29 - Luke

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Parlo della gelosia che svuota le vene all’idea che l’essere amato penetri un corpo altrui, la gelosia che piega le gambe, toglie il sonno, distrugge il fegato, arrovella i pensieri, la gelosia che avvelena l’intelligenza con interrogativi, sospetti, paure, e mortifica la dignità con indagini, lamenti, tranelli, facendoti sentire derubato, ridicolo, trasformandoti in un poliziotto inquisitore carceriere dell’essere amato.
(Oriana Fallaci)

***

Quando ho visto Anna scendere dalla macchina e allontanarsi, mi è parso di non riuscire a sopportare la distanza che si stava allungando sempre di più tra noi due.
Non potevo accettare di lasciarla andare via da sola, di farla salire a casa sua e andarmene.
Non so davvero spiegarmi tutto questo, ma è così e basta.
Dopo aver passato la notte a dormire accanto a lei, credo sarà difficile persino rimettere piede nel mio appartamento vuoto. Non ho fatto altro che pensarci per tutto il tragitto.
Così, ho agito d'istinto: sono balzato giù dal sedile dell'auto e ho iniziato a correre per raggiungerla, e quando mi sono trovato di fronte a quegli occhi neri come la notte - che mi guardavano confusi -, non sono riuscito a trattenermi. Erano settimane che desideravo farlo.
Mi sono avvicinato, le ho circondato il viso con entrambe le mani e ho poggiato le labbra sulle sue, senza nessun tipo di paura o esitazione.
Come ho fatto a resistere fino ad ora? Non lo so, non so più niente.
Non ci capisco più niente mentre, barcollando, ci ritroviamo a sbattere contro il portone d'entrata.
La imprigiono tra il mio corpo e le sbarre di ferro, fregandomene di tutto, anche del fatto che siamo all'aperto e che qualcuno potrebbe vederci. Anna stringe con forza i miei capelli tra le dita, sento le unghie conficcarsi alla base del collo, mi attira a sé e continua a far giocare la lingua con la mia.
Cristo!
La sua foga non fa che accendere in me la voglia di continuare.
Poi, ad un tratto, la guardo tirarsi indietro, solo per ansimare di desiderio, e quel suono dolce, sembra arrivarmi dritto all'inguine - senza nemmeno preoccuparsi di passare dal via.
Non mi era mai capitato di desiderare una persona con così tanta intensità.
La osservo incantato e incapace di fermarmi, mi avvicino nuovamente a lei.
C'è qualcosa di diverso in questo bacio, qualcosa che mancava al primo che ci siamo scambiati quel giorno in sala mensa. Questa volta non si tratta solo di puro desiderio fisico, c'è qualcosa di più che muove i nostri corpi uniti.
Il suo profumo di rose entra forte nelle mie narici e ho l'impressione di riuscire a sentirlo scendere fin dentro la gola, è come una pozione magica, è un elisir potentissimo, di cui non ne ho mai abbastanza, e di cui non posso fare più a meno.
Il tempo sembra fermarsi qui, a questo istante. Tutto si riduce a lei.
La vita mi ha di nuovo giocato un brutto scherzo, ne sono consapevole. Questo però non riesce comunque ad arrestare le mie azioni. Non riesce a tenermi lontano da questa ragazza. E se è vero che ognuno di noi vive per scrivere il proprio destino, allora io sto condannando il mio.
Ma il pensiero di vederla cedere alle attenzioni di Thomas, o a quelle di uno come lui, mi fa diventare pazzo.
Quindi, al momento, non credo di avere molta altra scelta.
«Parlami», sussurra. «Parlami come hai fatto la prima volta», ansima ancora.
Vorrei davvero esaudire la sua richiesta, vorrei riuscire ad esprimere i miei pensieri ad alta voce, vorrei farlo... ma credo di aver perso le parole.
Ho la testa vuota, andata.
Sono totalmente assuefatto al suo odore, al suo sapore.
Per questo non mi accorgo subito della persona alle mie spalle che continua a tossire in imbarazzo e a schiarirsi la voce con insistenza.
Merda.
«Ehm... Perdonatemi...» Al suono di quelle parole, Anna mi spintona con forza.
Perché cazzo finisce sempre così?
Indietreggio, cercando di mantenere l'equilibrio.
«Buongiorno, Mrs Jones», la sento farfugliare in imbarazzo, mentre cerca di sistemarsi i capelli dietro le orecchie.
