•8• Arte

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Se c'era una cosa che Midorikawa Ryuuji aveva sempre amato era l'arte, ma in particolare amava quell'arte che era il mezzo più semplice per comunicare: la musica.

Amava il modo in cui essa spaziava da un genere all'altro e come esprimeva le sensazioni e i sentimenti di ogni singolo essere umano, poiché ogni persona poteva interpretare un brano o direttamente un compositore come più voleva nonostante il background di composizione e il modo in cui si viveva a quell'epoca. Amava anche la facilità con cui si poteva comunicare con qualcuno, semplicemente dedicando una canzone che, diversamente dalla poesia, poteva scaturire diversi sentimenti solo dalla base strumentale e dalla melodia della canzone stessa.

Quel pomeriggio Midorikawa aveva deciso di andare ad una esposizione di strumenti antichi che Tokyo avrebbe ospitato per soli sette giorni: il posto originario di quella esposizione era in Italia, un paese che era davvero ricco di musei di quel genere e che Midorikawa sicuramente avrebbe visitato almeno una volta nella sua vita; ma per il suo diciassettesimo compleanno la sua migliore amica, Maki, gli aveva regalato un biglietto per una visita completa e integrale anche negli archivi e Midorikawa non avrebbe potuto che chiedere di meglio.

Quindi, quella mattina si ritrovava a osservare antichissimi manoscritti provenienti da Abbazie altrettanto antiche e strumenti musicali originali del medioevo. Ma uno strumento che aveva catturato l'attenzione di Midorikawa, era un clavicembalo esposto in una stanza completamente illuminata dalla luce naturale del sole di autunno che proveniva dalla grande finestra aperta e che filtrava attraverso le tende. Sul clavicembalo c'era scritto su di un cartellino poco più grande del palmo di una mano:

"Tutti gli strumenti sono facili da suonare. Tutto sta nel pigiare il tasto giusto al momento giusto e lo strumento suonerà da solo."

Poi sorrise, riconoscendo la citazione. Era Bach.

Ryuuji amava Bach. Amava il modo in cui la sua musica aveva rivoluzionato la storia e come spaziava dai suoi minuetti ai suoi concerti, il modo naturale in cui aggiungeva variazioni e piccole improvvisazioni lo affascinava ancora di più.

<<Bello, Bach, vero?>> chiese una voce alle sue spalle e Midorikawa sussultò, per poi voltarsi e incontrare un paio di occhi color cristallo contornati da un viso diafano e una chioma di capelli di un rosso acceso che Midorikawa non avrebbe paragonato al colore del fuoco, bensì probabilmente al colore del  sangue, della passione. O semplicemente a quello di un pomodoro appena maturo, ma a Midorikawa piaceva essere poetico e di sicuro i pomodori non lo erano.

A meno che non fossero presenti in una natura morta di Arcimboldo o di Caravaggio. Allora sarebbe stato diverso, ma avrebbero perso quel colore bellissimo che caratterizza un pomodoro maturo.

Restò per un momento catturato dalla bellezza del ragazzo, una bellezza quasi vampirea. Era impossibile che fosse reale, era troppo etereo per esserlo. Si riprese dal suo piccolo trance per non dare troppo a vedere il fatto di essere stato completamente ammaliato dal suo sguardo.

Midorikawa, quindi, annuì <<Anche se molte di queste composizioni non si capiscono molto bene, non trovi anche tu?>> chiese, mentre il ragazzo dai capelli rossi tornava a osservare ciò che aveva attorno, soffermandosi poi su uno scritto proveniente da una Abbazia provenzale.

<<L'arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è. E se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe. >> si limitò a rispondere, senza neanche guardarlo e ispezionando per bene ciò che aveva di fronte: la carta da pergamena ingiallita e vecchia di almeno un millennio e la bella calligrafia quasi indecifrabile tipica dei monaci amanuensi -o dei dottori, dipende dai punti di vista-.

Raccolta One-shots || HiroMidoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora