Capitolo 5 - Nato per amare

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E ho capito che infondo va bene così
Anche se siamo distanti
A me va bene anche distanti
A me va bene anche distanti
Tanto ti porto con me

Ipocondria (Ultimo)


Alessandro, ottobre

«Dobbiamo proprio andarci?» mi chiede supplichevole Agatha mentre parcheggio la mia auto accanto al vialetto d'ingresso della casa di Gloria. Sorrido, fosse per lei passerebbe tutto il weekend blindata in casa.

«Non mi fraintendere, anch'io preferirei trascorrere la serata a rotolarmi tra le lenzuola, ma non vedi tua nonna da quanto? Due mesi? Ci ha invitato a cena, non possiamo non presentarci...» cerco di fare il maturo della coppia. Lei di rimando mi fa la faccia da gatto con gli stivali della Dreamworks. Scuoto la testa. «Non ci pensare minimamente!» scendo avviandomi verso il portone, prima di cambiare idea e riportarmela a casa. Sì, con estremo ritardo l'ho accolta nella mia umile dimora, le ho mostrato gli spazi che condividevo con Massimo, le fotografie di famiglia, le ho dato la chiavi per farle capire che non ho più nulla da nascondere. La voglio nella mia vita.

Agatha sbatte lo sportello facendo tremare la carrozzeria e mi mette il muso. Quando suono al campanello lei mi si avvicina e bisbiglia: «Stanotte niente sesso!» e mi guarda con aria di sfida. In quel momento ci apre Alfio con un sorrismo smagliante e un grembiule che raffigura un uomo in boxer super muscoloso e la scritta "Nato x amare, costretto a cucinare".  Non c'è niente da fare, è diventato il mio idolo.

«Che bello! Siete già arrivati!!! Forza entrate!» guardo Agatha per capire se poco fa fosse seria o fosse solo un bluff, ma non batte ciglio. Cazzo!

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Il weekend è giunto al termine. Agatha non ha mantenuto la promessa. Rientrati nel mio appartamento ci è voluto poco per farla cedere. Ho fatto una doccia e mi è bastato attraversare la camera da letto con solo un asciugamano in vita per sbloccare la situazione. Donna debole! Meno male...

Siamo in stazione, il treno parte tra poco. Agatha non ha proferito verbo per tutto il tragitto e ora che siamo al binario 5, e mentre tutti si affrettano a salire, lei non si muove e gli occhi le si riempiono di lacrime. Non credevo sarebbe stato così difficile questo periodo di transizione. La tiro a me, stringendola come per fonderla col mio corpo. Me ne frego se ci sono sguardi perplessi o curiosi. Non sono più l'Alessandro che si preoccupa di quello che possono pensare gli altri. Voglio solo che lei stia bene.

«Ehi piccola, tra pochi giorni staremo ancora insieme, ok?» la verità è che mi si spezza il cuore vederla partire. Lei annuisce, si sta sforzando di non sembrarmi patetica, in realtà tutto questo me la fa apprezzare ancora di più. Gli altoparlanti chiamano la partenza del suo treno. La stringo di nuovo a me per pochi istanti e poi la aiuto con la valigia. In un attimo sale, le carrozze si muovono e lei è di nuovo andata via da me.



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