«Oh, Anna, cara, sei tu!», esclama l'altra. «Non ti avevo riconosciuta!»
Mi volto e mi ritrovo davanti ad una vecchietta in tuta da ginnastica intenta a sistemarsi meglio gli occhiali da vista sul naso. Accanto a lei, un piccolo jack russel al guinzaglio non la smette di abbaiare rabbioso.
«Scusa l'interruzione, cara, ma io e il mio Archie dovremmo rientrare...»
«Non deve scusarsi...», mormora Anna, a disagio, spostandosi per farla passare.
La vecchia e il cane indemoniato iniziano ad irritarmi.
«E questo bel giovanotto?», si informa, puntando i suoi occhietti curiosi su di me.
Ha proprio la faccia della classica pettegola moralista.
«Lui... veramente noi...», balbetta lei.
«Sono il suo ragazzo», intervengo io, con voce chiara e forte. Ho parlato senza pensare, ma non riesco a pentirmi di quello che ho appena detto, nemmeno quando mi ritrovo davanti a due paia di occhi che mi fissano increduli.
A mia discolpa, vista la situazione in cui ci troviamo, mi sembrava la cosa migliore da dire.
«Ah», fa la donna, spezzando il breve silenzio. «È curioso...», aggiunge, subito dopo, pensierosa. «Sono convinta che, non molti giorni fa, un altro ragazzo mi abbia detto la stessa, identica cosa», continua, riservandomi un'occhiata più accurata, come per accertarsi che, effettivamente, io non sia la stessa persona che ricorda di aver visto.
Aggrotto la fronte. «È sicura?» Lancio uno sguardo ad Anna, che sembra interdetta quanto me. La sua confusione però lascia lentamente spazio ad un'espressione più consapevole, quando la donna riprende a parlare.
«Sicurissima. Io e il mio Archie stavamo rientrando dalla nostra solita passeggiata mattutina, quando ho visto un bel giovane, alto, biondo e con gli occhi azzurri, uscire proprio da qui», indica il portone. «Saranno state circa le sette del mattino. Faceva i capricci quel giorno il mio Archie, non è vero?», ride, accarezzando il sacco di pulci. «Comunque, con tutte le cose orribili che si sentono oggigiorno e non avendolo mai visto, mi sono preoccupata. Così gli ho chiesto chi fosse e che cosa ci facesse qui. E lui ha detto proprio quello che ho appena sentito da questo bel giovanotto», mi guarda e si stringe nelle spalle.
«Poi senza dare altre spiegazioni ha mormorato che aveva trascorso la notte più bella di tutta la sua vita, ed è letteralmente scappato via», conclude.
Ma che cazzo significa?
La notte più bella della sua vita?
Punto lo sguardo su Anna, che mi restituisce un'occhiata strana.
Biondo, occhi azzurri...
Il nome di Thomas Vans inizia a lampeggiare come una fottuta insegna al neon nella mia testa.
«Spero di non aver detto nulla di male», riprende la donna, forse incuriosita dal silenzio prolungato che inizia a farsi pesante. «Non volevo farmi gli affari di nessuno... Ora vado. Ho bisogno di far riposare i miei piedini stanchi» Mentre si allontana, la guardo osservarci malinconica, scuotere la testa e sospirare triste: «Beata gioventù!»
Un attimo dopo è già sparita all'interno del palazzo.
Okay. Devo mantenere la calma.
Magari non è come sembra.
Non devo trarre conclusioni affrettate. Stringo le mani in un pugno.
«Con chi cazzo hai passato la notte?», sbotto, furioso.
Il fatto che ci siamo appena baciati e che sento ancora il suo sapore bruciarmi sulla lingua, non mi aiuta affatto a gestire la rabbia che sento montare dentro. Faccio fatica a restare lucido e questo mi fa incazzare ancora di più.
«È una storia lunga ed è tardi...», mormora, abbassando lo sguardo.
«Sei andata a letto con Thomas Vans, oppure, per caso, c'è qualcuno di cui non so nulla?» Ad ogni parola, pronunciata con sdegno, faccio un passo in avanti verso di lei, fino a trovarmi molto vicino al suo bel viso. Ha gli occhi sbarrati, eppure la stretta vicinanza e la mia furia non sembrano intimorirla. Lo sguardo di entrambi inizia a cercare frenetico quello dell'altro, una strana tensione inizia a distendersi tra il poco spazio che ci separa. La osservo inumidirsi le labbra e mordersi il labbro inferiore con così tanta forza da farmi desiderare di essere io stesso a farlo.

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