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CHIRONE CERCA DI TERRORIZZARE PERSEUS


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Annabeth aveva ragione: il divino Dioniso non era per niente felice. Non che la cosa mi stupisse in modo particolare, eh: odiava il Campo, odiava esserne il direttore, odiava dover badare ad un "branco di mocciosetti semidivini rompiscatole" (ero piuttosto sicura che, in privato, ci apostrofasse pure peggio) ma più di tutto detestava quando gli creavamo dei problemi con il padre che condividevamo.

Sì... tecnicamente parlando, il signor D era mio fratello -o meglio: fratellastro. Non che le parentele divine contassero qualcosa: bastava pensare a Zeus e Era. O ad Afrodite e Ares. O Afrodite ed Efesto (anche se a loro ci pensava solo quest'ultimo). O Afrodite e... be', il preferito del momento.

«Il vecchio Barba d'Alghe l'ha fatta proprio grossa, stavolta» disse il signor D con il suo solito brontolio insofferente «e pensare che era uno dei primi che ha puntato il dito contro Zeus per quella lì». Indicò me con un pigro cenno del triplo mento. «Cos'avete, due mesi di differenza?»

«Due giorni» borbottai in risposta, lo sguardo fisso sul cielo.

Le nuvole, quel giorno, erano le più nere che avessi mai visto. Zeus doveva essere davvero molto in collera, e io ci avevo messo sicuramente del mio dopo la nostra conversazione onirica. Ero stupita di non essere stata fulminata sul posto, dovevo ammetterlo. Forse nemmeno lui credeva fino in fondo alle accuse che mi aveva mosso... oppure pensava che ci ripensassi.

In ogni caso si sbagliava. Nemmeno la sua mano divina poteva convincermi che le sue teorie deliranti corrispondessero alla realtà dei fatti.

«Due giorni... bah». Il signor D fece una smorfia, sistemandosi l'orrenda camicia hawaiana. «Audace da far schifo, quasi»

«Le suggerisco di mantenere la calma, signor D» intervenne Chirone, giocando la sua mano di carte «a giudicare dal tempo atmosferico, Zeus e Poseidone sono già poco tolleranti»

«Come se me ne importasse qualcosa!» esclamò il signor D.

Un tuono terrificante scosse il porticato. Mi chiesi se era il caso di darsela a gambe prima che un fulmine incenerisse la Casa Grande con me, lui e Chirone dentro. Fu l'occhiata d'avvertimento di quest'ultimo che mi convinse a non farlo. Sembrava aver capito perfettamente le mie intenzioni, e di nuovo non mi sorpresi. Mi aveva praticamente cresciuta e istruita, e mi conosceva come la sua cespugliosa coda equina. Mi girai verso di loro con un sospiro, incrociando le braccia. Con la coda dell'occhio notai uno degli sgabelli dell'angolo muoversi di qualche centimetro, e capii immediatamente che Annabeth si era messa il suo berretto degli Yankee per origliare quanto il signor D doveva dirci. Probabilmente era convinta che c'entrasse qualcosa l'Impresa di cui andava borbottando in giro, tra sé e sé, da giorni.

[1] 𝙎𝙩𝙤𝙡𝙚𝙣 » Percy JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora