~ Capitolo 3 ~

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LUKE POV'S

Gliel'avevo promesso. E le promesse si mantengono. E noi lo abbiamo promesso, con le lacrime che cadevano dal suo viso, con i nostri cuori che si urlavano a vicenda di non lasciarci.
Ma io lo sapevo, ne ero più che sicuro che sarei tornato da lei. Che finalmente saremo potuti stare insieme.

-"Sei pronto?"
Ashton mi fece questa domanda togliendomi dai miei più profondi pensieri.

-"Si,credo di si."

Ed era vero. Ero continuamente nervoso. Da lì a poco avrei firmato un contratto discografico con i miei amici più fidati: Ashton,Calum e Michael. Avevamo fondato una band: 5 Seconds of Summer, l'ha inventato Ashton anche se non ha un significato vero e proprio. Avremmo sfondato, era il nostro sogno.
Avrebbe cambiato per sempre la mia vita... E quella di Skylar.
Dovevamo solo avere la pazienza di aspettare. E se era amore vero,cazzo si, sarebbe stato per sempre.

SKYLAR POV'S

Sono finalmente tornata alla mia casa. Che potrei anche non definirla così dato che non mi ricordo nulla, quindi è una casa come le altre per me.
Mio padre l'ho visto solo una volta, mi aveva regalato un cellulare nuovo.
È un bell'uomo: si chiama James, ha 45 anni, capelli castani, occhi scuri, muscoloso... Insomma aveva un bel aspetto.

Appena giunta a casa mi venne ad accogliere Olga, la mia domestica,e mi condusse nella mia stanza.

Era ampia, lilla e bianca. Mi piace il lilla. All'angolo di essa ho un immensa cabina armadio con al suo fianco una porta. Presa dalla curiosità aprì il mio armadio e mi ritrovai un centinaio di vestiti: ne rimasi stupita, anche se Jennifer me l'aveva detto che a me piace la moda e che la mia famiglia è
"Ricca è poco" come dice lei.

Successivamente aprì la porta di quello che dedussi sia il bagno ed entrai in esso: era bianco accompagnato da un colore acqua marina. Il bianco non mi piaceva, mi ricordava l'ospedale, e anche se era l'unico ricordo che avevo era anche quello che volevo dimenticare il più presto possibile.

Uscì dal bagno per osservare ancora la mia stanza, mi diressi verso la porta finestra, la aprì e mi affacciai al balcone: inspirai l'aria a pieni polmoni felice di non sentire più l'odore di medicina.
Guardai in basso ma nel momento in cui lo feci mi colpì un forte mal di testa, sbattei le palpebre un paio di volte a causa del dolore massaggiandomi freneticamente le tempie.

Riguardai in basso e nel giardino curato di casa mia vidi un ragazzo biondo, con una chitarra in mano che cantava ma non riuscivo a sentirne la voce. Alzò lo sguardo verso di me, mi sorrise e rimasi incantata da quei occhi azzurro mare e dal suo splendido sorriso. Sbattei le palpebre nuovamente e il ragazzo scomparì. Lo cercai con lo sguardo,ma nulla... Pensai di essermelo immaginato e tornai nella stanza: i medici mi avevano già messo in guardia sul fatto che avrei potuto essere soggetta a illusioni.

Mi diressi alla scrivania cercando un particolare che mi facesse ricordare, aprì i cassetti, guardai le foto ma nulla: quei volti che ritraevano me e altre persone felici non me le ricordavo.

La mia attenzione poi venne attratta da pezzi di carta strappati posti sul mio comodino: li presi e li osservai.
C'ero io, delle parole e quel sorriso che mi ero "immaginata" poco prima.
In tutta fretta cercai di ricomporla cercando del nastro adesivo sulla mia scrivania per tenerla insieme.

Quando finalmente ci riuscì la osservai meglio: come avevo visto c'ero io abbracciata al ragazzo biondo che con una mano teneva la fotocamera e con l'altra mi cingeva il fianco. Dietro a essa c'erano testuali parole: Wherever you are.

Amnesia || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora