8. La vera storia.

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Fermo, con un dolce in mano, davanti la casa di Zeke Jaeger, mi chiedevo se fosse stata la cosa giusta da fare...
Era giusto riportare alla luce gli errori del padre, per il mio egoismo? No.
Volevo davvero sapere per capire come liberare quella casa? Sì.
Suonai il campanello ancora con il pensiero che fosse una pessima idea, che di sicuro, però, non avrei rimpianto.

Aprii una giovane ragazza, sulla 20ina, e appena vide me, un estraneo, socchiuse la porta.
Prudente, ottimo.
"Desidera?"
"Salve, signorina. Il Signor Jaeger è in casa?"
"Perché cerca mio nonno? Chi è lei?"
"Il mio nome è Levi Ackerman, e se è possibile, vorrei scambiare due parole con lui... Avrei una cosa da mostrargli..."
"Ackerman...." sussurrò. "Vede...mio nonno non...non sta molto bene" mentì.

"Karina, chi è?" una voce da dentro la chiamò, anziana e curiosa.
"C'è un ragazzo che vorrebbe parlarti... Ma...-"
"Non essere sciocca e scortese, fallo pure entrare"
Sul serio?
"Sissignore..." mormorò.
Giusto. Secondo le fonti che avevo raccolto, Zeke Jaeger fu un soldato, un Comandante, addirittura.
La ragazza mi permise di entrare e le porsi il dolce.

"Per il disturbo. Mi scuso davvero, ma è importante"
"No, non disturba, non abbiamo molto da fare" prese il pacco, ringraziandomi. "Cosa le offro?"
"Un tè nero amaro, grazie"
"Mio nonno è in salone, si accomodi pure" e scomparve in cucina.

Appena misi piede nel salone, due occhi dorati, simili a quelli del mio incubo, scansionarono la mia figura, fino a soffermarsi sui miei occhi.
"Salve, Signor Jaeger" sussurrai.
"Da quanto tempo...non vedevo gli occhi di un Ackerman..." mi sorrise.
Mi ha riconosciuto...solo dagli occhi?
"Accomodati pure qui di fronte a me" mi fece cenno ad una poltroncina quasi attaccata alla sua.
"La ringrazio per l'ospitalità" mi sedetti, per poi guardarlo.
Somiglia a Grisha in una maniera raccapricciante.

"E' un piacere incontrarvi, Signore"
"Il piacere è tutto mio. Molto piacere..." mi guardò. "Sei un soldato?"
"Lo sono"
"Si vede, hai una compostezza che solo i soldati hanno" fece un colpo di tosse.
"Il mio nome è Levi Ackerman, Signore. Se non vado errato con i conti... Voi avreste dovuto conoscere mio nonno. Kenny Ackerman"
Mi guardò, sorpreso, e sorrise di nuovo.
"Sei il nipote di Kenny... Avrei voluto conoscerti da giovane..." sospirò. "Sì, lo conoscevo"

Guardai a terra, indeciso sul da farsi, e soprattutto come iniziare il discorso. Optai per il modo diretto.
"Ascoltate, non vi nascondo che non sono qui per parlare di me, Signore"
"Vai pure, ragazzo mio"
"Vi chiedo perdono in partenza se potrò sembrare inopportuno. Abito nel quartiere An der Reimlinger Mauer, civico 11"
Rimase a guardarmi per qualche secondo.
"Oh... La mia vecchia casa... Ho sentito dire che è stata venduta più volte, e che nessuno ci è rimasto a lungo..."
"Sono arrivato da poco meno di una settimana, per rilassarmi. Ma là dentro non è possibile..."
"Io...-Capisco" si ricompose.
"So che capite..." infilai la mano nel colletto della mia camicia e mi sfilai il cordoncino dal collo.

Nel momento in cui posai la chiave sul tavolo, di fronte ai suoi occhi, quel dorato tornò a splendere, come se fosse tornato indietro con gli anni.
Mi guardò e la prese fra le mani, esitante, e attento come se avesse in mano un pezzo di vetro: fragile e pericoloso allo stesso tempo.
"E'...complicato spiegarvi come l'ho ottenuta, Signore"
Incastrò il suo sguardo al mio, entrambi irremovibili, e annuì.
"Ho una mente...aperta..."
"Un'ombra stava trascinando il figlio di una mia amica al piano di sotto......e aveva questa al collo quando l'ho recuperato. Facendo ricerche, ho pensato, per molti motivi, che potesse essere quella che aveva vostro padre..."

"Non hai torto" esordì, lasciandomi di stucco. "E' autentica, la riconosco"
Non riuscii a dire altro. Mi aveva completamente spiazzato.
Come faceva ad essere lì quella chiave? Come si era conservata nel tempo?
"C'è...qualcuno in quella casa, Signore. Pensavo di star impazzendo, e invece è tutto vero. Vorrei sapere di più, per favore"
Arrivò sua nipote, in quel momento, e posò una fetta di dolce al nonno e il tè a me.
"Grazie" le feci un cenno, lei sorrise e se ne andò.
"E' un'anima tormentata" iniziai. "E' intrappolata da qualche parte, odia gli Ackerman, e beve la cioccolata che gli preparo, ogni giorno"

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