1. Una casa difettosa.

283 27 1
                                    

Il giorno dopo decisi di andare a fare delle spese, così da riempire un po' la credenza e il frigorifero.
E, ultimo, ma non per importanza, comprai delle trappole per topi, che posizionai nella stanza al piano di sotto.
Dopo aver sistemato ogni minima cosa al suo posto, mi misi a cucinare tenendo la tv come sottofondo.

Che buon odore... Mamma...

Sentii delle interferenze dalla tv, dei suoni e delle voci diverse da quelle presenti nel programma.
Ha cambiato canale?
Mi affacciai e notai che il canale era sempre lo stesso, compresi i suoi che provenivano da esso.
Non c'era nulla di quello che avevo percepito io.
Mi passai una mano fra i capelli, frustrato, e non potendo fare a meno di pensare che forse Erwin non aveva tutti i torti a preoccuparsi.

Ero strano, mi preoccupavo da solo.
Quella notte avevo sentito dei rumori che non c'erano, passi anche se ero solo in casa.
Non mi sentivo affatto bene, non mi sentivo in forma, e forse avevo fatto un errore ad isolarmi da tutto e tutti.
Ma era quello che volevo. Avevo bisogno di tranquillità, di pace.
L'episodio che mi fece congedare non mi si era tolto dalla mente, e aveva sconvolto i miei sottoposti tanto quanto aveva sconvolto me.

Non ero mai stato un tipo impressionabile, né sensibile, o in caso contrario non avrei mai scelto la strada del soldato. Ma la scoperta del mio Disturbo Ossessivo Compulsivo per la pulizia mi destabilizzò, specie quando, con la divisa sporca in una mano, e una saponetta nell'altra, l'avevo sfregata così tanto sotto il getto d'acqua da bucarla completamente. E continuavo, nonostante la stoffa strappata.

Per me non era abbastanza pulita, così come non lo era quel mestolo che stavo lavando per la decima volta, dopo aver cucinato.
Il Comandante mi vide stressato, provato, e decise che forse era meglio tenermi al riposo per un po', anziché rischiare di peggiorare.

Non sarei mai più tornato sul campo di battaglia.
Ne ero così consapevole da star male. E stavo male non perché la guerra è bella, ma perché pensare ad un clima tranquillo e al riposo mi mozzava il respiro, ormai preso da quella vita frenetica e sempre imprevedibile.

Le luci lampeggiarono, in quel momento, e alzai gli occhi verso la lampadina, maledicendo per l'ennesima volta l'impianto elettrico di merda.
Mi alzai sbuffando, dal divano, e andai al piano di sotto, dove mi avvicinai al contatore della corrente e staccai definitivamente l'impianto elettrico. Appena lo riattivai, tutto tornò alla normalità.
Forse è il caso che vada a farmi una doccia.
Salii in bagno e dopo vari tentativi, uscì l'acqua calda.

Mi infilai sotto il getto, sospirando rilassato e chiusi gli occhi, abbandonandomi a quel momento di pace.
Durò poco.
Un getto d'acqua ghiacciata mi pugnalò la schiena, e istintivamente mi allontanai.
Fortunatamente ero abituato alle docce fredde, perciò finii per farla gelida, non trovando altre alternative dal momento che l'acqua calda non funzionava.
Uscii, mi asciugai e mi vestii.

Presi il telefono che, sorprendentemente, non mi diede problemi, e chiamai immediatamente un tecnico.
"Non c'è problema, Signore, manderò un nostro operaio fra un quarto d'ora"
"La ringrazio, arrivederci" e attaccai.
Un quarto d'ora dopo sentii bussare alla porta, e mi affrettai ad andare ad aprire.

"Salve" salutai, facendomi da parte per invitarlo all'interno.
"Buonasera" ricambiò, ed entrò.
"Caffè?"
"Volentieri. Qual è il problema?"
"Le luci tremano. Si accendono e spengono. La televisione a volte dà interferenze. In più ovunque tocco, perfino il quadro generale, prendo la scossa"
"Capisco" mormorò. "Ha il progetto dell'impianto?"

L'avevo preparato, così gli indicai il tavolo, verso il quale ci spostammo, in modo da farglielo esaminare.
"Ho comprato questa casa da poco. Il vecchio proprietario mi ha fatto una copia"
"Molto bene..." si fece un'idea. "Dov'è il generatore?"
Lo accompagnai in fondo alle scale di quel luogo davvero poco accogliente, e mi accorsi di una cosa che non mi fece tranquillizzare poi molto.
Le trappole per topi erano scattate.
Vuote.

"Va tutto bene?" mi destò il tecnico.
"Sì" aprii il contatore e gli feci un cenno verso le scale. "Preparo il caffè. Per qualunque cosa mi chiami"
Detto questo, salii di sopra e misi la caffettiera sui fornelli, mentre il mio sguardo vagò per la casa, pensieroso.
Guardai i telefono, che probabilmente sarebbe rimasto al suo posto se non ne avessi avuto necessità, e mi resi conto di non aver chiamato Erwin per dirgli che andava tutto bene, nemmeno un messaggio.

Sono davvero pessimo, a volte... Lo chiamo dopo.

La caffettiera fumò, segno che il caffè era pronto, così presi delle tazzine e lo versai in esse.
Non gli ho chiesto quanto zucchero vuole.
Andai verso la porta delle scale, e sentii dei rumori, come dei passi, così mi affrettai ad aprire la porta e mi affacciai.
"Mi scusi. Il caffè è-"
Mi bloccai vedendolo sfrecciare accanto a me, in preda al panico, urlando, per poi dirigersi fuori casa e sfrecciare via con la macchina, quasi scontrandosi con un'altra.

Rimasi a fissare la porta, sconcertato da quel suo comportamento, poi gettai un'occhiata di sotto alle scale, e fu allora che vidi un liquido rosso che si espandeva da sotto la porta sigillata.
Chiusi la porta, senza muovermi di un millimetro...
Ma che cazzo...
Non avevo paura, ad essere sincero. Avevo sicuramente visto di peggio, senza mai scompormi, al fronte. Ma cominciai a dubitare del fatto che fossero solo allucinazioni.

Bring me to life.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora