva riempito di crepe da una parola sbagliata, un gesto poco coscienzioso o una stupida gelosia, a Emma si spezzava il cuore. Come potevano loro ridurre tutto a questo? Come potevano sgretolarsi sempre di più. Emma se le sentiva scivolare via dalle mani come granelli di sabbia mentre una strana sensazione di solitudine le squarciava le membra.

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